di Gianfranco Fabi
Il paese che con maggior coraggio ha deciso di dare una svolta radicale alle politiche economiche pubbliche è certamente la Gran Bretagna. Il progetto di David Cameron, enfaticamente battezzato "Big society", costituisce infatti la presa d'atto della necessità di tagliare drasticamente i disavanzi pubblici, restituendo alla società civile molte competenze che per mille diverse ragioni lo stato si era andato gradualmente assumendo.
Ma, come ha accortamente osservato Davide Rondoni (Il Sole 24 Ore del 9 settembre) «la big society all'italiana c'è già da un pezzo.
E non a caso abita le zone più sviluppate del paese». Ci sono nella realtà italiana mille esempi di sussidiarietà vissuta, praticata, sperimentata, esempi che hanno dato vita a una forte capacità di aggregazione solidale nel credito come nella scuola, nell'assistenza come nella sanità.
E c'è anche, quasi a far da sottofondo alla dimensione politica e sociale, una tradizione nel pensiero filosofico ed economico italiano che si è dimostrata particolarmente forte e creativa nell'Umanesimo e nel Rinascimento e che è stata poi ripresa anche a livello teorico da un Illuminismo napoletano e milanese a lungo lasciato, a torto, ai margini nell'evoluzione culturale.
Così come personalità per molti aspetti profetiche, come il sacerdote Antonio Rosmini, hanno avuto vita difficile sia sul fronte ecclesiale (prima messo all'Indice e solo tre anni fa, a un secolo e mezzo dalla morte, dichiarato beato) sia sul fronte filosofico e sociale per le sue prese di posizione sull'unità d'Italia e sulla centralità della persona nell'economia di fronte allo stato.
Non è allora senza significato che quella che possiamo considerare un'esplicita riscoperta delle opere di Rosmini porti positivamente a considerare il sacerdote roveretano come un precursore nell'analisi dei fondamenti morali del liberalismo politico.
Come mette in luce Salvatore Muscolino, docente di filosofia politica a Palermo, nel libro Persona e mercato, vi sono molti tratti comuni, quasi un percorso analogo nelle analisi di Rosmini e di colui che viene giustamente considerato uno dei maggiori interpreti del moderno liberalismo, Friedrich von Hayek. Per entrambi i capisaldi sono «il libero mercato in economia, il liberalismo in politica, la ragione in campo morale». E per entrambi è fondamentale «la difesa dei diritti delle persone dalle ingerenze dello stato centralizzato». Al primato positivo della moralità dell'individuo nel suo agire sociale, affermato da Rosmini, viene affiancata da Hayek anche la sostanziale efficienza di una società basata su di un diritto capace di amplificare la libertà di ciascuno tenendo lontani i rischi, pur sempre presenti, del dispotismo e dello statalismo.
C'è quindi una profonda complementarietà tra i due percorsi: con l'arrivo a un punto comune dove «il liberalismo è tale solo quando è personalistico, cioè quando le persone concrete sono il vero fine della convivenza organizzata».
Ma, come ha accortamente osservato Davide Rondoni (Il Sole 24 Ore del 9 settembre) «la big society all'italiana c'è già da un pezzo.
E non a caso abita le zone più sviluppate del paese». Ci sono nella realtà italiana mille esempi di sussidiarietà vissuta, praticata, sperimentata, esempi che hanno dato vita a una forte capacità di aggregazione solidale nel credito come nella scuola, nell'assistenza come nella sanità.
E c'è anche, quasi a far da sottofondo alla dimensione politica e sociale, una tradizione nel pensiero filosofico ed economico italiano che si è dimostrata particolarmente forte e creativa nell'Umanesimo e nel Rinascimento e che è stata poi ripresa anche a livello teorico da un Illuminismo napoletano e milanese a lungo lasciato, a torto, ai margini nell'evoluzione culturale.
Così come personalità per molti aspetti profetiche, come il sacerdote Antonio Rosmini, hanno avuto vita difficile sia sul fronte ecclesiale (prima messo all'Indice e solo tre anni fa, a un secolo e mezzo dalla morte, dichiarato beato) sia sul fronte filosofico e sociale per le sue prese di posizione sull'unità d'Italia e sulla centralità della persona nell'economia di fronte allo stato.
Non è allora senza significato che quella che possiamo considerare un'esplicita riscoperta delle opere di Rosmini porti positivamente a considerare il sacerdote roveretano come un precursore nell'analisi dei fondamenti morali del liberalismo politico.
Come mette in luce Salvatore Muscolino, docente di filosofia politica a Palermo, nel libro Persona e mercato, vi sono molti tratti comuni, quasi un percorso analogo nelle analisi di Rosmini e di colui che viene giustamente considerato uno dei maggiori interpreti del moderno liberalismo, Friedrich von Hayek. Per entrambi i capisaldi sono «il libero mercato in economia, il liberalismo in politica, la ragione in campo morale». E per entrambi è fondamentale «la difesa dei diritti delle persone dalle ingerenze dello stato centralizzato». Al primato positivo della moralità dell'individuo nel suo agire sociale, affermato da Rosmini, viene affiancata da Hayek anche la sostanziale efficienza di una società basata su di un diritto capace di amplificare la libertà di ciascuno tenendo lontani i rischi, pur sempre presenti, del dispotismo e dello statalismo.
C'è quindi una profonda complementarietà tra i due percorsi: con l'arrivo a un punto comune dove «il liberalismo è tale solo quando è personalistico, cioè quando le persone concrete sono il vero fine della convivenza organizzata».
«Il Sole 24 Ore» del 16 settembre 2010
Nessun commento:
Posta un commento