di Ilaria Ramelli
Come si diceva martedì scorso, nel romanzo di Apuleio, come pure in quello di Petronio, sono molto probabili allusioni parodiche al Cristianesimo.
La loro massima concentrazione sembra aversi nel ritratto caricaturale della moglie di un mugnaio in IX 14.
Vari studiosi considerano questo ritratto la caricatura di una donna cristiana (Anarratone, Baldwin, Dowden, che ritiene il romanzo apuleiano composto a Roma intorno al 155, Ilušeckin, Tripp, Ruggiero, Rinaldi, io stessa). Tale ritratto, in tutti i suoi dettagli, si rivela una lista di accuse anticristiane correnti al tempo di Apuleio, quali quelle di saevitia, ebrietas, pertinacia, impietas, impudicitia, magia, e che l’anziana donna presentata come intermediaria potrebbe essere una ministra cristiana. Tutte le caratteristiche attribuite alla moglie del mugnaio corrispondono infatti ad accuse anticristiane del tempo: « Aveva in sorte la moglie peggiore possibile, di gran lunga più scellerata di tutte le altre donne. A quella donna depravata al massimo non mancava nemmeno un vizio, ma tutte le turpitudini si erano raccolte nel suo animo come in una immonda latrina: crudele, sinistra, prepotente, ubriacona, pervicace, ostinata, avida di turpi saccheggi, prodiga in spese vergognose, nemica della fedeltà, ostile alla pudicizia. Disprezzati e calpestati i numi divini, al posto della vera religione aveva una falsa e sacrilega credenza in un Dio che professava unico; si inventava osservanze cultuali vuote, ingannando tutte le persone e prendendo in giro il suo povero marito, prostituiva il suo corpo con del vino al mattino presto e con continui adulteri » . Ho sottolineato le accuse più importanti, che analizzerò brevemente. Ciò che rende questa donna la peggiore del mondo (pessima, deterrima e nequissima: tre superlativi sinonimi in due righe!) sono i suoi flagitia.
Ora, flagitia in generale erano attribuiti ai Cristiani già nel I secolo, come attesta Tacito: quos per flagitia invisos vulgus Christianos appellabat (Ann. XV 44). Gli apologisti confutarono tali accuse, anzitutto Giustino, che insisté sulle virtù richieste da Cristo stesso ai cristiani e ritorse le accuse di flagitia contro i pagani. Anche Tertulliano ricusò le accuse di flagitia e scelera contro i cristiani, e cercò di separare il nomen christianum dagli scelera che vi erano collegati, anch’egli ritorcendo le accuse contro i pagani.
Ora, la prima accusa specifica contro la moglie del mugnaio è quella di saevitia, molto diffusa all’epoca contro i Cristiani insieme a quella di odium generis humani, già usata contro i giudei, come è attestato da Tacito (Hist. 5.5: adversos omnes alios hostile odium).
In Ann. XV 44 Tacito associa questa stessa accusa ai molti cristiani condannati a Roma nel 64 dietro imputazione di incendio, ma in realtà perché accusati di odium generis humani (multitudo ingens haud proinde in crimine incendii, quam odio humani generis convicti sunt). Saevitia è ascritta ai cristiani anche in un graffito pompeiano che li descrive come saevos Solones.
Questa accusa, che ho studiato su Invigilata Lucernis 2001, fu anch’essa confutata dagli apologisti, specialmente Giustino e Tertulliano, che la ritorsero contro i pagani. Il primo asseriva che erano i pagani e i giudei a odiare i cristiani, i quali hanno per regola di non odiare nessuno, nemmeno quanti li odiano. Anche Tertulliano negò che i cristiani fossero hostes generis humani, crudeli e pieni di odio, richiamando l’attenzione sull’odio di cui erano vittime.
La loro massima concentrazione sembra aversi nel ritratto caricaturale della moglie di un mugnaio in IX 14.
Vari studiosi considerano questo ritratto la caricatura di una donna cristiana (Anarratone, Baldwin, Dowden, che ritiene il romanzo apuleiano composto a Roma intorno al 155, Ilušeckin, Tripp, Ruggiero, Rinaldi, io stessa). Tale ritratto, in tutti i suoi dettagli, si rivela una lista di accuse anticristiane correnti al tempo di Apuleio, quali quelle di saevitia, ebrietas, pertinacia, impietas, impudicitia, magia, e che l’anziana donna presentata come intermediaria potrebbe essere una ministra cristiana. Tutte le caratteristiche attribuite alla moglie del mugnaio corrispondono infatti ad accuse anticristiane del tempo: « Aveva in sorte la moglie peggiore possibile, di gran lunga più scellerata di tutte le altre donne. A quella donna depravata al massimo non mancava nemmeno un vizio, ma tutte le turpitudini si erano raccolte nel suo animo come in una immonda latrina: crudele, sinistra, prepotente, ubriacona, pervicace, ostinata, avida di turpi saccheggi, prodiga in spese vergognose, nemica della fedeltà, ostile alla pudicizia. Disprezzati e calpestati i numi divini, al posto della vera religione aveva una falsa e sacrilega credenza in un Dio che professava unico; si inventava osservanze cultuali vuote, ingannando tutte le persone e prendendo in giro il suo povero marito, prostituiva il suo corpo con del vino al mattino presto e con continui adulteri » . Ho sottolineato le accuse più importanti, che analizzerò brevemente. Ciò che rende questa donna la peggiore del mondo (pessima, deterrima e nequissima: tre superlativi sinonimi in due righe!) sono i suoi flagitia.
Ora, flagitia in generale erano attribuiti ai Cristiani già nel I secolo, come attesta Tacito: quos per flagitia invisos vulgus Christianos appellabat (Ann. XV 44). Gli apologisti confutarono tali accuse, anzitutto Giustino, che insisté sulle virtù richieste da Cristo stesso ai cristiani e ritorse le accuse di flagitia contro i pagani. Anche Tertulliano ricusò le accuse di flagitia e scelera contro i cristiani, e cercò di separare il nomen christianum dagli scelera che vi erano collegati, anch’egli ritorcendo le accuse contro i pagani.
Ora, la prima accusa specifica contro la moglie del mugnaio è quella di saevitia, molto diffusa all’epoca contro i Cristiani insieme a quella di odium generis humani, già usata contro i giudei, come è attestato da Tacito (Hist. 5.5: adversos omnes alios hostile odium).
In Ann. XV 44 Tacito associa questa stessa accusa ai molti cristiani condannati a Roma nel 64 dietro imputazione di incendio, ma in realtà perché accusati di odium generis humani (multitudo ingens haud proinde in crimine incendii, quam odio humani generis convicti sunt). Saevitia è ascritta ai cristiani anche in un graffito pompeiano che li descrive come saevos Solones.
Questa accusa, che ho studiato su Invigilata Lucernis 2001, fu anch’essa confutata dagli apologisti, specialmente Giustino e Tertulliano, che la ritorsero contro i pagani. Il primo asseriva che erano i pagani e i giudei a odiare i cristiani, i quali hanno per regola di non odiare nessuno, nemmeno quanti li odiano. Anche Tertulliano negò che i cristiani fossero hostes generis humani, crudeli e pieni di odio, richiamando l’attenzione sull’odio di cui erano vittime.
«Avvenire» del 9 febbraio 2010
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