di Salvo Mazzolini
Per i tedeschi Mein Kampf, il manifesto del nazionalsocialismo scritto da Hitler nel 1924, è un libro fantasma. Viene continuamente citato nei dibattiti e negli studi sul Terzo Reich ma la sua pubblicazione è rigorosamente vietata, nessun editore lo può stampare, nessun libraio lo può mettere in vendita ed è introvabile persino nelle biblioteche. Ma la messa all’indice, che dura dal ’45, sta per finire. Di certo Mein Kampf tornerà a circolare liberamente nel 2015 quando, passati i 70 anni dalla morte di Hitler, il land della Baviera, che ne detiene i diritti d’autore, non potrà più esercitare il suo potere di veto. Molto probabilmente però la sua pubblicazione avverrà prima di quella data, con un’edizione critica curata dall’Istituto di storia contemporanea di Monaco che ha chiesto alle autorità bavaresi il permesso di anticipare i tempi per motivi di opportunità politica.
Ciò che è certo per il momento è che la materializzazione del libro fantasma sta suscitando in Germania un dibattito che occupa le prime pagine dei giornali. Alcuni vorrebbero addirittura una legge speciale che vieti per altri decenni la ristampa di Mein Kampf nel timore che diventi uno strumento di propaganda neonazista, come del resto lo fu in passato. Ma c’è anche chi ritiene che proprio quel testo possa aiutare le nuove generazioni a capire meglio gli orrori del Terzo Reich. Ben venga quindi un’edizione commentata da autorevoli storici, come sostiene l’Istituto di Monaco, per guidare la lettura di chi non ha memoria diretta di cosa fu la tragedia nazista.
Una storia movimentata quella di Mein Kampf. Hitler lo scrisse quando era nel carcere di Landsberg per scontare i cinque anni di detenzione inflittigli per il putsch di Monaco del 1922. La leggenda vuole che lui lo dettasse e a scriverlo materialmente fosse il suo compagno di cella Rudolf Hess, il futuro vice Führer. Oltre mille pagine in cui c’è l’annuncio di tutto ciò che sarebbe avvenuto nei tredici anni di dittatura: il pangermanismo delirante e aggressivo, l’intolleranza per le garanzie costituzionali, l’odio per gli ebrei, il disprezzo verso le razze ritenute inferiori.
Durante il nazismo la lettura di Mein Kampf era obbligatoria nelle scuole e il libro veniva regalato agli sposi come dono di nozze. Ne furono vendute oltre dieci milioni di copie. Nel ’45 quando gli americani occuparono la Baviera spettò a loro decidere cosa fare dei diritti d’autore poiché Hitler aveva mantenuto la sua residenza a Monaco. Li cedettero al governo bavarese che, con il consenso generale, stabilì che quel libro doveva sparire dalla Germania. Ma nel 2015, come si è detto, il potere di veto decadrà. E allora? Allora molti vorrebbero che il grande pubblico fosse preparato per quella data che certamente vedrà un lancio editoriale in grande stile. Di qui l’idea dell’Istituto di Monaco di far uscire un’edizione critica prima del 2015 (se avrà il permesso del governo della Baviera che per il momento è contrario). «Mein Kampf - ha detto un portavoce - è talmente delirante che si commenta da solo». Una spiegazione sbrigativa ma non del tutto infondata.
Ciò che è certo per il momento è che la materializzazione del libro fantasma sta suscitando in Germania un dibattito che occupa le prime pagine dei giornali. Alcuni vorrebbero addirittura una legge speciale che vieti per altri decenni la ristampa di Mein Kampf nel timore che diventi uno strumento di propaganda neonazista, come del resto lo fu in passato. Ma c’è anche chi ritiene che proprio quel testo possa aiutare le nuove generazioni a capire meglio gli orrori del Terzo Reich. Ben venga quindi un’edizione commentata da autorevoli storici, come sostiene l’Istituto di Monaco, per guidare la lettura di chi non ha memoria diretta di cosa fu la tragedia nazista.
Una storia movimentata quella di Mein Kampf. Hitler lo scrisse quando era nel carcere di Landsberg per scontare i cinque anni di detenzione inflittigli per il putsch di Monaco del 1922. La leggenda vuole che lui lo dettasse e a scriverlo materialmente fosse il suo compagno di cella Rudolf Hess, il futuro vice Führer. Oltre mille pagine in cui c’è l’annuncio di tutto ciò che sarebbe avvenuto nei tredici anni di dittatura: il pangermanismo delirante e aggressivo, l’intolleranza per le garanzie costituzionali, l’odio per gli ebrei, il disprezzo verso le razze ritenute inferiori.
Durante il nazismo la lettura di Mein Kampf era obbligatoria nelle scuole e il libro veniva regalato agli sposi come dono di nozze. Ne furono vendute oltre dieci milioni di copie. Nel ’45 quando gli americani occuparono la Baviera spettò a loro decidere cosa fare dei diritti d’autore poiché Hitler aveva mantenuto la sua residenza a Monaco. Li cedettero al governo bavarese che, con il consenso generale, stabilì che quel libro doveva sparire dalla Germania. Ma nel 2015, come si è detto, il potere di veto decadrà. E allora? Allora molti vorrebbero che il grande pubblico fosse preparato per quella data che certamente vedrà un lancio editoriale in grande stile. Di qui l’idea dell’Istituto di Monaco di far uscire un’edizione critica prima del 2015 (se avrà il permesso del governo della Baviera che per il momento è contrario). «Mein Kampf - ha detto un portavoce - è talmente delirante che si commenta da solo». Una spiegazione sbrigativa ma non del tutto infondata.
«Il Giornale» del 4 febbraio 2010
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