Altro che “secoli bui”: donne a capo di conventi maschili, maggior età a 14 anni, predicatori di crociate che leggono il Corano. Ecco il Medioevo di Régine Pernoud, la storica francese già direttrice degli archivi nazionali di Parigi i cui libri hanno tirature da bestseller.
di Stefano M. Paci
Voleva diventare bibliotecaria e si e iscritta alla scuola di Chartres. Lì, ha alzato gli occhi e ha incontrato il Medioevo. Non è più diventata bibliotecaria ma direttrice del Museo della Storia di Francia. Dirige attualmente il Centro Giovanna d’Arco a Orleans. Quando non ê intenta alla stesura dei suoi volumi con i quali ha dato una nuova fisionomia al Medioevo, tiene conferenze in giro per il mondo. Affollatissime, e non solo da specialisti. I suoi libri hanno tirature da bestsellers. Strano, per una studiosa. Ma lei è Régine Pernoud.
È stata amica di Henry Matisse («Ci incontravamo spesso negli ultimi dieci anni della sua vita. L’ho visto dipingere la cappella di Vence. Era straordinariamente attratto dal sacro»). Lo è del cardinale Lustiger («Un uomo eccezionale. I giovani se ne accorgono. Lo chiamano familiarmente ‘Lu’. Peccato che sia forse troppo solo nella Chiesa di Francia»). Lo è del padre De Lubac («Penso che sarebbero sufficienti la Bibbia e i suoi libri. Ma forse è meglio non scriverlo»).
Nel suo cuore pare trovar eco, con intelligente curiosità, tutto ciò che rispetta l’uomo. Innanzitutto il Medioevo, la grande passione della sua vita.
Quando parla del Medioevo si infervora. «Anch’io da giovane ero convinta fosse un periodo di ignoranza e sottosviluppo. Per forza. I libri di storia lo liquidano in poche pagine. Noi non sopporteremmo una contabilità che trascuri mille pagine dal registro di bilancio, ma non ci stupiamo di presuntuosi bilanci storici che dimenticano un millennio. Anche studiosi cattolici parlano della Chiesa come se iniziasse nel XVI secolo. Jean Delumeau, nel suo Le christianisme il va à mourir, traccia una sintesi storica che tralascia completamente il Medioevo. Curiosamente, il rinnovamento attuate degli studi medievali viene dagli americani: hanno una visione più completa. Gli europei sono più attenti alle questioni che riguardano l’arte che non al dinamismo dimostrato dalla tecnica nell’XI e XII secolo. Ma questi aspetti sono fondamentali per comprendere le dinamica di una società così complessa». Complessa? Quotidianamente ascoltiamo riflessioni come ‘non siamo più nel Medioevo’ o ‘c’è un ritorno al Medioevo’. «Qualcuno si sorprenderà — aggiunge ironicamente — sapendo che per ben due volte in assise internazionali (a Parigi nel 1974 in sede dell’Ocse e a Dakar nel 1980) ci si è rivolti a medievalisti perché studiassero soluzioni tecniche per l’agricoltura del Terzo Mondo.
Un medievalista ha persino intitolato un suo libro La rivoluzione industriale del Medioevo: una rivoluzione operata senza rinchiudere i bambini nelle fabbriche perché lavorassero per un salario di fame».
Purtroppo per molti il Medioevo è materia privilegiata: si può dire tutto ciò che si vuole nella quasi certezza di non essere smentiti. «È vero: mai nessuno parla della libertà e dell’autonomia che allora veniva data ai giovani — la maggior età per i ragazzi era a 14 anni e per le ragazze a 12 —; o della quantità di manoscritti di medicina e di scienze naturali usciti dai monasteri; o dell’ordine di Fontevrault che aveva due monasteri, uno per uomini e uno per donne, e tra i due si ergeva una chiesa, unico luogo di incontro per monache e monaci. E questo doppio monastero fu posto sotto l’autorità non di un abate, ma di una badessa. Quest’ultima, per volontà del fondatore, doveva essere una vedova, cioè una donna che avesse fatto un’esperienza matrimoniale. Tutto ciò senza provocare nessuno scandalo nella Chiesa. Ebbe anzi un grande successo: venti anni dopo la fondazione, quest’ordine era costituito da 5 mila fra monaci e monache. E, per completare il quadro, aggiungiamo che la prima badessa, Petronilla di Chemillé, aveva allora ventidue anni».
