Liberare il Parlamento da un assedio violento e delegittimante
di Giuliano Ferrara
Chi ha organizzato la canaglia squadrista contro il Parlamento? Chi ha promosso i suoi slogan, oltre che i suoi pullman? Chi ha creato lo stato emotivo teppistico per un attacco a freddo alla vita democratica, mandando allo sbaraglio giovanotti attempati e carichi di libidine violenta?
Queste sono le domande da farsi in queste ore. E le risposte non sono poi così difficili. I responsabili della guerriglia urbana, che per un miracolo non ha fatto vittime, e che si è accanita contro i simboli del vivere civile nella capitale della Repubblica, sono noti. Una sinistra imbevuta ormai di bolsa ma aggressiva retorica anti-istituzionale, sulla scia di un ex poliziotto dalla vita difficile che lasciò tanti anni fa per una ambigua fuga verso la politica la magistratura, dopo aver contribuito in modo ancor oggi misterioso alla destabilizzazione della Repubblica dei partiti. E una borghesia priva di senno e di potere coesivo, che ha approntato il clima attraverso i suoi giornali, con una speciale menzione per la performance allarmistica e incitatoria del Corriere della Sera, che fingeva di scongiurare un clima giottino nel momento in cui lo fomentava tra le righe.
Sotto il miserabile pretesto della “compravendita” di parlamentari si è scatenata una campagna di qualunquismo becero e di odio contro le istituzioni, e l’hanno chiamata “sfiducia dal basso” o “faremo l’inferno se il governo non cade”. Una performance di sordido cinismo dalla quale la sinistra e i borghesi decaduti di un establishment intollerante e ambiguo non si risolleveranno tanto presto. Soprattutto se la risposta della maggioranza di governo eletta e confermata da un voto delle Camere sarà serena, ferma ma lucida, e se ai toni della reciproca delegittimazione faziosa, generatrice di violenza, subentreranno gli argomenti della buona politica, da una parte e dall’altra.
Ora, di fronte a questa precipitazione nell’irrazionale e nel violento della pseudocampagna antipopulista, i cittadini si aspettano un intervento coesivo, a tutela della Costituzione e delle sue regole, e a censura di una degenerazione della politica in ribalderia, del capo dello stato. Il presidente della Camera deve cambiare tono o veste: un leader politico che assume un ruolo di garanzia modula il suo intervento sulla scena pubblica, non può essere il capo di una fazione antigovernativa aggressiva e militante. A questo punto è dovere della maggioranza assumere su di sé la questione delle garanzie e delle regole del gioco democratico-liberale, e non mollare finché non sia stato ristabilito un livello minimo di decenza e di rispetto.
Queste sono le domande da farsi in queste ore. E le risposte non sono poi così difficili. I responsabili della guerriglia urbana, che per un miracolo non ha fatto vittime, e che si è accanita contro i simboli del vivere civile nella capitale della Repubblica, sono noti. Una sinistra imbevuta ormai di bolsa ma aggressiva retorica anti-istituzionale, sulla scia di un ex poliziotto dalla vita difficile che lasciò tanti anni fa per una ambigua fuga verso la politica la magistratura, dopo aver contribuito in modo ancor oggi misterioso alla destabilizzazione della Repubblica dei partiti. E una borghesia priva di senno e di potere coesivo, che ha approntato il clima attraverso i suoi giornali, con una speciale menzione per la performance allarmistica e incitatoria del Corriere della Sera, che fingeva di scongiurare un clima giottino nel momento in cui lo fomentava tra le righe.
Sotto il miserabile pretesto della “compravendita” di parlamentari si è scatenata una campagna di qualunquismo becero e di odio contro le istituzioni, e l’hanno chiamata “sfiducia dal basso” o “faremo l’inferno se il governo non cade”. Una performance di sordido cinismo dalla quale la sinistra e i borghesi decaduti di un establishment intollerante e ambiguo non si risolleveranno tanto presto. Soprattutto se la risposta della maggioranza di governo eletta e confermata da un voto delle Camere sarà serena, ferma ma lucida, e se ai toni della reciproca delegittimazione faziosa, generatrice di violenza, subentreranno gli argomenti della buona politica, da una parte e dall’altra.
Ora, di fronte a questa precipitazione nell’irrazionale e nel violento della pseudocampagna antipopulista, i cittadini si aspettano un intervento coesivo, a tutela della Costituzione e delle sue regole, e a censura di una degenerazione della politica in ribalderia, del capo dello stato. Il presidente della Camera deve cambiare tono o veste: un leader politico che assume un ruolo di garanzia modula il suo intervento sulla scena pubblica, non può essere il capo di una fazione antigovernativa aggressiva e militante. A questo punto è dovere della maggioranza assumere su di sé la questione delle garanzie e delle regole del gioco democratico-liberale, e non mollare finché non sia stato ristabilito un livello minimo di decenza e di rispetto.
«Il Foglio» del 15 dicembre 2010
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