18 febbraio 2010

Solo la storia spiega la modernità

Si è spento a 98 anni. Ancora pochi giorni fa diceva: «Quanto degrado nelle università, mi tengono compagnia i miei amati filosofi»
di Nuccio Ordine
Giovanni Pugliese Carratelli, grande interprete del mondo greco-romano e delle civiltà orientali
«A desso, assieme a una prefazione e a un saggio, mi preme portare a termine soprattutto l'edizione della traduzione latina quattrocentesca della Teologia platonica di Proclo»: con queste parole Giovanni Pugliese Carratelli, a poche settimane dal suo novantanovesimo compleanno, mi aveva accolto nella casa-biblioteca di via Denza a Roma. Ieri, dopo qualche giorno di ospedale a causa di una pleurite, la morte lo ha colto nel pieno della sua lucidità, tra manoscritti e fotocopie, libri e appunti religiosamente stilati a mano. Con Pugliese Carratelli, nato a Napoli il 16 aprile 1911, la cultura italiana perde uno straordinario studioso di fama internazionale. Membro di importantissime Accademie (Lincei, Atene, Pontaniana, Colombaria), fondatore della «Parola del passato», ex direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, presidente onorario dell' Istituto italiano per gli studi storici, direttore scientifico dell' Istituto italiano per gli studi filosofici, i suoi lavori hanno abbracciato diversi campi di indagine (storia romana e greca, epigrafia, tradizione platonica e pitagorica, studi sul sanscrito, sulle civiltà orientali, sugli ittiti e sul buddhismo antico), contribuendo in maniera decisiva allo sviluppo di ogni singola disciplina da lui indagata. La notizia della sua scomparsa mi ha fatto rivivere con grande commozione alcuni momenti dei pomeriggi trascorsi assieme, a discutere di filologia e letteratura, di filosofia e politica. «Ma sei sicuro che il mio passato possa interessare a qualcuno» mi diceva appena qualche giorno fa, con sottile autoironia, replicando al mio insistente invito a ripercorrere alcuni passaggi fondamentali della sua vita. Una vita segnata, senza dubbio, da una serie di eventi in cui non è difficile cogliere i segni di un vero enfant prodige. «A quindici anni - mi aveva sussurrato a bassa voce - ho conseguito la licenza liceale e poi a vent' anni (ma ero già pronto un anno prima) mi sono laureato...». Una precocità che non riguarda solo il mondo della scuola. Pugliese Carratelli, infatti, a diciassette anni viene arrestato per le sue idee antifasciste. «Ero considerato un sovversivo perché esprimevo il mio netto dissenso dal regime. Così nel 1928 mi rinchiudono nel carcere minorile e, l' anno successivo, raggiunta la maggiore età, mi spediscono al confino, a Gaeta. Ricordo che venivo scortato per sostenere gli esami. Ma durante la detenzione studiavo tantissimo, soprattutto storia dell' antico Oriente». Pugliese Carratelli inscrive il suo antifascismo all' interno di una tradizione familiare «eversiva». «La mia famiglia, originaria di Feroleto in Calabria, vanta illustri precedenti: un prete coinvolto nella Repubblica Napoletana del 1799, un bibliotecario repubblicano di Catanzaro che, per aver fischiato Umberto I, fu espulso dall' Università di Roma. E poi mio padre, un medico socialista che curava gratuitamente i malati non abbienti». Genitori colti ed esigenti che, non contenti dei licei napoletani, inviano Giovanni a studiare privatamente a casa di tre dotte sorelle. «Non potrò mai dimenticare le lezioni di Olga Sicca che mi iniziò agli studi classici e mi fece apprendere anche il sanscrito. Traducevo testi senza note e senza aiuti: avevo diritto solo al vocabolario. Un' esperienza fondamentale per la mia formazione». L' incontro con Benedetto Croce segna una tappa essenziale della sua vita. «Ero rientrato da poco dal confino e ho conosciuto Croce grazie a Omodeo. Fui subito ricevuto a casa e spesso lo accompagnavo nelle passeggiate dopo pranzo e dopo cena che il filosofo amava fare per le strade napoletane. Aggirarsi con lui, che conosceva tutti i segreti della città, significava imparare la storia di Napoli. Dopo poco tempo mi regalò un suo libro con una dedica affettuosa: "Al mio carissimo amico e collaboratore"...». Anche il rapporto con Adolfo Omodeo, molto amato dagli studenti, si rivela nel tempo decisivo. «Era un uomo severo e austero, ma molto generoso. Ricordo che il "Giornale d' Italia" gli offrì collaborazioni ben pagate che lui, pur avendo bisogno, rifiutò con tanto coraggio...». Nel corso degli anni andava crescendo sempre più la consapevolezza che c' era bisogno di stimolare la ricerca anche al di fuori del ristretto perimetro universitario. «La fondazione dell' Istituto italiano per gli studi storici partiva dall' esigenza manifestata da Croce di formare una classe politica e intellettuale a partire dallo studio della storia. E sempre a Napoli ho poi incontrato Gerardo Marotta che in maniera straordinaria ha fatto dell' Istituto italiano per gli studi filosofici un ponte tra Napoli e l' Europa, rilanciando la grande tradizione illuministica partenopea. Una vita e un patrimonio personale dedicati interamente alla filosofia e alla formazione della nuove generazioni. Con Gerardo, nel ruolo di direttore, ho condiviso l' entusiasmo e la passione per le tantissime iniziative che hanno coinvolto e coinvolgono ancora migliaia di giovani non solo del Sud». Ma la «sapienza disarmata» non basta. «Oggi assistiamo a un degrado delle università e delle istituzioni di ricerca. Mancano banchieri illuminati come Mattioli. E la bassa politica ha finito per decretare anche il declino della prestigiosa Scuola di Atene: le nomine non vengono più effettuate secondo i vecchi principi che privilegiavano le competenze e, soprattutto, che vedevano tra i candidati solo i migliori allievi di quella scuola». Una realtà degradata che ha spinto sempre più lo studioso a rinchiudersi nel suo lavoro di ricerca. «Plotino, Porfirio, il cardinale Bessarione - mi aveva detto sorridendo - accompagnano le mie giornate dalle sette di mattina fino a sera. Rileggere gli editti del III secolo a.C. sulla tolleranza e contro la guerra emanati dal re indiano Ashoka, le laminette orfiche scoperte nella Magna Grecia che invitavano il defunto ad abbandonare le ricchezze per quelle spirituali, le pagine straordinarie di Ippocrate o di Platone è un piacere senza fine». Non a caso Giovanni Pugliese Carratelli si è spento mentre preparava ancora un' edizione di un testo inedito di Proclo.

Giovanni Pugliese Carratelli era nato a Napoli il 16 aprile 1911. Ha insegnato alle Università di Pisa, Firenze, Roma e alla Scuola Normale superiore di Pisa. Ha diretto (tra l' altro) l' Istituto Italiano per gli Studi storici di Napoli e l' Enciclopedia dell' arte classica e orientale. Tra i suoi libri: «Gli editti di Asoka» e «Le lamine d' oro orfiche» (Adelphi); «Tra Cadmo e Orfeo» (Il Mulino)
«Corriere della Sera» del 13 febbraio 2010

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