Donne a capo di comunità maschili. Eppure, le lotte di un certo femminismo erano per non ricondurre le donne all’epoca medievale in cui erano vessate e trattate come schiave. E la Chiesa poi, così ostile alle donne. Fortuna che il Concilio di Trento ha loro concesso di possedere l’anima.
«Quante sciocchezze. Eppure ho sentito anche una nota scrittrice sostenere che la Chiesa ha dato l’anima alle donne solo nel XV secolo. E così si sarebbero battezzati, confessati, ammessi all’eucarestia degli esseri sprovvisti di anima! In tal caso, perché non degli animali? Strano che i primi martiri che sono stati onorati come santi siano donne e non uomini: Sant’Agnese, Santa Cecilia, Sant’Agata e tanti altri. Non è sorprendente che ai tempi feudali la regina venisse incoronata come il re, a Reims generalmente (ma a volte anche in altre cattedrali) eppure sempre dalle mani dell’arcivescovo di Reims? In altre parole, si attribuiva all’incoronazione della regina altrettanto valore che a quella del re. Eleonora d’Aquitania e Bianca di Castiglia hanno dominato il loro tempo, e potevano esercitare un potere incontestato non solo qualora il re fosse deceduto, ma anche nel caso fosse assente o malato. Nel Medioevo, anche donne non provenienti da famiglie nobili hanno goduto nella Chiesa, e attraverso la loro funzione in essa, di un potere straordinario. Alcune badesse agivano come autentici signori feudali e il loro potere era rispettato al pari di quello degli altri signori; alcune donne indossavano la croce come i vescovi; sovente amministravano vasti territori che includevano villaggi e parrocchie. Ciò significa che nella stessa vita laica alcune donne, per le loro funzioni religiose, esercitavano un potere che oggi molti uomini potrebbero invidiare».
Sorprende venire a sapere che l’enciclopedia più nota del XII secolo è opera di una religiosa, la badessa Herrada di Landsberg. E che, se Eloisa leggeva in greco e latino, un’altra religiosa, Gertrude di Hefta, era felice nel XIII secolo, di passare dal grado di ‘grammatica’ a quello di ‘teologa’, vale a dire che dopo aver percorso il ciclo di studi preparatori, si apprestava a passare al ciclo superiore come si faceva all’università. Ma le donne che non erano né alte dame né badesse, né tantomeno monache, bensì contadine, o madri di famiglia, o che esercitavano un mestiere?
«Dai documenti che abbiamo — risponde la studiosa — emerge un quadro sorprendente. Le donne votavano come gli uomini nelle assemblee cittadine e in quelle dei comuni rurali.
«Negli atti notarili, inoltre, è molto frequente trovare donne sposate che agiscono per conto proprio, potendo possedere ed amministrare i loro beni, per esempio avviando un negozio o un commercio. Gli atti delle inchieste amministrative ordinate da San Luigi tra il popolo minuto iniziativa senza precedenti e, del resto, senza seguito, ci mostrano una folla di donne esercitanti i più vari mestieri: maestra di scuola, medico, farmacista, gessaiuola, tingitrice, copista, miniaturista, rilegatrice…».
Chissà se coloro che in buona fede auspicano che la donna finalmente esca dal Medioevo si accorgono di desiderare che la donna possa ritrovare la dignità che ebbe al tempo della regina Eleonora e della regina Bianca? La Régine del Medioevo non risparmia neanche gli orrori dell’Inquisizione medievale alla sua passionata rivalutazione.
