Dopo 8 anni l'Enciclopedia volta pagina
di Mattia Feltri
La versione tedesca si affida a un comitato di esperti contro gli errori. Ma i fans insorgono: «Così finisce l'utopia del sapere democratico»
Wikipedia - ma sono in pochi a non saperlo - è un’enciclopedia on line, collaborativa e gratuita. Significa che la si può consultare in internet e che chiunque può contribuire alla compilazione - arricchendo le voci esistenti o creandone di nuove - senza presentare credenziali: basta connettersi e mettersi al lavoro. Come non si paga per leggerla, così non si viene pagati per scriverla. Il volontariato e la passione sono la potenza della Rete. Oggi, otto anni dopo la nascita, Wikipedia esiste in duecentocinquanta lingue: la fonte è la medesima Wikipedia alla voce «Wikipedia»: «All’inizio di aprile 2008, Wikipedia contiene in totale più di 12 milioni di voci, 34 milioni di pagine (modificate 470 milioni di volte) e 11 milioni di utenti registrati».
Ogni giorno vengono contati 60 milioni di accessi. I pregi sono innumerevoli. Anzitutto la velocità: domenica, mezz’ora dopo la fine del Gran Premio di Formula Uno, la voce dedicata al vincitore Kimi Raikkonen era già stata aggiornata. Ormai, dunque, tutti scorrono Wikipedia benché in pochi la citino. Un po’ perché viene usata per verificare dati oggettivi (in che anno è nato Soren Kierkegaard?), un po’ perché ci si vergogna a indicarla come fonte. E qui c’è il punto centrale della questione. Wikipedia si autodefinisce «enciclopedia libera» perché «non c’è un comitato di redazione né alcun controllo preventivo sul materiale inviato».
E’ libera, dunque, perché non essendoci controllo non esiste il rischio di censura; non essendoci editore, non ci sono interessi economici o accademici da soddisfare. Gli errori saranno corretti dagli altri partecipanti. E dunque la prima controindicazione è l’anarchia: la voce di Alessandro Del Piero è lunga il doppio di quella di Giacomo Leopardi. La portata scientifica dell’opera è discutibile e, infatti, se si vuole sapere chi sono i macchiaioli più celebri Wikipedia va benissimo, se si vogliono approfondirne le ragioni estetiche uno si sente più rassicurato dalla compulsazione dell’«Argan».
Il cronista, più o meno tre anni fa, trovò la voce «giacobinismo» fotocopiata dalla Garzantina, e un amico gli ha segnalato che alcune località riportavano notizie copiate da agenzie di viaggio. «L’Espresso» inserì la voce sul poeta Carlo Zamolli - inesistente - per dimostrare la fragilità dell’impresa. Ma i guai arrivano per le biografie dei viventi: non molti mesi fa l’ex sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, minacciò Wikipedia di querela e i compilatori rimasero di sasso: Wikipedia non è querelabile, la responsabilità degli scritti è degli autori, ma soprattutto l’enciclopedia ha un altro spirito, e cioè gli errori non si querelano, si correggono, anche se offensivi: a nessuno è negato l’accesso.
E tutti possono controllare - correzione dopo correzione - come una voce è evoluta negli anni. E però - la notizia è già girata - i coordinatori dell’edizione in lingua tedesca hanno deciso di dotarsi di un gruppo di esperti incaricati di controlli a priori, anziché a posteriori. Presto la novità sarà estesa alla versione in lingua inglese, e non tutti sono contenti. Nei gruppi di discussione si parla di tradimento: «Da collaborativa a classista». Cioè: ci saranno wikipediani di serie A e wikipediani di serie B. E’ il crollo di un’impalcatura, di un sogno o di un’utopia: l’ecinclopedia libera limita la sua libertà.
