Il mancato riferimento ai cristiani nel documento della UE
di Mario Mauro *
Dietro al rinvio, per nulla scontato, dell’accordo sulla dichiarazione conclusiva a tutela delle libertà religiose in seno al Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Unione europea c’è un chiaro scontro causato da chi, come la Gran Bretagna e alcuni Paesi scandinavi, ritiene che menzionare appositamente le comunità cristiane nel testo sia rischioso perché potrebbe comportare un irrigidimento da parte delle componenti islamiche nei Paesi musulmani. Credo si tratti dell’ennesimo tradimento compiuto dalla maggioranza dei governi europei nei confronti di quegli ideali che hanno permesso la nascita e il fiorire di quel progetto che chiamiamo Europa unita.
È doveroso precisare come, all’interno del Consiglio europeo, non vi sia un pensiero unico e totalizzante: il rinvio del testo, risultato a questo punto molto positivo, è merito di quei governi, (guidati da quello italiano), che si sono opposti con fermezza a una soluzione che sarebbe stata inutile, anzi, avrebbe bloccato sul nascere le importantissime novità che erano arrivate dal Parlamento europeo. «Ho ritenuto, proprio perché il testo proposto non menziona le comunità cristiane come vittime di gravi atti di violenza, che la credibilità europea sarebbe stata seriamente minata dalla sua eventuale approvazione». Questo è quanto dichiarato ieri dal ministro Frattini. Nella risoluzione comune approvata con una vastissima maggioranza il Parlamento europeo aveva infatti dichiarato con forza che le minoranze cristiane nel mondo sono perseguitate e aveva chiesto soprattutto che l’Ue si muovesse concretamente per proteggerle. Il testo di questa risoluzione è una novità per l’Unione europea non solo perché riprende in modo chiaro tutte le problematiche legate alle sofferenze che i cristiani subiscono oggi nel mondo ma anche perché questo stesso testo è stato votato da una vasta maggioranza del Parlamento. Per la prima volta viene chiesto che l’Ue vincoli i propri accordi di cooperazione con i Paesi terzi al rispetto da parte di questi Paesi della libertà di religione garantendo le comunità religiose come i cristiani, che sono menzionati in modo esplicito.
Soldi e accordi in cambio di diritti. Nel documento «si chiede inoltre all’esecutivo Ue, alla luce dei recenti eventi e della necessità crescente di analizzare e comprendere l’evoluzione delle tematiche culturali e religiose nelle relazioni internazionali e nelle società contemporanee, di predisporre una capacità permanente di ricerca strategica, elaborazione di politiche e formazione in materia di religioni e di convinzioni in seno al Servizio europeo per l’azione esterna». Per questo si caldeggia l’inserimento di «un capitolo sulla libertà religiosa nella relazione annuale sui diritti dell’uomo». Il modello suggerito è quello della «Commissione Usa per la libertà religiosa internazionale, che controlla la protezione della libertà religiosa nel mondo fornendo consigli e proposte strategiche al presidente e al segretario di Stato americani». Questa, anche in Europa, è la direzione da prendere con decisione.
È doveroso precisare come, all’interno del Consiglio europeo, non vi sia un pensiero unico e totalizzante: il rinvio del testo, risultato a questo punto molto positivo, è merito di quei governi, (guidati da quello italiano), che si sono opposti con fermezza a una soluzione che sarebbe stata inutile, anzi, avrebbe bloccato sul nascere le importantissime novità che erano arrivate dal Parlamento europeo. «Ho ritenuto, proprio perché il testo proposto non menziona le comunità cristiane come vittime di gravi atti di violenza, che la credibilità europea sarebbe stata seriamente minata dalla sua eventuale approvazione». Questo è quanto dichiarato ieri dal ministro Frattini. Nella risoluzione comune approvata con una vastissima maggioranza il Parlamento europeo aveva infatti dichiarato con forza che le minoranze cristiane nel mondo sono perseguitate e aveva chiesto soprattutto che l’Ue si muovesse concretamente per proteggerle. Il testo di questa risoluzione è una novità per l’Unione europea non solo perché riprende in modo chiaro tutte le problematiche legate alle sofferenze che i cristiani subiscono oggi nel mondo ma anche perché questo stesso testo è stato votato da una vasta maggioranza del Parlamento. Per la prima volta viene chiesto che l’Ue vincoli i propri accordi di cooperazione con i Paesi terzi al rispetto da parte di questi Paesi della libertà di religione garantendo le comunità religiose come i cristiani, che sono menzionati in modo esplicito.
Soldi e accordi in cambio di diritti. Nel documento «si chiede inoltre all’esecutivo Ue, alla luce dei recenti eventi e della necessità crescente di analizzare e comprendere l’evoluzione delle tematiche culturali e religiose nelle relazioni internazionali e nelle società contemporanee, di predisporre una capacità permanente di ricerca strategica, elaborazione di politiche e formazione in materia di religioni e di convinzioni in seno al Servizio europeo per l’azione esterna». Per questo si caldeggia l’inserimento di «un capitolo sulla libertà religiosa nella relazione annuale sui diritti dell’uomo». Il modello suggerito è quello della «Commissione Usa per la libertà religiosa internazionale, che controlla la protezione della libertà religiosa nel mondo fornendo consigli e proposte strategiche al presidente e al segretario di Stato americani». Questa, anche in Europa, è la direzione da prendere con decisione.
* presidente dei deputati Pdl al Parlamento europeo
«Avvenire» del 4 febbraio 2011
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