«Ciò che rende diversa – riprende Madame Pernoud – un’epoca dall’altra è la differente scala di valori che ne permea la mentalità. In storia è elementare tenerne conto, ossia rispettarla. Altrimenti lo storico si trasforma in giudice.
Sotto tanti aspetti l’Inquisizione fu la reazione difensiva d’una società per cui, a torto o a ragione, la preservazione della fede appariva non meno importante della preservazione della salute fisica ai nostri giorni.
«Di qui la generale riprovazione che l’eresia a quel tempo suscitava: l’eresia rompeva un accordo profondo cui aderiva l’intera società; e tale rottura appariva estremamente grave. In realtà, per il credente e la maggioranza del Medioevo, la Chiesa è perfettamente nel suo diritto quando esercita un potere di giurisdizione, in quanto depositaria e custode della fede. Ed è generale l’accettazione di sanzioni quali la scomunica, l’interdetto, che era una specie di scomunica generale. In un intero territorio per costringere all’obbedienza chi ne era responsabile, veniva sospesa ogni cerimonia religiosa: le campane cessavano di suonare, i sacramenti non venivano più amministrati e tutto questo rendeva la vita letteralmente intollerabile per le popolazioni. Ma di fronte all’eresia catara, che poggiava su un intollerabile dualismo tra un universo materiale, creato da un dio malvagio, e le anime, create da un dio buono, e che si spinge fino a vedere nel suicidio la perfezione suprema, nel 1231 si ricorse all’Inquisizione. Quando fu decisa pareva accettabile come mezzo di difesa, ma, come tutte le soluzioni facili, non era affatto una soluzione. Qui si coglie un esempio lampante dell’ambiguità della storia, in cui contrariamente alla immagine che se ne dà così sovente, è davvero difficile distinguere buoni e cattivi. L’Inquisizione stessa non era priva di un lato positivo nel concreto della vita pratica. Essa sostituiva la procedura d’inchiesta alla procedura d’accusa. Ma soprattutto in un’epoca in cui il popolino non è affatto disposto a scherzare con l’eretico, introduceva una giustizia regolare. In precedenza, non di rado era stata una giustizia laica, addirittura uno scatenamento di popolo, ad infliggere agli eretici le pene peggiori. Contrariamente a ciò che abitualmente si pensa, la Spagna rifiutò l’Inquisizione. Re Ferdinando III, cugino di San Luigi, re di Francia, nel XIII secolo dichiarò: ‘Nel mio regno non vi sono eretici. Io sono il re di tre religioni: la cristiana, l’ebraica e la musulmana’. Queste parole sono scritte in 4 lingue sulla sua tomba e la Chiesa cattolica lo ha proclamato santo. Con tutto ciò resta il fatto che per noi l’istituzione dell’Inquisizione è l’aspetto più inquietante di tutta la storia del Medioevo. Sono stata motto contenta che il Concilio Vaticano II abbia riconosciuto che l’Inquisizione era un facile ricorso al potere temporale per un fine spirituale e che se nel XIII secolo aveva ancora l’aspetto di vigilanza sui cristiani, è nel XV e XVI secolo che se ne abusa, servendosene a fini politici contro ebrei e mori».
Il Rinascimento è la decadenza: non fu il suo amico Matisse a dirlo?
«Proprio lui — La Chiesa medievale era realmente penetrata dal Vangelo. Non era più così nel XVII secolo. Basti vedere il diverso approccio all’evangelizzazione. La Chiesa del V e VI secolo aveva saputo ‘passare ai barbari’ e, dopo che l’abate di Cluny nel 1141 fece tradurre il Talmud e il Corano, fu fatto obbligo a tutti i predicatori di crociate di leggere il Corano. L’evangelizzazione dell’America del Sud, invece, fu fondata sul principio che i selvaggi dovessero prima diventare uomini e poi cristiani, che fosse necessario prima inculcare loro l’umanesimo, poi il cristianesimo. Ma la sola, vera liberazione è il Vangelo, che poi crea l’umanesimo e le altre forme di civilizzazione. Oggi quel principio pare ridicolo. Ma c’è qualcuno che nuovamente afferma ‘prima di fare dei cristiani, bisogna fare dell’uomo un essere libero’, come se il Vangelo non fosse la fonte della liberazione».
