di Ilaria Ramelli
Nel romanzo di Apuleio Le Metamorfosi, di cui parliamo in questo spazio ormai da qualche settimana, la moglie del mugnaio – concentrato di accuse anticristiane – è infine accusata di ricorso alla magia. Anche questa era un’accusa viva contro i cristiani all’epoca, come è attestato soprattutto da Svetonio, che definisce il cristianesimo superstitio malefica, da Giustino, che difende i cristiani da questa accusa e osserva che essa era già diretta contro Cristo, e da Celso, che ascrive la magia sia a Gesù sia ai cristiani. Oltre a molti altri testimoni di tale accusa anticristiana, molto significativo per l’ambientazione africana nel II secolo (come quella apuleiana) è l’Ad uxorem di Tertulliano (2,4,5). Si tratta di una delle accuse che circolavano già contro i Giudei, e poi passarono ai cristiani. In Celso questa imputazione anticristiana non viene solo dai pagani, ma dal giudeo introdotto dal polemista nella sua opera.
Testi rabbinici confermano infatti l’accusa di magia contro Gesù. La coincidenza tra le accuse alla moglie del mugnaio in Apuleio e quelle che erano diffuse contro i cristiani all’epoca indicano che Apuleio volle presentare la parodia di una donna cristiana. Anche il ritratto negativo di Emiliano nella sua Apologia o De magia (56) sembra rivelare allusioni al cristianesimo. Egli è accusato di ateismo, tanto da essere soprannominato «Mezenzio», in quanto non venerava le divinità tradizionali, non frequentava templi né offriva sacrifici.
Non mostrava simboli sacri nella sua casa o proprietà e considerava l’adoratio degli dèi come un nefas (cosa «nefasta», ovvero empia o illecita). Lo stesso comportamento è detto caratteristico di alcuni altri, che possono essere stati cristiani anch’essi. L’accusa di ateismo – dicevo – era tipicamente anticristiana, attestata già nel I secolo sotto Domiziano (e forse già sotto Nerone con l’editto di Nazareth) e nel II secolo da Giustino, che la confuta. Ancora nel II secolo sia i cristiani sia gli epicurei erano accusati di essere atei, come attesta Luciano, anche se gli epicurei non negavano l’esistenza degli dèi e non professavano una superstitio illicita.
Questi «atei» erano ritenuti responsabili della rottura della pax deorum.
Ciò emerge anche dalle accuse di autori pagani come Elio Aristide e dalle risposte degli apologisti, specie Tertulliano, che confuta l’accusa e la ritorce contro i pagani. Inoltre, Emiliano è soprannominato «Caronte» per la diritas del suo volto e del suo animo. Ora, mi sembra notevole che l’accusa di tristitia, nell’espressione del volto e nell’animo, era una tipica accusa anticristiana dalla seconda metà del I secolo in poi, come ho dimostrato su Invigilata Lucernis nel 2001. Emiliano è anche lucifugus, altra accusa anticristiana attestata da Minucio Felice. Apuleio dice che Emiliano era più contento di sentire l’altro suo soprannome derivato dal disprezzo per gli dèi: un cristiano sarebbe stato felice di sentirsi ricordare il suo disprezzo per gli dèi pagani. In Apologia 90 è anche possibile che il nome di Gesù fosse citato tra quello di alcuni maghi, accanto a Moses e Iohannes. Mosé era spesso descritto come un mago; i giudei stessi erano accusati di magia dai pagani, come è ampiamente attestato. In Plinio, come in Apuleio, Mosé è citato insieme a Ianne, che altre fonti associano a Iambre. Mosé, Ianne e Iambre sono citati nella seconda lettera a Timoteo (3,8) e in Numenio, come Apuleio un medioplatonico che conosceva la Bibbia. Apuleio citava forse Gesù accanto a Mosè e Ianne. Al sentire questi nomi, il suo pubblico incominciò a strepitare. Egli dice anche di aver letto libri su questi «maghi» in biblioteche pubbliche. Aveva accesso anche a testi biblici? Già nella prima età imperiale la conoscenza della Bibbia è attestata tra i pagani (l’autore del Sublime, Numenio, Celso, Porfirio ... ma forse già Petronio e Caritone).
Testi rabbinici confermano infatti l’accusa di magia contro Gesù. La coincidenza tra le accuse alla moglie del mugnaio in Apuleio e quelle che erano diffuse contro i cristiani all’epoca indicano che Apuleio volle presentare la parodia di una donna cristiana. Anche il ritratto negativo di Emiliano nella sua Apologia o De magia (56) sembra rivelare allusioni al cristianesimo. Egli è accusato di ateismo, tanto da essere soprannominato «Mezenzio», in quanto non venerava le divinità tradizionali, non frequentava templi né offriva sacrifici.
Non mostrava simboli sacri nella sua casa o proprietà e considerava l’adoratio degli dèi come un nefas (cosa «nefasta», ovvero empia o illecita). Lo stesso comportamento è detto caratteristico di alcuni altri, che possono essere stati cristiani anch’essi. L’accusa di ateismo – dicevo – era tipicamente anticristiana, attestata già nel I secolo sotto Domiziano (e forse già sotto Nerone con l’editto di Nazareth) e nel II secolo da Giustino, che la confuta. Ancora nel II secolo sia i cristiani sia gli epicurei erano accusati di essere atei, come attesta Luciano, anche se gli epicurei non negavano l’esistenza degli dèi e non professavano una superstitio illicita.
Questi «atei» erano ritenuti responsabili della rottura della pax deorum.
Ciò emerge anche dalle accuse di autori pagani come Elio Aristide e dalle risposte degli apologisti, specie Tertulliano, che confuta l’accusa e la ritorce contro i pagani. Inoltre, Emiliano è soprannominato «Caronte» per la diritas del suo volto e del suo animo. Ora, mi sembra notevole che l’accusa di tristitia, nell’espressione del volto e nell’animo, era una tipica accusa anticristiana dalla seconda metà del I secolo in poi, come ho dimostrato su Invigilata Lucernis nel 2001. Emiliano è anche lucifugus, altra accusa anticristiana attestata da Minucio Felice. Apuleio dice che Emiliano era più contento di sentire l’altro suo soprannome derivato dal disprezzo per gli dèi: un cristiano sarebbe stato felice di sentirsi ricordare il suo disprezzo per gli dèi pagani. In Apologia 90 è anche possibile che il nome di Gesù fosse citato tra quello di alcuni maghi, accanto a Moses e Iohannes. Mosé era spesso descritto come un mago; i giudei stessi erano accusati di magia dai pagani, come è ampiamente attestato. In Plinio, come in Apuleio, Mosé è citato insieme a Ianne, che altre fonti associano a Iambre. Mosé, Ianne e Iambre sono citati nella seconda lettera a Timoteo (3,8) e in Numenio, come Apuleio un medioplatonico che conosceva la Bibbia. Apuleio citava forse Gesù accanto a Mosè e Ianne. Al sentire questi nomi, il suo pubblico incominciò a strepitare. Egli dice anche di aver letto libri su questi «maghi» in biblioteche pubbliche. Aveva accesso anche a testi biblici? Già nella prima età imperiale la conoscenza della Bibbia è attestata tra i pagani (l’autore del Sublime, Numenio, Celso, Porfirio ... ma forse già Petronio e Caritone).
«Avvenire» del 23 febbraio 2010
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