17 febbraio 2010

Le coppie e l’unione perfetta. Matrimonio? Sì, finché dura

di Francesco Alberoni
Un tempo si sposavano tutti, il matrimonio era la base stabile della casa, della famiglia, assicurava rispettabilità, aiuto nel bisogno, una discendenza e una vecchiaia serena. La zitella era compatita, quella che aveva figli senza marito una reietta. Non erano ammesse altre forme di convivenza erotica. Il matrimonio doveva perciò essere indissolubile e fino alla morte. Oggi tutto è cambiato. La società provvede all’educazione, al lavoro, alla sicurezza, alla salute. I giovani hanno rapporti amorosi ed erotici nella adolescenza, e negli anni successivi, cambiano numerosi partner.
Di solito si sposano quando vogliono avere dei bambini, ma anche la nascita dei figli non impedisce loro di divorziare o di separarsi e di avere poi un nuovo rapporto. Il matrimonio sta diventando sequenziale: un coniuge alla volta. E negli intervalli esperienza da single o convivenze. Da sociologo constato che, di fatto, il matrimonio e la convivenza durano finché i due partner stanno bene insieme. Alcuni finché provano un amore appassionato, nella maggior parte dei casi finché si amano, si capiscono, si piacciono eroticamente, sono sinceri, fedeli ed hanno un rapporto sereno. Quando però cessa l’intesa amorosa il rapporto si incrina, e, presto o tardi, la coppia si rompe, talvolta in modo cattivo, velenoso.
Per questo motivo ho dedicato tutta la mia vita a studiare l’amore di coppia, perché è rimasto l’unico collante della coppia e della famiglia. So quanti grossolani errori facciamo per superficialità, per ignoranza. L’amore infatti è molto fragile, basta una differenza nel modo di pensare, una diversa sensibilità erotica, basta voler imporre una propria preferenza che l’altro subisce per non scontentarci, basta che fra i due si insinui la competizione. Eppure ho visto anche degli amori ardenti e appassionati che durano decenni. Quale è il loro segreto? Forse alla loro base c’è una misteriosa affinità dell’anima come del corpo, ma anche la tolleranza, la capacità di parlarsi, di capirsi, di confessarsi ciò che piace e non piace con sincerità, con candore.
Ma non tutti possono raggiungere questo amore totale che, d’altra parte un giorno può anch’esso finire. Ora, se la stabilità del matrimonio dipende così tanto dall’amore, a volte mi domando se, pur non toccando affatto il matrimonio tradizionale, non sia il caso di studiare anche altre formule legali o contratti matrimoniali che consentono soluzioni più articolate adatte alle diverse circostanze del nostro tempo.
«Corriere della Sera» del 16 febbraio 2010

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