del Cardinale Pietro Parente, Mons. Antonio Piolanti e Mons. Salvatore Garofalo
EVANGELI (gr. = buona notizia, lieto messaggio). Al tempo di Gesù e degli Apostoli l'evangelo è la buona notizia della redenzione universale contenuta nella predicazione di Gesù, ma ben presto, durante la prima generazione cristiana, il termine indica i quattro libretti di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, che contengono la storia dell'annunzio.
Matteo, chiamato all'apostolato dalla dogana di Cafarnao, scrisse il suo evangelo con l'intento di dimostrare ai Giudei di Palestina che Gesù era l'atteso Messia perché in lui si compivano tutte le profezie antiche. Marco, discepolo affezionato di Pietro, conservò nel suo libretto il ricordo della predicazione viva dell'apostolo ai Romani nella quale la figura di Gesù Uomo-Dio era presentata con incantevole freschezza di particolari. Luca, medico antiocheno e discepolo di Paolo, raccolse con cura scrupolosa il materiale di detti e di fatti della vita del Signore più adatto alla istruzione ed edificazione delle comunità di fedeli venuti dal paganesimo. Questi tre primi evangeli si assomigliano sostanzialmente nella trama generale della vita di Gesù ed anche nel modo di trattare la materia. Questa proprietà, che permette di disporre i tre racconti in colonne parallele in modo da abbracciare con un solo sguardo le narrazioni, li fa denominare sinottici, cioè «visibili insieme». L'evangelo di Giovanni, discepolo prediletto di Cristo, si distacca sensibilmente e dalla trama e dal modo di presentare i discorsi e i fatti di Gesù comune ai tre Sinottici. Egli dà massimo sviluppo al ministero gerosolimitano che dai primi tre viene lasciato quasi in ombra. e durante il quale Gesù più spesso e con maggiore chiarezza parlò della sua divinità.
L'autenticità dei quattro evangeli è messa al sicuro da una ininterrotta serie di testimonianze storiche circostanziate e precise che si iniziano con Papia, vescovo di Gerapoli in Frigia e discepolo degli Apostoli (primi decenni del II sec.) e continuano di secolo in secolo senza contraddirsi o smentirsi. Oltre alle affermazioni degli scrittori che godono particolare autorità come S. Ireneo (c. 140-202) vescovo di Lione e tramite tra l'Oriente e l'Occidente, si hanno anche documenti ufficiali come l'elenco dei libri del N. T. chiamato, dal suo scopritore, Canone di Muratori e che fu scritto a Roma verso il 185. Autori e documenti sono echi di una tradizione che risale evidentemente ai primi anni della Chiesa e che è stata vagliata dal contrasto con gli eretici. Negli scrittori del II-III sec. si trova un così grande numero di citazioni del testo dei quattro evangeli che essi potrebbero quasi integralmente essere ricostruiti. Un implacabile avversario del Cristianesimo primitivo, il filosofo epicureo Celso, che scriveva verso il 178, riconosce nei quattro evangeli un'opera dei discepoli di Gesù e ricorda che gli eretici avevano tentato di piegarli alle loro dottrine per avvalersi di così autorevoli scritti.
L'esame interno degli Evangeli, cioè della lingua, della mentalità ivi riflessa, dei costumi menzionati, dei riferimenti storici e geografici, confrontati con le più recenti e sicure scoperte, conferma l'autenticità dei quattro libretti affermata concordemente dalla tradizione cristiana.
Quanto alla data degli evangeli, consta che essi nel II sec. sono diffusi e riconosciuti in tutte le comunità cristiane di Oriente e di Occidente; devono, quindi, essere stati scritti nel I sec. Le testimonianze storiche convalidate dall'esame interno dei testi permettono di concludere che Matteo, Marco e Luca scrivevano prima della distruzione di Gerusalemme (a. 70). Più precisamente Matteo e Marco pubblicarono i loro libretti prima della morte di Pietro e Paolo (a. 64 o 67); Luca conclude bruscamente la narrazione degli Atti all'anno 62, e dichiara che il suo evangelo ha preceduto questo secondo Libro (Atti 1, 1). Poiché le antiche testimonianze sono quasi concordi sulla priorità di Matteo e di Marco nei confronti di Luca, i primi due evangeli dovevano essere stati pubblicati prima del 60. Secondo alcuni studiosi Matteo risale al 42-50.