Non saranno costoro un po’ troppo simili a quegli intellettuali che passando davanti a Notre Dame — come racconta Regine Pernoud in un suo libro — si recavano ad un convegno dal titolo: ‘Era il Medioevo civilizzato?’. Sorride. «Si potrebbe creare uno slogan: Medioevo: l’unico periodo di sottosviluppo che ha creato cattedrali. Troppo spesso la storia la fanno intellettuali che tentano di farla entrare nello schema già preparato nel loro piccolo cervello».
Madame Pernoud, fuori i nomi. «Le responsabilità sono varie. Per la Sorbona tra Plotino e Cartesio non c’è nulla. Ma le maggiori vanno imputate agli storici di stampo marxista: essi trattano con disprezzo i dati obiettivi poiché mettono in discussione la loro esistenza di storici. Chi, sulla scia di Marx, contrappone ancora feudalità a borghesia — errore intellettualmente necessario se si vuol mantenere ad ogni costo lo schema signori-borghesi-proletari — usa un metodo storico superato da almeno 50 anni. Il materialismo storico legge la storia in funzione del progresso: o si nega che il Medioevo fosse un’epoca di progresso o si nega il marxismo. L’errore capitale del nostro tempo è credere che la storia si faccia nei nostri cervellini, che la si possa costruire su ordinazione».
È stata amica di Henry Matisse («Ci incontravamo spesso negli ultimi dieci anni della sua vita. L’ho visto dipingere la cappella di Vence. Era straordinariamente attratto dal sacro»). Lo è del cardinale Lustiger («Un uomo eccezionale. I giovani se ne accorgono. Lo chiamano familiarmente ‘Lu’. Peccato che sia forse troppo solo nella Chiesa di Francia»). Lo è del padre De Lubac («Penso che sarebbero sufficienti la Bibbia e i suoi libri. Ma forse è meglio non scriverlo»).
Nel suo cuore pare trovar eco, con intelligente curiosità, tutto ciò che rispetta l’uomo. Innanzitutto il Medioevo, la grande passione della sua vita.
Quando parla del Medioevo si infervora. «Anch’io da giovane ero convinta fosse un periodo di ignoranza e sottosviluppo. Per forza. I libri di storia lo liquidano in poche pagine. Noi non sopporteremmo una contabilità che trascuri mille pagine dal registro di bilancio, ma non ci stupiamo di presuntuosi bilanci storici che dimenticano un millennio. Anche studiosi cattolici parlano della Chiesa come se iniziasse nel XVI secolo. Jean Delumeau, nel suo Le christianisme il va à mourir, traccia una sintesi storica che tralascia completamente il Medioevo. Curiosamente, il rinnovamento attuate degli studi medievali viene dagli americani: hanno una visione più completa. Gli europei sono più attenti alle questioni che riguardano l’arte che non al dinamismo dimostrato dalla tecnica nell’XI e XII secolo. Ma questi aspetti sono fondamentali per comprendere le dinamica di una società così complessa». Complessa? Quotidianamente ascoltiamo riflessioni come ‘non siamo più nel Medioevo’ o ‘c’è un ritorno al Medioevo’. «Qualcuno si sorprenderà — aggiunge ironicamente — sapendo che per ben due volte in assise internazionali (a Parigi nel 1974 in sede dell’Ocse e a Dakar nel 1980) ci si è rivolti a medievalisti perché studiassero soluzioni tecniche per l’agricoltura del Terzo Mondo.
Un medievalista ha persino intitolato un suo libro La rivoluzione industriale del Medioevo: una rivoluzione operata senza rinchiudere i bambini nelle fabbriche perché lavorassero per un salario di fame».
