Ho voluto postare quest'articolo di uno dei più grandi idioti del panorama culturale attuale (non credo sia degno di essere inserito in tale panorama...), perché si vede chiaramente che l'idiozia/l'ideologia blocca le menti, anche quelle composte da un solo neurone, come quella di Odifreddi.
Ti pregherei di leggere l'articolo con calma, perché è una giustificazione e un'istigazione alla violenza. Come tale sarebbe bello denunciarlo!
di Piergiorgio Odifreddi
Nell’intervista a Pierangelo Buttafuoco La lotta alla mafia non ha colore, reperibile nella sezione Stampa del suo sito ufficiale, Roberto Saviano ha dichiarato: “Come scrittore, mi sono formato su molti autori riconosciuti della cultura tradizionale e conservatrice: Ernst Jünger, Ezra Pound, Louis Ferdinand Celine, Carl Schmitt… E non mi sogno di rinnegarlo, anzi. Leggo spesso persino Julius Evola, che mi avrebbe considerato un inferiore”.
Queste non rinnegate radici dello scrittore tendono a passare in secondo piano in programmi trionfalmente politically correct come Vieni via con me, ma mi sembra che affiorino nella Lettera ai ragazzi del movimento che Saviano ha pubblicato ieri su questo giornale. Una lettera conservatrice, appunto, che moralisticamente riduce a “cinquanta o cento imbecilli, e altrettanti ingenui” i giovani che, non potendone più di questa situazione, si sono macchiati della colpa di non essersi limitati a sfilare in “cortei pacifici, democratici e pieni di vita”.
Per fortuna ieri sera, ad Anno zero, Di Pietro ha letteralmente urlato quello che qualcuno doveva pur dire. Cioè, che la violenza della reazione della piazza deriva dalla violenza dell’azione del governo. E, che non si tratta affatto dell’isolata reazione minoritaria di cinquanta o cento giovani, bensì del segnale che la misura è ormai colma e la rabbia è pronta ad esplodere in maniera generalizzata.
Per fortuna oggi Vendola, da sinistra, afferma che “è tutto il vecchio continente – l’incendio nelle banlieue parigine, la ciclica esplosione di sommovimenti giovanili in diverse metropoli europee – a ignorare una generazione che non ha nulla da perdere”. E che, senza giustificare i metodi di questa ribellione, bisogna comunque anzitutto capirla, e poi incanalarla in forme non sterili di azione politica: non certo in “cortei pacifici, democratici e pieni di vita”.
Ma, soprattutto, per fortuna i ragazzi stessi, a centinaia, hanno scritto a Saviano sul sito di Repubblica. E le loro reazioni sono andate da: “Le tue parole sono come sempre bellissime. Ma questa volta, ahimè, sterili”. A: “Saviano, guardaci negli occhi, siamo noi, ragazzi normali, senza un futuro, pieni di rabbia. Poveri politici di sinistra, non capite neanche cosa sta succedendo!”.
Nella sua reazione alla piazza lo scrittore rivela la debolezza umanistica del suo approccio, che sul suo sito ufficiale lui stesso definisce “docu-fiction”. Cioè, una creativa mescolanza di fatti e invenzioni che sicuramente attrae l’attenzione dei lettori di romanzi, degli spettatori di film e degli ascoltatori della televisione, ma che altrettanto sicuramente è uno stimolo inedeguato per un’azione politica seria ed efficace.
E’ di questo che oggi abbiamo bisogno, non dei moralismi. E’ questo che purtroppo oggi ci manca, soprattutto a sinistra. E’ per questo che nelle strade sta esplodendo la rabbia, a volte violentemente. E’ questo che dobbiamo capire e sfruttare, se vogliamo veramente che le cose e il governo cambino. Ribellarsi è giusto, diceva il vecchio Sartre. E, checché ne pensino i conservatori come il giovane Saviano, la ribellione spesso non può essere né pacifica, né democratica.
Queste non rinnegate radici dello scrittore tendono a passare in secondo piano in programmi trionfalmente politically correct come Vieni via con me, ma mi sembra che affiorino nella Lettera ai ragazzi del movimento che Saviano ha pubblicato ieri su questo giornale. Una lettera conservatrice, appunto, che moralisticamente riduce a “cinquanta o cento imbecilli, e altrettanti ingenui” i giovani che, non potendone più di questa situazione, si sono macchiati della colpa di non essersi limitati a sfilare in “cortei pacifici, democratici e pieni di vita”.
Per fortuna ieri sera, ad Anno zero, Di Pietro ha letteralmente urlato quello che qualcuno doveva pur dire. Cioè, che la violenza della reazione della piazza deriva dalla violenza dell’azione del governo. E, che non si tratta affatto dell’isolata reazione minoritaria di cinquanta o cento giovani, bensì del segnale che la misura è ormai colma e la rabbia è pronta ad esplodere in maniera generalizzata.
Per fortuna oggi Vendola, da sinistra, afferma che “è tutto il vecchio continente – l’incendio nelle banlieue parigine, la ciclica esplosione di sommovimenti giovanili in diverse metropoli europee – a ignorare una generazione che non ha nulla da perdere”. E che, senza giustificare i metodi di questa ribellione, bisogna comunque anzitutto capirla, e poi incanalarla in forme non sterili di azione politica: non certo in “cortei pacifici, democratici e pieni di vita”.
Ma, soprattutto, per fortuna i ragazzi stessi, a centinaia, hanno scritto a Saviano sul sito di Repubblica. E le loro reazioni sono andate da: “Le tue parole sono come sempre bellissime. Ma questa volta, ahimè, sterili”. A: “Saviano, guardaci negli occhi, siamo noi, ragazzi normali, senza un futuro, pieni di rabbia. Poveri politici di sinistra, non capite neanche cosa sta succedendo!”.
Nella sua reazione alla piazza lo scrittore rivela la debolezza umanistica del suo approccio, che sul suo sito ufficiale lui stesso definisce “docu-fiction”. Cioè, una creativa mescolanza di fatti e invenzioni che sicuramente attrae l’attenzione dei lettori di romanzi, degli spettatori di film e degli ascoltatori della televisione, ma che altrettanto sicuramente è uno stimolo inedeguato per un’azione politica seria ed efficace.
E’ di questo che oggi abbiamo bisogno, non dei moralismi. E’ questo che purtroppo oggi ci manca, soprattutto a sinistra. E’ per questo che nelle strade sta esplodendo la rabbia, a volte violentemente. E’ questo che dobbiamo capire e sfruttare, se vogliamo veramente che le cose e il governo cambino. Ribellarsi è giusto, diceva il vecchio Sartre. E, checché ne pensino i conservatori come il giovane Saviano, la ribellione spesso non può essere né pacifica, né democratica.
«La Repubblica» del 16 dicembre 2010
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