Sono stati prima gli altri: ecco la recriminazione. Mai che si dica: così non si fa
di Pierluigi Battista
La stampa di destra, il Giornale e Libero in testa, eccelle ultimamente nell’arte dell’«e che dire, allora?», versione adulta e più scaltra di un espediente autodifensivo molto in voga negli asili infantili: «Signora maestra, ha cominciato lui però». Faccio una cosa che non devo fare: «E che dire, allora» se la stessa cosa la fa qualcun altro? Rubo: «E che dire allora» se non sono il solo a rubare? Cattivo argomento. Che sostituisce quello buono: se una cosa non si deve fare, non si fa, anche se lo fa qualcun altro. Punto. Troppo difficile? Se nelle aziende municipalizzate di Roma, in quella che si occupa dei trasporti (Atac) e in quella che cura la raccolta dei rifiuti (l’Ama), si fanno assunzioni in massa e per chiamata diretta senza concorso di segretari, segretarie, mogli, cugini, suoceri, generi, cognati, parenti vari e tutti più o meno legati alla giunta di centrodestra guidata da Alemanno, scatta nella stampa di destra l’automatismo pavloviano della solita giustificazione: «E che dire allora» delle assunzioni parentali e clientelari fatte dalle giunte precedenti in mano alla sinistra? Non si dice: sarebbe bene che la nostra giunta non perpetuasse un malcostume e addirittura non lo ingigantisse fino a vertici nauseabondi. Si dice: anche prima venivano assunte nuore, figli e amanti. Si cancella una brutta storia, per avanzare l’argomento che è la solita brutta storia. Se sono clientelari gli altri, sono autorizzato ad esserlo anche io («e che dire, allora?», all’ennesima potenza per giunta). Massacrano mediaticamente Fini, gli scatenano contro una campagna martellante, vanno perfino a scovare venditori di cucine e figli dell’ex fidanzato dell’attuale fidanzata del reprobo traditore appena cacciato via dal Pdl. E se obietti che il linciaggio non è un bello spettacolo, ecco inesorabile la replica: «E che dire, allora» del «metodo Noemi», delle intrusioni della sinistra nella vita del premier? Sono stati prima gli altri, signora maestra: ecco la puerile recriminazione autoassolutoria. Mai che si dica: così non si fa, punto e basta. Il centrodestra folgora all’ultimo minuto peones che fino a un minuto prima vomitavano insulti indecorosi all’indirizzo del premier di cui ora si apprestano a votare la fiducia in Parlamento? «E che dire allora» degli improvvisi passaggi di campo in senso contrario? «E che dire» del missino Romano Misserville che a un certo punto divenne sottosegretario del governo post ribaltonico di D’Alema? Lo fanno gli altri, ergo lo faccio pure io. Ma che logica è mai questa? Le compravendite di parlamentari sono nobili o ignobili? A questa domanda, nella stampa di destra, non si risponde mai. In quella di sinistra, almeno, sono confortati dal fanatismo di chi si sente dalla parte del Bene e della Verità e Giuseppe D’Avanzo può condannare l’altrui «macchina del fango» santificando la propria. E che dire, allora? Che così non si fa. Mai.
«Corriere della sera» del 20 dicembre 2010
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