Che l'opera dei quattro biografi di Gesù sia stata trasmessa integra fino a noi, risulta dalla eccezionale condizione di privilegio in cui viene a trovarsi il testo degli evangeli. Sono ben 1500 i codici manoscritti del testo greco degli evangeli; due di essi furono copiati nel IV secolo, mentre alcuni frammenti di papiri risalgono al III-II secolo. Molte antiche versioni in lingue occidentali ed orientali fanno da efficace controllo al testo greco trasmesso dai codici attuali. Molte migliaia di varianti del testo, delle quali nessuna ne compromette il senso in materia di dottrina e di morale, permettono di affermare che il testo greco degli evangeli che noi oggi leggiamo è sostanzialmente identico a quello uscito dalle mani dei loro autori. Si noti che dei classici greci e latini non esiste nessun manoscritto anteriore al IX sec. d. C. e rarissimi sono quelli più antichi del sec. XII.
La storicità degli evangeli, cioè l'aderenza dei loro racconti alla realtà dei fatti, è dichiarata dagli stessi autori (Lc. 1, 1-4; Giov. 20, 30 s.; 21, 24) ed era un postulato essenziale perché essi potessero essere accettati dalla Chiesa. D'altra parte nessuno avrebbe osato raccontare cose non vere od alterare fatti di cui esistevano testimoni gelosi come gli Apostoli e nemici accaniti come gli Ebrei i quali erano stati attori di primo piano nella vita di Gesù ed avrebbero avuto buon giuoco nella loro polemica se avessero potuto trovare in fallo gli storici del Nazareno. Tutto ciò che di meglio può fare la tradizione letteraria ebraica è tacere della vita e dell'insegnamento del Maestro Galileo.
La critica non cattolica contesta il valore storico di una parte considerevole degli evangeli unicamente perché essa contiene fatti soprannaturali. Gli sforzi di questa critica che, dal sec. XVIII in poi, si condanna all'assurdo compito di spiegare la vita di Gesù escludendone ogni elemento soprannaturale, hanno avuto come risultato una «torre di Babele» (Loisy) di opinioni che polverizzano i testi senza riuscire a cavarne un possibile costrutto.
Matteo, chiamato all'apostolato dalla dogana di Cafarnao, scrisse il suo evangelo con l'intento di dimostrare ai Giudei di Palestina che Gesù era l'atteso Messia perché in lui si compivano tutte le profezie antiche. Marco, discepolo affezionato di Pietro, conservò nel suo libretto il ricordo della predicazione viva dell'apostolo ai Romani nella quale la figura di Gesù Uomo-Dio era presentata con incantevole freschezza di particolari. Luca, medico antiocheno e discepolo di Paolo, raccolse con cura scrupolosa il materiale di detti e di fatti della vita del Signore più adatto alla istruzione ed edificazione delle comunità di fedeli venuti dal paganesimo. Questi tre primi evangeli si assomigliano sostanzialmente nella trama generale della vita di Gesù ed anche nel modo di trattare la materia. Questa proprietà, che permette di disporre i tre racconti in colonne parallele in modo da abbracciare con un solo sguardo le narrazioni, li fa denominare sinottici, cioè «visibili insieme». L'evangelo di Giovanni, discepolo prediletto di Cristo, si distacca sensibilmente e dalla trama e dal modo di presentare i discorsi e i fatti di Gesù comune ai tre Sinottici. Egli dà massimo sviluppo al ministero gerosolimitano che dai primi tre viene lasciato quasi in ombra. e durante il quale Gesù più spesso e con maggiore chiarezza parlò della sua divinità.
