di Bàrberi Squarotti
(tratto da Letteratura, Atlas, vol. 5B-6B, pp. 52-53)
L'obiettivo comune della regressione. Pur presentandosi formalmente distinte, Myricae e Canti di Castelvecchio risultano quindi intimamente legate in forza degli elementi contenutistici e tematici e anche, come si vedrà, di quelli stilistico-metrici. Le ragioni di questa unità a due facce non sono esplicitamente chiarite dal poeta. Le liriche della prima, come si è detto, si caratterizzano per la maggiore tendenza al frammento, allo scorcio impressionistico, all'originalità espressiva; quelle della seconda sembrano in genere più articolate e meditate, più propense a dichiarare - talora perfino a tradurre - il proprio significato simbolico. Fermo restando il comune obiettivo della "regressione al nido", come costante di fondo, la prima raccolta sembra perseguirlo su un piano più privato e personale, la seconda su un piano che implica, almeno in parte, una più ampia prospettiva culturale ideologica, che sarà sviluppata nelle altre raccolte, soprattutto nei Poemetti e nei Poemi conviviali.
Il tema naturalistico-impressionistico. Le due raccolte giungono al traguardo della regressione attraverso un percorso tematico che si articola in tre tappe principali. La prima – propria soprattutto di Myricae, nel suo nucleo più antico – è quella del tema naturalistico-impressionistico, nel segno del fanciullino e del suo modo di vedere e di vivere il mondo. Frammenti d'ambiente, scorci agresti, quadri di quotidiana vita dei campi, attenzione alle piccole cose, registrazione delle forme e delle voci della natura si combinano a formare dei bozzetti realistici che, tuttavia, sono tali solo in apparenza. Le immagini che paiono oggettive sono infatti correlativi simbolici di un panorama interiore e soggettivo. I dettagli descrittivi non hanno alcun rilievo naturalistico: non descrivono tempi e luoghi reali esterni, ma evocano atmosfere totalmente interiori. La natura rappresentata da Myricae e dai Canti di Castelvecchio è dunque, in effetti, il paesaggio dell'anima del fanciullino. È lui che conduce il gioco e ne detta le regole, che sa leggere nel cuore delle cose, parlare con gli oggetti della natura, interpretarne il linguaggio, regredire allo stadio primitivo, conoscere attraverso l'intuizione. La sua visione del mondo è la poetica stessa delle due raccolte; la sua voce è la voce stessa delle liriche che le compongono.
Definizione del nido e del progetto di regressione. La seconda tappa è la definizione del nido e del progetto di regressione ad esso. Il tema naturalistico si fa a poco a poco più complesso, in Myricae e ancor più nei Canti; il mondo contadino rivela sempre più la sua funzione di simbolo di uno spazio ideale, di ultima linea di difesa contro la violenza del mondo. Così emergono via via altri temi: il mistero e il dolore che caratterizzano la presenza dell'uomo nell'universo, il senso di esclusione e di vertigine, il presentimento di una catastrofe imminente, il rifiuto della vita attiva e la negazione dell'amore. Tutte queste tematiche finiscono per disporsi circolarmente intorno all'asse centrale del nido e del bisogno di regressione. Non c'è alcuna possibile felicità oltre l'infanzia, al di fuori del nido, distrutto da una violenza ingiustificata e oscura. Contro il male che regna "fuori", contro la tragedia del presente, non c'è che il ritorno al riparo del passato, al nido, con tutti i suoi surrogati: la nebbia, la siepe, l'orto, la culla, il cimitero e tutto ciò che richiama idea di cerchio e di perimetro chiuso.