Wikipedia ha fallito o ha semplicemente preso atto di essere diventata grande? «La libertà è difficile. Contrariamente a quel che pensa la maggior parte della gente, essa è piuttosto un dovere che non un diritto (...) è il risultato d’un lungo cammino, bisogna guadagnarsela, conquistarsela, accettare perfino di limitarla, di ridisegnarne continuamente i confini, di rimetterla incessantemente in discussione». Così cominciava un saggio di Franco Cardini («La fatica della libertà», Fazi editore, 2006), ordinario di Storia medievale all’Università di Firenze. Quel saggio, applicato a Wikipedia, suggerisce oggi a Cardini che «la libertà è distruttiva se non è accompagnata dalla consapevolezza».
E Gianpiero Lotito, già docente di Editoria multimediale alla Statale di Milano e autore di «Emigranti digitali» (Bruno Mondadori editore, prefatto da un guru come Peter Sondergaard), osserva: «Per Wikipedia si tratta di una presa di coscienza, di un atto di maturità: il controllo editoriale non impedisce a nessuno di partecipare. Qui c’è un vantaggio enorme: nessuno, come succedeva in passato, deve conquistarsi uno spazio. Lo spazio c’è già. E chi rifiuta il controllo non ne capisce il valore, a meno che non voglia dire censura, ma questo va da sé... Io non credo che l’assenza di controllo garantisca la libertà, ma piuttosto che porti all’arbitrio».
E’ lo stesso giudizio di Cardini: «Io consulto Wikipedia, mi piace, ma l’esercizio indiscriminato della libertà porta dritto, io temo, alla libertà della cazzata. Forse si sono accorti che volendo fare l’enciclopedia libera avevano aperto gli spazi alla libertà della corruzione: liberi tutti di prendere parte, liberi tutti di corrompere». Ed è qui che Lotito pone un ulteriore problema, e serio: «Si vadano a vedere le voci di Wikipedia. Si può vedere chi le ha scritte, chi le ha arricchite, chi le ha corrette. Ma mi riesce difficile capire che competenza c’è dietro il lavoro di un amministratore che si chiama Biopresto. Magari è un esperto, ma come faccio a saperlo?». E cioè, tranne rarissimi casi non si firmano con nome e cognome, ma con un nickname. «La libertà senza trasparenza - aggiunge Lotito - è una cosa curiosa. Io devo sapere se la biografia di Bartali l’ha scritta un tifoso di Coppi. La libertà di Wikipedia deve coincidere con la libertà di chi la legge. E forse siamo sulla buona strada».
Ogni giorno vengono contati 60 milioni di accessi. I pregi sono innumerevoli. Anzitutto la velocità: domenica, mezz’ora dopo la fine del Gran Premio di Formula Uno, la voce dedicata al vincitore Kimi Raikkonen era già stata aggiornata. Ormai, dunque, tutti scorrono Wikipedia benché in pochi la citino. Un po’ perché viene usata per verificare dati oggettivi (in che anno è nato Soren Kierkegaard?), un po’ perché ci si vergogna a indicarla come fonte. E qui c’è il punto centrale della questione. Wikipedia si autodefinisce «enciclopedia libera» perché «non c’è un comitato di redazione né alcun controllo preventivo sul materiale inviato».
E’ libera, dunque, perché non essendoci controllo non esiste il rischio di censura; non essendoci editore, non ci sono interessi economici o accademici da soddisfare. Gli errori saranno corretti dagli altri partecipanti. E dunque la prima controindicazione è l’anarchia: la voce di Alessandro Del Piero è lunga il doppio di quella di Giacomo Leopardi. La portata scientifica dell’opera è discutibile e, infatti, se si vuole sapere chi sono i macchiaioli più celebri Wikipedia va benissimo, se si vogliono approfondirne le ragioni estetiche uno si sente più rassicurato dalla compulsazione dell’«Argan».