L'autenticità dei quattro evangeli è messa al sicuro da una ininterrotta serie di testimonianze storiche circostanziate e precise che si iniziano con Papia, vescovo di Gerapoli in Frigia e discepolo degli Apostoli (primi decenni del II sec.) e continuano di secolo in secolo senza contraddirsi o smentirsi. Oltre alle affermazioni degli scrittori che godono particolare autorità come S. Ireneo (c. 140-202) vescovo di Lione e tramite tra l'Oriente e l'Occidente, si hanno anche documenti ufficiali come l'elenco dei libri del N. T. chiamato, dal suo scopritore, Canone di Muratori e che fu scritto a Roma verso il 185. Autori e documenti sono echi di una tradizione che risale evidentemente ai primi anni della Chiesa e che è stata vagliata dal contrasto con gli eretici. Negli scrittori del II-III sec. si trova un così grande numero di citazioni del testo dei quattro evangeli che essi potrebbero quasi integralmente essere ricostruiti. Un implacabile avversario del Cristianesimo primitivo, il filosofo epicureo Celso, che scriveva verso il 178, riconosce nei quattro evangeli un'opera dei discepoli di Gesù e ricorda che gli eretici avevano tentato di piegarli alle loro dottrine per avvalersi di così autorevoli scritti.
L'esame interno degli Evangeli, cioè della lingua, della mentalità ivi riflessa, dei costumi menzionati, dei riferimenti storici e geografici, confrontati con le più recenti e sicure scoperte, conferma l'autenticità dei quattro libretti affermata concordemente dalla tradizione cristiana.
Quanto alla data degli evangeli, consta che essi nel II sec. sono diffusi e riconosciuti in tutte le comunità cristiane di Oriente e di Occidente; devono, quindi, essere stati scritti nel I sec. Le testimonianze storiche convalidate dall'esame interno dei testi permettono di concludere che Matteo, Marco e Luca scrivevano prima della distruzione di Gerusalemme (a. 70). Più precisamente Matteo e Marco pubblicarono i loro libretti prima della morte di Pietro e Paolo (a. 64 o 67); Luca conclude bruscamente la narrazione degli Atti all'anno 62, e dichiara che il suo evangelo ha preceduto questo secondo Libro (Atti 1, 1). Poiché le antiche testimonianze sono quasi concordi sulla priorità di Matteo e di Marco nei confronti di Luca, i primi due evangeli dovevano essere stati pubblicati prima del 60. Secondo alcuni studiosi Matteo risale al 42-50.
Che l'opera dei quattro biografi di Gesù sia stata trasmessa integra fino a noi, risulta dalla eccezionale condizione di privilegio in cui viene a trovarsi il testo degli evangeli. Sono ben 1500 i codici manoscritti del testo greco degli evangeli; due di essi furono copiati nel IV secolo, mentre alcuni frammenti di papiri risalgono al III-II secolo. Molte antiche versioni in lingue occidentali ed orientali fanno da efficace controllo al testo greco trasmesso dai codici attuali. Molte migliaia di varianti del testo, delle quali nessuna ne compromette il senso in materia di dottrina e di morale, permettono di affermare che il testo greco degli evangeli che noi oggi leggiamo è sostanzialmente identico a quello uscito dalle mani dei loro autori. Si noti che dei classici greci e latini non esiste nessun manoscritto anteriore al IX sec. d. C. e rarissimi sono quelli più antichi del sec. XII.
La storicità degli evangeli, cioè l'aderenza dei loro racconti alla realtà dei fatti, è dichiarata dagli stessi autori (Lc. 1, 1-4; Giov. 20, 30 s.; 21, 24) ed era un postulato essenziale perché essi potessero essere accettati dalla Chiesa. D'altra parte nessuno avrebbe osato raccontare cose non vere od alterare fatti di cui esistevano testimoni gelosi come gli Apostoli e nemici accaniti come gli Ebrei i quali erano stati attori di primo piano nella vita di Gesù ed avrebbero avuto buon giuoco nella loro polemica se avessero potuto trovare in fallo gli storici del Nazareno. Tutto ciò che di meglio può fare la tradizione letteraria ebraica è tacere della vita e dell'insegnamento del Maestro Galileo.
La critica non cattolica contesta il valore storico di una parte considerevole degli evangeli unicamente perché essa contiene fatti soprannaturali. Gli sforzi di questa critica che, dal sec. XVIII in poi, si condanna all'assurdo compito di spiegare la vita di Gesù escludendone ogni elemento soprannaturale, hanno avuto come risultato una «torre di Babele» (Loisy) di opinioni che polverizzano i testi senza riuscire a cavarne un possibile costrutto.
Voce «Evangeli» del Dizionario di Teologia Dogmatica, a cura del Cardinale Pietro Parente, Mons. Antonio Piolanti e Mons. Salvatore Garofalo.
Postato il 12 dicembre 2010
Postato il 12 dicembre 2010
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