di Sergio Luppi
(Assistente di filosofia del Diritto nella Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano)
(Assistente di filosofia del Diritto nella Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano)
Introduzione
Nell'enciclica Aeterni Patris, Leone XIII attribuisce una particolare importanza al ruolo che la filosofia cristiana deve giocare nel processo di ricostruzione morale della società civile e dello Stato sconvolti dall'irruzione delle ideologie rivoluzionarie contemporanee e dalla successiva, gravissima crisi dei valori fondamentali della civiltà (1).
L'abbandono dei principi della philosophia perennis tomistica è considerata, da Leone XIII, come una delle cause fondamentali della confusione delle idee e della disgregazione morale penetrate nel mondo occidentale attraverso la riforma protestantica, il filosofismo degli illuministi e il trionfo della Rivoluzione dal 1789 (2). Leone XIII contrappone la solidità e la chiarezza del sistema e del metodo di S. Tommaso d'Aquino alle malferme e, spesso, contraddittorie costruzioni di molti esponenti del pensiero moderno (3), ponendo contemporaneamente in risalto il carattere non-riduttivo della sintesi tomistica, idonea ad accogliere tutte le verità contenute nella filosofia e nella scienza contemporanea (4).
La filosofia politico-giuridica dell'Aquinate, in particolare, si dimostra come strumento efficace di rifondazione dall'ordine civile turbato dagli eccessi dell'individualismo liberale e del collettivismo socialista. In questa mia comunicazione intendo occuparmi in modo specifico del rapporto fra il potere politico e i diritti fondamentali della persona, uno dei temi dominanti di tutto il pensiero politico dell'Angelico (5).
1. Individualismo, collettivismo e socialità naturale dell'uomo.
L'antagonismo fra le singole persone e le strutture di potere della società civile e dello Stato rappresenta uno dei tratti dominanti della nostra epoca. Alla radice di questa tensione si colloca la convinzione, spesso confermata dai fatti, che ogni forma di potere collettivo, sovraordinato ai singoli, sia, in ultima analisi, un potere estraneo che grava pesantemente sulla sfera di libertà della persona. E' indubbio che le ideologie moderne hanno potentemente contribuito, nel corso degli ultimi secoli, a costruire la base di legittimazione del processo di rafforzamento e di espansione del potere statale. L'evoluzione della scienza e della tecnologia, l'industrialismo e le conseguenti radicali trasformazioni socio-economiche hanno fornito, invece, l'occasione storica e le condizioni materiali per la concreta attuazione di tale processo. La situazione attuale mostra il fallimento delle ideologie individualistiche e collettivistiche (liberalismo e socialismo nelle loro diverse ramificazioni) nel tentativo di costruire una società "più umana" : fallimento al quale fanno riscontro il progressivo disinteresse (il "riflusso") delle masse "colte" occidentali per la vita politica e l'emergenza tragica del rifiuto radicale delle attuali strutture di potere, che ha preso corpo nella realtà del "partito armato".
Se analizziamo, nei suoi elementi generatori, la crisi profonda che travaglia la civiltà occidentale, possiamo cogliere, quali tratti dominanti, l'idea dell'infinità e della illimitata autonomia dell'individuo e il tentativo di risolvere tutti i problemi personali, sociali ed economici attraverso il coattivo e generalizzato soddisfacimento di tutte le pulsioni, tendenze e richieste che promanano dalla c.d. "sovranità" individuale. In altri termini: abbandonato qualunque riferimento ad una sfera assiologica - oggettiva e trascendente, (l'uomo giudica di reclamare come proprio diritto qualunque cosa egli ritenga necessaria alla sua "crescita" personale e attribuisce alla società e ai suoi poteri costituiti il dovere imperativo di rimuovere tutti gli ostacoli morali, religiosi, politici, economici che ancora si oppongono al soddisfacimento delle sue brame. La funzione essenziale dell'ordinamento giuridico consisterebbe dunque nella lotta contro i residui di una visione arcaica del mondo, basata sulla superstizione, al fine di rendere possibile la illimitata "crescita" delle 'persone, al di là del bene e del male. Alla radice di questa erronea concezione della vita, dell'uomo e della società, già denunciata con preveggenza dal Magistero ecclesiastico del secolo scorso (6), c'è il rifiuto di riconoscere la fondamentale e naturale indigenza dell'uomo singolo e la necessità della sua dipendenza dagli altri uomini (quindi dalla società) e da Dio.
