La vicenda di Signorelli, «l'ideologo nero» morto qualche giorno fa
di Pierluigi Battista
«Caso per caso». Può essere la formula di un sano pragmatismo, ma anche il sintomo di un'insana ipocrisia, o doppiezza. Se per esempio un magistrato di Palermo come Ingroia sostiene che Ciancimino jr. può essere credibile soltanto «caso per caso», sarebbe interessante sapere quali sono i criteri di questo «caso». Forse a seconda dei nomi che fa? Forse solo se conviene? Forse perché la credibilità è un concetto a velocità plurima, lentissima quando è imbarazzante, supersonica quando va nella direzione politicamente giusta? Cultura del sospetto, lo ammetto. Ma il fatto è che in Italia la doppia velocità, il doppio standard, il «caso per caso» è la norma, e non l'eccezione. Come Marcello Veneziani che giustamente se la prende con le «feroci battute di caccia» in cui sta degenerando la politica italiana, ma non si accorge delle «feroci battute di cacca» contro la preda Gianfranco Fini che hanno illeggiadrito l'estate del giornale su cui scrive, con il pieno consenso, è sembrato di capire, del medesimo Veneziani. O come il garantismo: limpido e cristallino quando si tratta di tutelare i propri amici, il proprio partito, il proprio clan, inesistente quando a essere vittima di un'ingiustizia e di uno Stato di diritto molto fragile come è quello italiano è il nemico. Specie se il «nemico» è impresentabile, è un fascista e dunque immeritevole di tutele e di giustizia, come Paolo Signorelli, l'«ideologo nero» morto qualche giorno fa. Non credo di condividere nemmeno una virgola delle cose che Signorelli ha scritto e detto nella sua vita. Ciò non dovrebbe impedire di riconoscere che Signorelli è stato vittima di una mostruosa ingiustizia, patendo dieci anni di galera per poi veder riconosciuta la sua totale innocenza con un'assoluzione piena e inequivocabile. Dieci anni di galera da innocente: è solo perché un teorema giudiziario aveva indicato Signorelli come la mente ideologica dello stragismo nero. Una vergogna politica, morale, giudiziaria che però, nel Paese del garantismo a intermittenza, non è mai stata denunciata quando Signorelli era in vita. Per conformismo, per pavidità. Per insensibilità, per faziosità. In fondo, a difendere le cause garantiste anche per gli avversari in Italia ci sono solo i radicali a sinistra e il Foglio nell'area che riconosce in Berlusconi il suo leader. Gli altri lo fanno «caso per caso». Strepiti e proteste e firme, quando è uno dei nostri. Silenzio, indifferenza e tacita complicità se a essere preso a bersaglio della giustizia politica è un avversario. Un «fascista», poi, era per definizione un reietto, poteva marcire dieci anni in prigione da perfetto innocente: mica qualcuno si sarebbe autorevolmente dedicato al suo caso. Il suo caso non faceva parte del «caso per caso» giusto. Era il caso sbagliato, e dunque il garantismo poteva essere rimesso nell'armadio. Nell'armadio dove riposano tutti gli scheletri dell'ipocrisia italiana. O della malafede: dipende dal «caso per caso».
«Corriere della Sera» del 6 dicembre 2010
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