Il cronista, più o meno tre anni fa, trovò la voce «giacobinismo» fotocopiata dalla Garzantina, e un amico gli ha segnalato che alcune località riportavano notizie copiate da agenzie di viaggio. «L’Espresso» inserì la voce sul poeta Carlo Zamolli - inesistente - per dimostrare la fragilità dell’impresa. Ma i guai arrivano per le biografie dei viventi: non molti mesi fa l’ex sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, minacciò Wikipedia di querela e i compilatori rimasero di sasso: Wikipedia non è querelabile, la responsabilità degli scritti è degli autori, ma soprattutto l’enciclopedia ha un altro spirito, e cioè gli errori non si querelano, si correggono, anche se offensivi: a nessuno è negato l’accesso.
E tutti possono controllare - correzione dopo correzione - come una voce è evoluta negli anni. E però - la notizia è già girata - i coordinatori dell’edizione in lingua tedesca hanno deciso di dotarsi di un gruppo di esperti incaricati di controlli a priori, anziché a posteriori. Presto la novità sarà estesa alla versione in lingua inglese, e non tutti sono contenti. Nei gruppi di discussione si parla di tradimento: «Da collaborativa a classista». Cioè: ci saranno wikipediani di serie A e wikipediani di serie B. E’ il crollo di un’impalcatura, di un sogno o di un’utopia: l’ecinclopedia libera limita la sua libertà.
Wikipedia ha fallito o ha semplicemente preso atto di essere diventata grande? «La libertà è difficile. Contrariamente a quel che pensa la maggior parte della gente, essa è piuttosto un dovere che non un diritto (...) è il risultato d’un lungo cammino, bisogna guadagnarsela, conquistarsela, accettare perfino di limitarla, di ridisegnarne continuamente i confini, di rimetterla incessantemente in discussione». Così cominciava un saggio di Franco Cardini («La fatica della libertà», Fazi editore, 2006), ordinario di Storia medievale all’Università di Firenze. Quel saggio, applicato a Wikipedia, suggerisce oggi a Cardini che «la libertà è distruttiva se non è accompagnata dalla consapevolezza».
E Gianpiero Lotito, già docente di Editoria multimediale alla Statale di Milano e autore di «Emigranti digitali» (Bruno Mondadori editore, prefatto da un guru come Peter Sondergaard), osserva: «Per Wikipedia si tratta di una presa di coscienza, di un atto di maturità: il controllo editoriale non impedisce a nessuno di partecipare. Qui c’è un vantaggio enorme: nessuno, come succedeva in passato, deve conquistarsi uno spazio. Lo spazio c’è già. E chi rifiuta il controllo non ne capisce il valore, a meno che non voglia dire censura, ma questo va da sé... Io non credo che l’assenza di controllo garantisca la libertà, ma piuttosto che porti all’arbitrio».
E’ lo stesso giudizio di Cardini: «Io consulto Wikipedia, mi piace, ma l’esercizio indiscriminato della libertà porta dritto, io temo, alla libertà della cazzata. Forse si sono accorti che volendo fare l’enciclopedia libera avevano aperto gli spazi alla libertà della corruzione: liberi tutti di prendere parte, liberi tutti di corrompere». Ed è qui che Lotito pone un ulteriore problema, e serio: «Si vadano a vedere le voci di Wikipedia. Si può vedere chi le ha scritte, chi le ha arricchite, chi le ha corrette. Ma mi riesce difficile capire che competenza c’è dietro il lavoro di un amministratore che si chiama Biopresto. Magari è un esperto, ma come faccio a saperlo?». E cioè, tranne rarissimi casi non si firmano con nome e cognome, ma con un nickname. «La libertà senza trasparenza - aggiunge Lotito - è una cosa curiosa. Io devo sapere se la biografia di Bartali l’ha scritta un tifoso di Coppi. La libertà di Wikipedia deve coincidere con la libertà di chi la legge. E forse siamo sulla buona strada».
«La Stampa» del 6 settembre 2009
Nessun commento:
Posta un commento