E' stato giustamente osservato (7) che, sul terreno della proclamazione della divinizzazione e della assoluta indipendenza dell'uomo, è possibile trovare il momento unificatore del liberalismo e del socialismo, per altri versi contrapposti. Il socialismo non sarebbe altro che il liberalismo collettivizzato: l'assenza di ogni freno morale oggettivo e l'attribuzione di poteri illimitati passano semplicemente dall'individuo alla collettività. Ciò che prima era prerogativa di un individuo assoluto, egoista, chiuso nella sua "personalità", viene trasferito allo Stato che si incarica così di attuare quell'opera di trasformazione e di sovversione della società tradizionale sproporzionata per le forze non coordinate dei singoli (8). Le profonde analisi di J. Talmon sulle strutture filosofiche e sui modelli istituzionali della "democrazia totalitaria", mostrano, con ampiezza ed efficacia, la reale possibilità di sintesi dell'individualismo e del collettivismo nell'edificazione di uno Stato totalitario, basato sul consenso generalizzato delle masse indottrinate delle élites rivoluzionarie (9).
La dottrina politica di S. Tommaso si presenta — in rapporto ai due estremi dell'individualismo e del collettivismo — come una soluzione intermedia che consente di salvaguardare contemporaneamente i diritti fondamentali e la libertà della persona e le prerogative autonome dello Stato e delle altre stabili strutture di potere.
San Tommaso interpreta in senso fortissimo il noto principio aristotelico della naturale socialità e politicità dell'essere umano. Dire che l'uomo è naturaliter, animale sociale, civile, politico significa infatti affermare che le forme essenziali della vita associata sono necessarie alla perfezione fisica, morale e spirituale della natura umana (10). L'uomo dipende dalla società per quanto concerne il raggiungimento dei suoi fini essenziali: questa è una verità universale che si estende tanto alla vita familiare sociale e politica, quanto alla vita morale e spirituale, nell'ambito della Chiesa (11).
In opposizione alle correnti sofistiche dei mondo antico e all'individualismo radicale che anima il mondo contemporaneo, per i quali socialità, politicità e giuridicità appartengono alla sfera della pura convenzione e dell'arbitrio, S. Tommaso rivendica il carattere naturale della vita associata.
Se la società è necessaria allo sviluppo del singolo individuo, ciò non significa che la ragione profonda dell'esistenza delle strutture sociali sia la mera indigenza e l'incapacità del singolo a provvedere a se stesso. Il bene comune della società è diverso dalla semplice somma dei beni particolari dei singoli. Esso si colloca su un piano superiore: resistenza della società, infatti, assicura l'esistenza di condizioni che consentono non solo la mera sopravvivenza ma anche la piena perfezione dello sviluppo delle qualità intellettuali e morali della persona umana (12).
Se si escludono dal nostro essere tutte quelle qualità che dipendono dall'opera formatrice della società (famiglia, cultura, religione, ecc.), avremo un'anima senza corpo, priva di quelle capacità autonome di affermazione e di sviluppo che testimoniano da pienezza del valore dalia persona (13).
La piena realizzazione della persona esige inoltre resistenza di una pluralità di società. Un regime di pura sussistenza assicura soltanto condizioni minimali di vita; il fine della società non è soltanto il vivere ma è il vivere bene, il vivere conforme alla superiore dignità dell'uomo.
Questi fini sono raggiunti attraverso la costituzione della famiglia e dalle comunità più vaste, fra cui spicca io Stato — società perfetta che ha in sé tutti i mezzi morali e materiali necessari alla conservazione, difesa e sviluppo del singolo e delle società inferiori (14). Il completo soddisfacimento delle esigenze morali e fisiche dell'uomo è, a sua volta, ordinato ad uno scopo superiore che è il fine ultimo della creatura umana: Dio. Tutte le strutture sociali e politiche debbono creare le condizioni più opportune allo sviluppo della vita virtuosa, presupposto necessario alla contemplazione dalla Verità increata (15).