Il tema dei morti: la tappa conclusiva del percorso. Regredire al nido significa invertire il corso dell'esistenza e della storia: è morte la vita autodistruttiva dei vivi; è vita, invece, quella dei morti che custodiscono i valori dell'esistenza. Nido e regressione, dunque, implicano necessariamente il tema dei morti, tappa conclusiva e decisiva del percorso pascoliano. In verità tutto è posto sotto il loro segno fin dall'inizio: Myricae si apre, come abbiamo detto, con la poesia proemio intitolata Il giorno dei morti, che offre le coordinate profonde dell'intera raccolta e, in prospettiva, di tutta la produzione pascoliana. A queste coordinate sono da raccordare tutti quei componimenti dei Canti di Castelvecchio che, ispirati ai dolorosi ricordi familiari, sottolineano con insistenza il tema della morte e del dolore.
I morti sono l'aldilà di Pascoli: un aldilà che non è fatto di trascendenza religiosa, ma che convive e comunica con l'aldiqua. Così si legge ne Il giorno dei morti: – No, babbo, vive, vivono – Chi parla?/Voce velata dalla sepoltura, / voce nuova, eppur nota ad ascoltarla, / ... Parlano i morti. Non è spento il cuore / né chiusi gli occhi a chi morì cercando, /a chi non pianse tutto il suo dolore.
Stessi accenti e motivi si trovano in altri componimenti, quali La voce e La tovaglia, dove a tratti la fisionomia del rapporto con i morti si fa addirittura abnorme, con elementi di ossessività e morbosità: è la presenza invasiva, ingombrante e tenebrosa dei morti e della morte sulla vita, una condizione di assoggettamento, da parte dei vivi, all'autorità colpevolizzante dei morti che, anche muti, stanno in una fissità intollerabile ad accusare i vivi.
L'asse morte-vita e il simbolismo pascoliano. L'asse morte-vita, la comunicazione continua fra il mondo dei trapassati e il mondo dei viventi sono le premesse del simbolismo di Myricae e dei Canti. In tal senso risulta importante, se non determinante, l'influsso di Dante. Come ha dimostrato Maurizio Perugi, il simbolismo pascoliano usa gli stessi strumenti di cifratura utilizzati da Dante, risolvendosi in un sistema allegorico che ricalca quello dantesco. Inoltre la poesia pascoliana nel suo insieme - a cominciare da Myricae e dai Canti - sembra perseguire finalità analoghe a quella dantesca: rimediare alla decadenza in atto con un viaggio alla salvezza per mezzo della poesia, cioè per mezzo di un recupero dei valori originari consentito solo al fanciullino, alla sua capacita di discesa agli "inferi" dell'io, della cultura, della civiltà. Questo è l'aspetto più complesso della regressione, prefigurato e abbozzato da Myricae e dai Canti e proseguito dalle raccolte successive.
Il tema naturalistico-impressionistico. Le due raccolte giungono al traguardo della regressione attraverso un percorso tematico che si articola in tre tappe principali. La prima – propria soprattutto di Myricae, nel suo nucleo più antico – è quella del tema naturalistico-impressionistico, nel segno del fanciullino e del suo modo di vedere e di vivere il mondo. Frammenti d'ambiente, scorci agresti, quadri di quotidiana vita dei campi, attenzione alle piccole cose, registrazione delle forme e delle voci della natura si combinano a formare dei bozzetti realistici che, tuttavia, sono tali solo in apparenza. Le immagini che paiono oggettive sono infatti correlativi simbolici di un panorama interiore e soggettivo. I dettagli descrittivi non hanno alcun rilievo naturalistico: non descrivono tempi e luoghi reali esterni, ma evocano atmosfere totalmente interiori. La natura rappresentata da Myricae e dai Canti di Castelvecchio è dunque, in effetti, il paesaggio dell'anima del fanciullino. È lui che conduce il gioco e ne detta le regole, che sa leggere nel cuore delle cose, parlare con gli oggetti della natura, interpretarne il linguaggio, regredire allo stadio primitivo, conoscere attraverso l'intuizione. La sua visione del mondo è la poetica stessa delle due raccolte; la sua voce è la voce stessa delle liriche che le compongono.
