di Umberto Bottazzini
«L'atteggiamento scientifico e quello poetico coincidono», scriveva Italo Calvino in Una pietra sopra. «Entrambi sono atteggiamenti insieme di ricerca e di progettazione, di scoperta e di invenzione». È un'osservazione che Calvino riprende e approfondisce nelle Lezioni americane. Seguendo il suo discorso, Gabriele Lolli afferma che, nel caso della matematica, anche «le modalità del processo creativo e le qualità del prodotto finale» coincidono. L'obiettivo di questo libro è subito dichiarato: «Parlare della matematica usando le stesse parole che Calvino ha rivolto alla letteratura». Cosa quanto mai naturale con uno scrittore come Calvino, che dagli anni Sessanta aveva fatto parte dell'Oulipo, il gruppo di letterati matematici cui aveva dato vita Raymond Queneau a Parigi. Va da sé che i "prodotti" della letteratura e quelli della matematica sono diversi, che romanzi, racconti e poesie non coincidono con i teoremi e le dimostrazioni della matematica. Ma questa diversità, dice Lolli, «non impedisce che su di essi si possa tenere lo stesso discorso».
Ecco perché la rilettura di Lolli delle Lezioni americane si traduce in un Discorso sulla matematica. Perché in fondo, dice Lolli, le Lezioni di Calvino «sono un racconto filosofico sulla matematica. Un racconto che, grazie alla raffinatezza di Calvino, trasmette alla matematica tutta la bellezza e il fascino della letteratura». E si potrebbe dire viceversa. Questo Discorso di Lolli mostra come la bellezza e il fascino della matematica possano illuminare di nuova luce le pagine di quelle Lezioni, che Calvino aveva intitolato a «Leggerezza», «Rapidità», «Esattezza», «Visibilità» e «Molteplicità».
Prendiamo per esempio la «Leggerezza». Dice Calvino: «Tanto in Lucrezio quanto in Ovidio la leggerezza è il modo di vedere il mondo che si fonda sulla filosofia e sulla scienza: le dottrine di Epicuro per Lucrezio, le dottrine di Pitagora per Ovidio». In entrambi i casi, commenta Lolli, «la leggerezza è qualcosa che si crea nella scrittura», nei versi del poeta per Lucrezio e Ovidio, nel linguaggio della matematica per lo scienziato. «Gli occhi con cui guardiamo il mondo, e i mezzi linguistici con cui lo descriviamo sono, da Pitagora in avanti, occhi e formule matematiche; è la matematica che toglie peso». Ecco perché Calvino cerca nella scienza alimento alle sue «visioni in cui ogni pesantezza viene dissolta», che giustificano la sua affermazione che per lui la scrittura «è stata il più delle volte una sottrazione di peso». E anche nello sviluppo stesso della matematica, mostra Lolli con opportuni esempi, si ritrova un'analoga, progressiva ricerca della leggerezza: gli strumenti matematici «più leggeri» sono quelli più «deboli» che tuttavia danno risultati «ottimali». In questo libro Lolli non si preoccupa di "duplicare" sempre i riferimenti e le allusioni che Calvino fa alla letteratura o alla poesia con quelli alla matematica, e a volte addirittura nelle citazioni lascia il termine "letteratura" anche quando si riferisce alla matematica, ottenendo così uno straordinario intreccio di temi e di contesti che moltiplicano la ricchezza del testo e il fascino della lettura.
«I lettori non si scelgono», dice a ragione Lolli. Certo, ma sbaglia chi, lasciandosi trarre in inganno dal titolo, pensa che questo libro si rivolga a matematici e uomini di cultura scientifica. Al contrario. Una lettura in parallelo delle Lezioni di Calvino e di questo Discorso disvela tante insospettate analogie e recondite suggestioni nascoste nelle Lezioni americane, che anche i lettori di formazione letteraria potranno meglio apprezzare le stesse pagine di Calvino.
Prendiamo per esempio la «Leggerezza». Dice Calvino: «Tanto in Lucrezio quanto in Ovidio la leggerezza è il modo di vedere il mondo che si fonda sulla filosofia e sulla scienza: le dottrine di Epicuro per Lucrezio, le dottrine di Pitagora per Ovidio». In entrambi i casi, commenta Lolli, «la leggerezza è qualcosa che si crea nella scrittura», nei versi del poeta per Lucrezio e Ovidio, nel linguaggio della matematica per lo scienziato. «Gli occhi con cui guardiamo il mondo, e i mezzi linguistici con cui lo descriviamo sono, da Pitagora in avanti, occhi e formule matematiche; è la matematica che toglie peso». Ecco perché Calvino cerca nella scienza alimento alle sue «visioni in cui ogni pesantezza viene dissolta», che giustificano la sua affermazione che per lui la scrittura «è stata il più delle volte una sottrazione di peso». E anche nello sviluppo stesso della matematica, mostra Lolli con opportuni esempi, si ritrova un'analoga, progressiva ricerca della leggerezza: gli strumenti matematici «più leggeri» sono quelli più «deboli» che tuttavia danno risultati «ottimali». In questo libro Lolli non si preoccupa di "duplicare" sempre i riferimenti e le allusioni che Calvino fa alla letteratura o alla poesia con quelli alla matematica, e a volte addirittura nelle citazioni lascia il termine "letteratura" anche quando si riferisce alla matematica, ottenendo così uno straordinario intreccio di temi e di contesti che moltiplicano la ricchezza del testo e il fascino della lettura.
«I lettori non si scelgono», dice a ragione Lolli. Certo, ma sbaglia chi, lasciandosi trarre in inganno dal titolo, pensa che questo libro si rivolga a matematici e uomini di cultura scientifica. Al contrario. Una lettura in parallelo delle Lezioni di Calvino e di questo Discorso disvela tante insospettate analogie e recondite suggestioni nascoste nelle Lezioni americane, che anche i lettori di formazione letteraria potranno meglio apprezzare le stesse pagine di Calvino.
Gabriele Lolli, Discorso sulla matematica. Una rilettura delle «Lezioni americane» di Italo Calvino, Bollati Boringhieri, Torino pagg. 226, € 18,00
«Il Sole 24 Ore» del 30 gennaio 2011
Nessun commento:
Posta un commento