Una ricerca del Centro studi minori rivela la scarsa tolleranza dei giovani. E i loro pregiudizi
di Viviana Daloiso
I ragazzi sempre più restii al confronto La responsabilità? Dei grandi e del Web
Vivono in una società in cui reputano diffusa la discriminazione. E, di riflesso, sospettano. O, peggio ancora, discriminano. È una fotografia inquietante, quella scattata dal Centro studi minori e media sull’atteggiamento degli adolescenti nei confronti della diversità. Oltre mille studenti di 9 regioni, dal Piemonte al Veneto, dalla Toscana al Lazio fino alla Campania, alla Calabria e alla Sicilia. Che – fatta eccezione per qualche sfumatura “naturale” legata al territorio di origine o al tipo di scuola frequentata – la pensano allo stesso modo: i rom e gli zingari? Quasi tutti ladri. L’ingresso degli stranieri nel nostro Paese? Favorisce la criminalità, e comunque costituisce una presenza negativa. L’omosessualità? È troppo tollerata. Affermazioni che lasciano inchiodati alla sedia. Soprattutto se messe in relazione alle parti che all’apparenza sembrerebbero le più “innocue” del questionario. Prima fra tutte, quella relativa a quanti amici “diversi” hanno i ragazzi. Risposta: moltissimi. Cifre alla mano: l’80% di loro ne ha uno povero, straniero, o appartenente a una religione diversa; il 53% ne ha uno disabile: il 40% uno omosessuale. Segno che sono “abitanti” della diversità, gli adolescenti di oggi, che la guardano negli occhi dei vicini, dei compagni, dei confidenti persino. E che tuttavia, non la capiscono. La professoressa Isabella Poli, direttrice del Centro, parla delle «contraddizioni tipiche degli adolescenti», che con evidenza emergono anche in questa frattura. Eppure rimane la sensazione di un vuoto, di una distanza tra il vissuto e il percepito, in cui la formazione del pregiudizio trova vita fin troppo facile: così «provo sentimenti discriminatori nei confronti del diverso» e «i rom e gli zingari sono tutti ladri», dicono il 40% degli intervistati. O ancora: «la presenza degli stranieri nel nostro Paese è un fatto negativo», afferma la metà di loro. Nel fenomeno affiorano da una parte la “latitanza” delle tradizionali agenzie educative, dall’altra un’eccessiva presenza dei media, e in particolare di Internet. Nel primo caso si incontra un giovane su tre che non affronta e non ha mai affrontato il tema della diversità in famiglia, soprattutto al Sud: i ragazzi sostengono di essersi formati un’opinione del diverso sulla base delle proprie riflessioni nel 47% dei casi, e in un altro 23% leggendo o ascoltando i media. Risultato: 7 adolescenti su 10, sostanzialmente, si sono dati una risposta sul “diverso” da soli, senza interpellare genitori o insegnanti. Salvo poi, però, assorbire le opinioni del mondo adulto senza metterle a tema, vale a dire in maniera del tutto passiva: interrogati su se il loro atteggiamento sia più o meno discriminatorio rispetto ai propri genitori, oltre il 70% di loro risponde che è esattamente lo stesso e, per fare un esempio, solo uno su tre ha nei confronti dell’orientamento sessuale un atteggiamento più “moderno” rispetto ai suoi parenti grandi. Secondo punto, la Rete, e in particolare i social network: dove quel pregiudizio trova corpo, circola, contagia, esplode. E qui i dati della ricerca del Centro Studi Minori e Media diventano qualitativamente agghiaccianti: perché se è vero che circa il 9% dei ragazzi non è iscritto a Fecebook, e che la maggior parte di loro non ha a che fare con la discriminazione online, il 28% del campione ha invece ricevuto richieste di iscrizioni a gruppi contro gli immigrati e ha aderito (il 5% ne ha addirittura creati), il 24% contro omosessuali e ha aderito (il 2,4% ne ha creati), il 21% contro diversamente abili (l’1,9% ne ha creati). Numeri che, ben oltre i luoghi comuni, dicono per la prima volta qualcosa di concreto circa il ruolo negativo di Internet nella crescita personale dei giovani.
Per fortuna c’è anche la coscienza critica, la sensazione che le cose dovrebbero cambiare: considerando che almeno 7 ragazzi su 10 hanno visto video che riportavano episodi di intolleranza su immigrati, disabili o omosessuali, sembra positivo che la metà di loro dichiari di esserci “rimasto male”, e ancor di più che il 75% del campione ritenga che Internet non possa rimanere un luogo dove l’odio razziale e la violenza possano essere espressi impunemente.
Per fortuna c’è anche la coscienza critica, la sensazione che le cose dovrebbero cambiare: considerando che almeno 7 ragazzi su 10 hanno visto video che riportavano episodi di intolleranza su immigrati, disabili o omosessuali, sembra positivo che la metà di loro dichiari di esserci “rimasto male”, e ancor di più che il 75% del campione ritenga che Internet non possa rimanere un luogo dove l’odio razziale e la violenza possano essere espressi impunemente.
Il 90% degli studenti intervistati ha amici che emarginano gli immigrati, i disabili e gli omosessuali Il 50% ammette di farlo o averlo fatto in prima persona
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Stranieri in campo? Tutto bene ...
Dici straniero e i giovani fanno un passo indietro: il 59% di quelli intervistati dal Centro studi minori e media pensa che favoriscano la criminalità, il 26% che la loro eccessiv presenza a scuola minacci la qualità dell’istruzione. E però, quando si parla di sport, tutto cambia. Nelle squadre italiane sono sempre più presenti atleti provenienti da altri Paesi, e questo al 62% dei ragazzi «non crea alcun problema», mentre soltanto l’8% pensa che nel mondo dello sport dovrebbero avere spazio solo i nostri connazionali. La restante parte del campione si divide tra opinioni più complesse: il 13% pensa che gli atleti stranieri siano effettivamente più bravi di quelli italiani, un buon 11% pensa che comunque bisogna fare più posto agli atleti italiani, «altrimenti si danneggiano le nazionali». Anche sul tema degli sportivi disabili, i ragazzi si mostrano – contrariamente alla tendenza della ricerca – tolleranti: il 73% di loro ammira che è diversamente abile e non rinuncia a fare sport, il 20% crede che le Paraolimpiadi siano utili per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema.
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Quell’eccesso di «buonismo»
Quell’eccesso di «buonismo»
Informati? Abbastanza: nel 95% sanno che cos’è un permesso di soggiorno, anche se solo nel 37% dei casi hanno sentito parlare dei centri di permanenza temporanea per gli stranieri che arrivano in Italia. I giovani leggono poco i giornali (il 30% non lo fa, il 29% si dedica a quelli sportivi o locali) e anche in televisione ammettono nella maggior parte dei casi di aver sentito parlare di diversità o aver visto programmi dedicato solo «qualche volta». Su come la tv tratta il tema, però, hanno le idee molto chiare: il 28% del campione ritiene che in televisione (e anche sulla carta stampata, spesso) trapelino pregiudizi verso chi è diverso, il 24% che alla questione venga riservato «poco spazio», mentre – ecco le amare sorprese – l’8% ritiene che ci sia un eccesso di buonismo verso i diversi e quasi il 4% che a loro venga addirittura riservato loro «troppo spazio». Rispetto poi all’immagine veicolata dai media rispetto alle reali caratteristiche della diversità, tre il 15 e il 28% dei ragazzi pensa che essia sia «peggiore». Quindi, in qualche modo, manipolata.
«Avvenire» del 17 dicembre 2010
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