Benedetto XVI al Consiglio d’Europa: vita, matrimonio, libertà educativa e religiosa le condizioni per rispondere alle sfide decisive della storia
di Benedetto XVI
È nella «dignità naturale di ogni persona » la radice dei diritti umani. L’ha ribadito Benedetto XVI ricevendo ieri, al termine dell’udienza generale, il bureau dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Pubblichiamo il testo del saluto del Papa, nella traduzione diffusa da L’Osservatore Romano
Signor presidente, cari membri del bureau dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa: sono molto grato all’onorevole signor Çavusoglu per le gentili parole che mi ha rivolto a nome del Bureau e porgo a tutti voi un cordiale benvenuto. Sono lieto di ricevervi nel 60° anniversario della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che, come è noto, impegna gli Stati membri del Consiglio d’Europa a promuovere e a difendere la dignità inviolabile della persona umana.
So che l’Assemblea parlamentare ha nella sua agenda importanti temi che riguardano soprattutto le persone che vivono in situazioni particolarmente difficili o che sono sottoposte a gravi violazioni della loro dignità.
Penso alle persone affette da handicap, a bambini che subiscono violenza, agli immigranti, ai profughi, a coloro che pagano il prezzo più alto per l’attuale crisi economica e finanziaria, a quanti sono vittime dell’estremismo o delle nuove forme di schiavitù come il traffico di vite umane, il commercio illegale di stupefacenti e la prostituzione. Il vostro lavoro riguarda anche le vittime delle guerre e le persone che vivono in democrazie fragili. Sono a conoscenza anche dei vostri sforzi per difendere la libertà religiosa e contrastare la violenza e l’intolleranza nei confronti dei credenti in Europa e nel mondo.
Tenendo presente il contesto della società attuale, nella quale si incontrano popoli e culture differenti, è imperativo sviluppare sia la validità universale di questi diritti, sia la loro inviolabilità, inalienabilità e indivisibilità.
In diverse occasioni ho evidenziato i rischi associati al relativismo nel campo dei valori, dei diritti e dei doveri. Se questi fossero privi di un fondamento razionale oggettivo, comune a tutti i popoli, e si basassero esclusivamente su culture, decisioni legislative o sentenze di tribunali particolari, come potrebbero offrire un terreno solido e duraturo per le istituzioni sovranazionali come il Consiglio d’Europa e per il vostro compito all’interno di tale prestigiosa istituzione? Come potrebbe esserci un dialogo fecondo tra le culture senza valori comuni, diritti e princìpi stabili, universali, intesi allo stesso modo da tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa? Questi valori, diritti e doveri sono radicati nella dignità naturale di ogni persona, qualcosa che è accessibile alla ragione umana. La fede cristiana non ostacola, bensì favorisce questa ricerca, ed è un invito a cercare una base soprannaturale per questa dignità.
Sono convinto che questi princìpi, osservati fedelmente, soprattutto quando si parla della vita umana, dal concepimento alla morte naturale, del matrimonio – radicato nel dono esclusivo e indissolubile di sé tra un uomo e una donna – e della libertà di religione e di educazione, siano condizioni necessarie se dobbiamo rispondere in modo adeguato alle sfide decisive e urgenti che la storia pone ad ognuno di voi. Cari amici, so anche che desiderate andare incontro a quanti soffrono. Ciò mi rallegra e vi incoraggio a svolgere la vostra delicata e importante missione con moderazione, saggezza e coraggio, al servizio del bene comune dell’Europa. Vi ringrazio di essere venuti e vi assicuro delle mie preghiere. Dio vi benedica!
So che l’Assemblea parlamentare ha nella sua agenda importanti temi che riguardano soprattutto le persone che vivono in situazioni particolarmente difficili o che sono sottoposte a gravi violazioni della loro dignità.
Penso alle persone affette da handicap, a bambini che subiscono violenza, agli immigranti, ai profughi, a coloro che pagano il prezzo più alto per l’attuale crisi economica e finanziaria, a quanti sono vittime dell’estremismo o delle nuove forme di schiavitù come il traffico di vite umane, il commercio illegale di stupefacenti e la prostituzione. Il vostro lavoro riguarda anche le vittime delle guerre e le persone che vivono in democrazie fragili. Sono a conoscenza anche dei vostri sforzi per difendere la libertà religiosa e contrastare la violenza e l’intolleranza nei confronti dei credenti in Europa e nel mondo.
Tenendo presente il contesto della società attuale, nella quale si incontrano popoli e culture differenti, è imperativo sviluppare sia la validità universale di questi diritti, sia la loro inviolabilità, inalienabilità e indivisibilità.
In diverse occasioni ho evidenziato i rischi associati al relativismo nel campo dei valori, dei diritti e dei doveri. Se questi fossero privi di un fondamento razionale oggettivo, comune a tutti i popoli, e si basassero esclusivamente su culture, decisioni legislative o sentenze di tribunali particolari, come potrebbero offrire un terreno solido e duraturo per le istituzioni sovranazionali come il Consiglio d’Europa e per il vostro compito all’interno di tale prestigiosa istituzione? Come potrebbe esserci un dialogo fecondo tra le culture senza valori comuni, diritti e princìpi stabili, universali, intesi allo stesso modo da tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa? Questi valori, diritti e doveri sono radicati nella dignità naturale di ogni persona, qualcosa che è accessibile alla ragione umana. La fede cristiana non ostacola, bensì favorisce questa ricerca, ed è un invito a cercare una base soprannaturale per questa dignità.
Sono convinto che questi princìpi, osservati fedelmente, soprattutto quando si parla della vita umana, dal concepimento alla morte naturale, del matrimonio – radicato nel dono esclusivo e indissolubile di sé tra un uomo e una donna – e della libertà di religione e di educazione, siano condizioni necessarie se dobbiamo rispondere in modo adeguato alle sfide decisive e urgenti che la storia pone ad ognuno di voi. Cari amici, so anche che desiderate andare incontro a quanti soffrono. Ciò mi rallegra e vi incoraggio a svolgere la vostra delicata e importante missione con moderazione, saggezza e coraggio, al servizio del bene comune dell’Europa. Vi ringrazio di essere venuti e vi assicuro delle mie preghiere. Dio vi benedica!
«Avvenire» del 9 settembre 2010
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