Nell'enciclica Aeterni Patris, Leone XIII attribuisce una particolare importanza al ruolo che la filosofia cristiana deve giocare nel processo di ricostruzione morale della società civile e dello Stato sconvolti dall'irruzione delle ideologie rivoluzionarie contemporanee e dalla successiva, gravissima crisi dei valori fondamentali della civiltà (1).
L'abbandono dei principi della philosophia perennis tomistica è considerata, da Leone XIII, come una delle cause fondamentali della confusione delle idee e della disgregazione morale penetrate nel mondo occidentale attraverso la riforma protestantica, il filosofismo degli illuministi e il trionfo della Rivoluzione dal 1789 (2). Leone XIII contrappone la solidità e la chiarezza del sistema e del metodo di S. Tommaso d'Aquino alle malferme e, spesso, contraddittorie costruzioni di molti esponenti del pensiero moderno (3), ponendo contemporaneamente in risalto il carattere non-riduttivo della sintesi tomistica, idonea ad accogliere tutte le verità contenute nella filosofia e nella scienza contemporanea (4).
La filosofia politico-giuridica dell'Aquinate, in particolare, si dimostra come strumento efficace di rifondazione dall'ordine civile turbato dagli eccessi dell'individualismo liberale e del collettivismo socialista. In questa mia comunicazione intendo occuparmi in modo specifico del rapporto fra il potere politico e i diritti fondamentali della persona, uno dei temi dominanti di tutto il pensiero politico dell'Angelico (5).
1. Individualismo, collettivismo e socialità naturale dell'uomo.
L'antagonismo fra le singole persone e le strutture di potere della società civile e dello Stato rappresenta uno dei tratti dominanti della nostra epoca. Alla radice di questa tensione si colloca la convinzione, spesso confermata dai fatti, che ogni forma di potere collettivo, sovraordinato ai singoli, sia, in ultima analisi, un potere estraneo che grava pesantemente sulla sfera di libertà della persona. E' indubbio che le ideologie moderne hanno potentemente contribuito, nel corso degli ultimi secoli, a costruire la base di legittimazione del processo di rafforzamento e di espansione del potere statale. L'evoluzione della scienza e della tecnologia, l'industrialismo e le conseguenti radicali trasformazioni socio-economiche hanno fornito, invece, l'occasione storica e le condizioni materiali per la concreta attuazione di tale processo. La situazione attuale mostra il fallimento delle ideologie individualistiche e collettivistiche (liberalismo e socialismo nelle loro diverse ramificazioni) nel tentativo di costruire una società "più umana" : fallimento al quale fanno riscontro il progressivo disinteresse (il "riflusso") delle masse "colte" occidentali per la vita politica e l'emergenza tragica del rifiuto radicale delle attuali strutture di potere, che ha preso corpo nella realtà del "partito armato".
Se analizziamo, nei suoi elementi generatori, la crisi profonda che travaglia la civiltà occidentale, possiamo cogliere, quali tratti dominanti, l'idea dell'infinità e della illimitata autonomia dell'individuo e il tentativo di risolvere tutti i problemi personali, sociali ed economici attraverso il coattivo e generalizzato soddisfacimento di tutte le pulsioni, tendenze e richieste che promanano dalla c.d. "sovranità" individuale. In altri termini: abbandonato qualunque riferimento ad una sfera assiologica - oggettiva e trascendente, (l'uomo giudica di reclamare come proprio diritto qualunque cosa egli ritenga necessaria alla sua "crescita" personale e attribuisce alla società e ai suoi poteri costituiti il dovere imperativo di rimuovere tutti gli ostacoli morali, religiosi, politici, economici che ancora si oppongono al soddisfacimento delle sue brame. La funzione essenziale dell'ordinamento giuridico consisterebbe dunque nella lotta contro i residui di una visione arcaica del mondo, basata sulla superstizione, al fine di rendere possibile la illimitata "crescita" delle 'persone, al di là del bene e del male. Alla radice di questa erronea concezione della vita, dell'uomo e della società, già denunciata con preveggenza dal Magistero ecclesiastico del secolo scorso (6), c'è il rifiuto di riconoscere la fondamentale e naturale indigenza dell'uomo singolo e la necessità della sua dipendenza dagli altri uomini (quindi dalla società) e da Dio.
