di Anna Li Vigni
Riuscire a interpretare correttamente l'opera d'arte non è un problema solo dei fruitori della conceptual art. Tante opere del Rinascimento sfidano da sempre le capacità ermeneutiche dei fruitori, chiudendo il loro significato in aristocratiche allegorie mitologiche. «Una riuscita esegesi del contenuto va a beneficio non solo della comprensione storica del l'opera, ma anche della sua esperienza estetica». Così scrive Erwin Panofsky ad Amburgo, nel 1929, a pochi anni dal l'espatrio negli Usa per via delle leggi razziali, nell'appassionata prefazione al suo Ercole al bivio, ponderoso volume dedicato al rapporto tra immagine e testo nel rinascimento europeo, ultima opera dell'autore di Idea e di La prospettiva come forma simbolica, finalmente tradotta in italiano e commentata da Monica Ferrando.
Il padre dell'iconologia, parlando di "esperienza estetica", pone le basi del discorso estetico contemporaneo. È preso a esempio l'emblematico caso della fabula di Ercole che, come racconta Prodico citato da Senofonte, trovandosi di fronte a due donne che lo invitavano a scegliere tra una vita virtuosa irta di difficoltà e un'altra più facile dedita al piacere, optò eroicamente per quella aspra e virtuosa. L'episodio mitico ha ispirato tele di autori tedeschi e italiani, tra cui Raffaello e Tiziano, perché in esso è contenuta una questione filosofica fondamentale per la pittura quanto per la filosofia. Quella della scelta morale. Nel corso della storia, la forma artistica è stata essenzialmente veicolo di contenuti: religiosi, storici, mitologici. I pittori del rinascimento alla mitologia greco-romana, interpretata allegoricamente, affidavano lo stesso ruolo filosofico a essa affidato dalla letteratura. L'exemplum di Ercole, esposto sulla tela, serviva da memorandum e da esercizio filosofico sulla difficoltà della scelta morale nella vita dell'uomo, soprattutto se, come accade nelle incisioni di Dürer, a essere rappresentato è un drammatico «conflitto di forze viventi, una vera e propria psicomachia». L'arte di oggi è stata per lo più sganciata dal ruolo di veicolo di contenuti. Si auspica che, com'è per l'arte "testimoniale", senza moralismi, essa non si sganci mai dal discorso morale.
Ercole al bivio e altri materiali iconografici tornati in vita nell'età moderna
Erwin Panofsky, trad. e cura di Monica Ferrando, Quodlibet, Maceratam pp. 370, € 38,00
Il padre dell'iconologia, parlando di "esperienza estetica", pone le basi del discorso estetico contemporaneo. È preso a esempio l'emblematico caso della fabula di Ercole che, come racconta Prodico citato da Senofonte, trovandosi di fronte a due donne che lo invitavano a scegliere tra una vita virtuosa irta di difficoltà e un'altra più facile dedita al piacere, optò eroicamente per quella aspra e virtuosa. L'episodio mitico ha ispirato tele di autori tedeschi e italiani, tra cui Raffaello e Tiziano, perché in esso è contenuta una questione filosofica fondamentale per la pittura quanto per la filosofia. Quella della scelta morale. Nel corso della storia, la forma artistica è stata essenzialmente veicolo di contenuti: religiosi, storici, mitologici. I pittori del rinascimento alla mitologia greco-romana, interpretata allegoricamente, affidavano lo stesso ruolo filosofico a essa affidato dalla letteratura. L'exemplum di Ercole, esposto sulla tela, serviva da memorandum e da esercizio filosofico sulla difficoltà della scelta morale nella vita dell'uomo, soprattutto se, come accade nelle incisioni di Dürer, a essere rappresentato è un drammatico «conflitto di forze viventi, una vera e propria psicomachia». L'arte di oggi è stata per lo più sganciata dal ruolo di veicolo di contenuti. Si auspica che, com'è per l'arte "testimoniale", senza moralismi, essa non si sganci mai dal discorso morale.
Ercole al bivio e altri materiali iconografici tornati in vita nell'età moderna
Erwin Panofsky, trad. e cura di Monica Ferrando, Quodlibet, Maceratam pp. 370, € 38,00
«Il Sole 24 Ore» del 30 gennaio 2011
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