Definizione del nido e del progetto di regressione. La seconda tappa è la definizione del nido e del progetto di regressione ad esso. Il tema naturalistico si fa a poco a poco più complesso, in Myricae e ancor più nei Canti; il mondo contadino rivela sempre più la sua funzione di simbolo di uno spazio ideale, di ultima linea di difesa contro la violenza del mondo. Così emergono via via altri temi: il mistero e il dolore che caratterizzano la presenza dell'uomo nell'universo, il senso di esclusione e di vertigine, il presentimento di una catastrofe imminente, il rifiuto della vita attiva e la negazione dell'amore. Tutte queste tematiche finiscono per disporsi circolarmente intorno all'asse centrale del nido e del bisogno di regressione. Non c'è alcuna possibile felicità oltre l'infanzia, al di fuori del nido, distrutto da una violenza ingiustificata e oscura. Contro il male che regna "fuori", contro la tragedia del presente, non c'è che il ritorno al riparo del passato, al nido, con tutti i suoi surrogati: la nebbia, la siepe, l'orto, la culla, il cimitero e tutto ciò che richiama idea di cerchio e di perimetro chiuso.
Il tema dei morti: la tappa conclusiva del percorso. Regredire al nido significa invertire il corso dell'esistenza e della storia: è morte la vita autodistruttiva dei vivi; è vita, invece, quella dei morti che custodiscono i valori dell'esistenza. Nido e regressione, dunque, implicano necessariamente il tema dei morti, tappa conclusiva e decisiva del percorso pascoliano. In verità tutto è posto sotto il loro segno fin dall'inizio: Myricae si apre, come abbiamo detto, con la poesia proemio intitolata Il giorno dei morti, che offre le coordinate profonde dell'intera raccolta e, in prospettiva, di tutta la produzione pascoliana. A queste coordinate sono da raccordare tutti quei componimenti dei Canti di Castelvecchio che, ispirati ai dolorosi ricordi familiari, sottolineano con insistenza il tema della morte e del dolore.
I morti sono l'aldilà di Pascoli: un aldilà che non è fatto di trascendenza religiosa, ma che convive e comunica con l'aldiqua. Così si legge ne Il giorno dei morti: – No, babbo, vive, vivono – Chi parla?/Voce velata dalla sepoltura, / voce nuova, eppur nota ad ascoltarla, / ... Parlano i morti. Non è spento il cuore / né chiusi gli occhi a chi morì cercando, /a chi non pianse tutto il suo dolore.
Stessi accenti e motivi si trovano in altri componimenti, quali La voce e La tovaglia, dove a tratti la fisionomia del rapporto con i morti si fa addirittura abnorme, con elementi di ossessività e morbosità: è la presenza invasiva, ingombrante e tenebrosa dei morti e della morte sulla vita, una condizione di assoggettamento, da parte dei vivi, all'autorità colpevolizzante dei morti che, anche muti, stanno in una fissità intollerabile ad accusare i vivi.
L'asse morte-vita e il simbolismo pascoliano. L'asse morte-vita, la comunicazione continua fra il mondo dei trapassati e il mondo dei viventi sono le premesse del simbolismo di Myricae e dei Canti. In tal senso risulta importante, se non determinante, l'influsso di Dante. Come ha dimostrato Maurizio Perugi, il simbolismo pascoliano usa gli stessi strumenti di cifratura utilizzati da Dante, risolvendosi in un sistema allegorico che ricalca quello dantesco. Inoltre la poesia pascoliana nel suo insieme - a cominciare da Myricae e dai Canti - sembra perseguire finalità analoghe a quella dantesca: rimediare alla decadenza in atto con un viaggio alla salvezza per mezzo della poesia, cioè per mezzo di un recupero dei valori originari consentito solo al fanciullino, alla sua capacita di discesa agli "inferi" dell'io, della cultura, della civiltà. Questo è l'aspetto più complesso della regressione, prefigurato e abbozzato da Myricae e dai Canti e proseguito dalle raccolte successive.
Postato il 17 febbraio 2011
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