E' stato giustamente osservato (7) che, sul terreno della proclamazione della divinizzazione e della assoluta indipendenza dell'uomo, è possibile trovare il momento unificatore del liberalismo e del socialismo, per altri versi contrapposti. Il socialismo non sarebbe altro che il liberalismo collettivizzato: l'assenza di ogni freno morale oggettivo e l'attribuzione di poteri illimitati passano semplicemente dall'individuo alla collettività. Ciò che prima era prerogativa di un individuo assoluto, egoista, chiuso nella sua "personalità", viene trasferito allo Stato che si incarica così di attuare quell'opera di trasformazione e di sovversione della società tradizionale sproporzionata per le forze non coordinate dei singoli (8). Le profonde analisi di J. Talmon sulle strutture filosofiche e sui modelli istituzionali della "democrazia totalitaria", mostrano, con ampiezza ed efficacia, la reale possibilità di sintesi dell'individualismo e del collettivismo nell'edificazione di uno Stato totalitario, basato sul consenso generalizzato delle masse indottrinate delle élites rivoluzionarie (9).
La dottrina politica di S. Tommaso si presenta — in rapporto ai due estremi dell'individualismo e del collettivismo — come una soluzione intermedia che consente di salvaguardare contemporaneamente i diritti fondamentali e la libertà della persona e le prerogative autonome dello Stato e delle altre stabili strutture di potere.
San Tommaso interpreta in senso fortissimo il noto principio aristotelico della naturale socialità e politicità dell'essere umano. Dire che l'uomo è naturaliter, animale sociale, civile, politico significa infatti affermare che le forme essenziali della vita associata sono necessarie alla perfezione fisica, morale e spirituale della natura umana (10). L'uomo dipende dalla società per quanto concerne il raggiungimento dei suoi fini essenziali: questa è una verità universale che si estende tanto alla vita familiare sociale e politica, quanto alla vita morale e spirituale, nell'ambito della Chiesa (11).
In opposizione alle correnti sofistiche dei mondo antico e all'individualismo radicale che anima il mondo contemporaneo, per i quali socialità, politicità e giuridicità appartengono alla sfera della pura convenzione e dell'arbitrio, S. Tommaso rivendica il carattere naturale della vita associata.
Se la società è necessaria allo sviluppo del singolo individuo, ciò non significa che la ragione profonda dell'esistenza delle strutture sociali sia la mera indigenza e l'incapacità del singolo a provvedere a se stesso. Il bene comune della società è diverso dalla semplice somma dei beni particolari dei singoli. Esso si colloca su un piano superiore: resistenza della società, infatti, assicura l'esistenza di condizioni che consentono non solo la mera sopravvivenza ma anche la piena perfezione dello sviluppo delle qualità intellettuali e morali della persona umana (12).
Se si escludono dal nostro essere tutte quelle qualità che dipendono dall'opera formatrice della società (famiglia, cultura, religione, ecc.), avremo un'anima senza corpo, priva di quelle capacità autonome di affermazione e di sviluppo che testimoniano da pienezza del valore dalia persona (13).
La piena realizzazione della persona esige inoltre resistenza di una pluralità di società. Un regime di pura sussistenza assicura soltanto condizioni minimali di vita; il fine della società non è soltanto il vivere ma è il vivere bene, il vivere conforme alla superiore dignità dell'uomo.
Questi fini sono raggiunti attraverso la costituzione della famiglia e dalle comunità più vaste, fra cui spicca io Stato — società perfetta che ha in sé tutti i mezzi morali e materiali necessari alla conservazione, difesa e sviluppo del singolo e delle società inferiori (14). Il completo soddisfacimento delle esigenze morali e fisiche dell'uomo è, a sua volta, ordinato ad uno scopo superiore che è il fine ultimo della creatura umana: Dio. Tutte le strutture sociali e politiche debbono creare le condizioni più opportune allo sviluppo della vita virtuosa, presupposto necessario alla contemplazione dalla Verità increata (15).
Estratto da "Atti dell'VIII Congresso Tomistico Internazionale", vol. VI (1982), pp. 253-269.
Postato il 12 dicembre 2010
Postato il 12 dicembre 2010
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