Purtroppo per molti il Medioevo è materia privilegiata: si può dire tutto ciò che si vuole nella quasi certezza di non essere smentiti. «È vero: mai nessuno parla della libertà e dell’autonomia che allora veniva data ai giovani — la maggior età per i ragazzi era a 14 anni e per le ragazze a 12 —; o della quantità di manoscritti di medicina e di scienze naturali usciti dai monasteri; o dell’ordine di Fontevrault che aveva due monasteri, uno per uomini e uno per donne, e tra i due si ergeva una chiesa, unico luogo di incontro per monache e monaci. E questo doppio monastero fu posto sotto l’autorità non di un abate, ma di una badessa. Quest’ultima, per volontà del fondatore, doveva essere una vedova, cioè una donna che avesse fatto un’esperienza matrimoniale. Tutto ciò senza provocare nessuno scandalo nella Chiesa. Ebbe anzi un grande successo: venti anni dopo la fondazione, quest’ordine era costituito da 5 mila fra monaci e monache. E, per completare il quadro, aggiungiamo che la prima badessa, Petronilla di Chemillé, aveva allora ventidue anni».
Donne a capo di comunità maschili. Eppure, le lotte di un certo femminismo erano per non ricondurre le donne all’epoca medievale in cui erano vessate e trattate come schiave. E la Chiesa poi, così ostile alle donne. Fortuna che il Concilio di Trento ha loro concesso di possedere l’anima.
«Quante sciocchezze. Eppure ho sentito anche una nota scrittrice sostenere che la Chiesa ha dato l’anima alle donne solo nel XV secolo. E così si sarebbero battezzati, confessati, ammessi all’eucarestia degli esseri sprovvisti di anima! In tal caso, perché non degli animali? Strano che i primi martiri che sono stati onorati come santi siano donne e non uomini: Sant’Agnese, Santa Cecilia, Sant’Agata e tanti altri. Non è sorprendente che ai tempi feudali la regina venisse incoronata come il re, a Reims generalmente (ma a volte anche in altre cattedrali) eppure sempre dalle mani dell’arcivescovo di Reims? In altre parole, si attribuiva all’incoronazione della regina altrettanto valore che a quella del re. Eleonora d’Aquitania e Bianca di Castiglia hanno dominato il loro tempo, e potevano esercitare un potere incontestato non solo qualora il re fosse deceduto, ma anche nel caso fosse assente o malato. Nel Medioevo, anche donne non provenienti da famiglie nobili hanno goduto nella Chiesa, e attraverso la loro funzione in essa, di un potere straordinario. Alcune badesse agivano come autentici signori feudali e il loro potere era rispettato al pari di quello degli altri signori; alcune donne indossavano la croce come i vescovi; sovente amministravano vasti territori che includevano villaggi e parrocchie. Ciò significa che nella stessa vita laica alcune donne, per le loro funzioni religiose, esercitavano un potere che oggi molti uomini potrebbero invidiare».
Sorprende venire a sapere che l’enciclopedia più nota del XII secolo è opera di una religiosa, la badessa Herrada di Landsberg. E che, se Eloisa leggeva in greco e latino, un’altra religiosa, Gertrude di Hefta, era felice nel XIII secolo, di passare dal grado di ‘grammatica’ a quello di ‘teologa’, vale a dire che dopo aver percorso il ciclo di studi preparatori, si apprestava a passare al ciclo superiore come si faceva all’università. Ma le donne che non erano né alte dame né badesse, né tantomeno monache, bensì contadine, o madri di famiglia, o che esercitavano un mestiere?
«Dai documenti che abbiamo — risponde la studiosa — emerge un quadro sorprendente. Le donne votavano come gli uomini nelle assemblee cittadine e in quelle dei comuni rurali.
«Negli atti notarili, inoltre, è molto frequente trovare donne sposate che agiscono per conto proprio, potendo possedere ed amministrare i loro beni, per esempio avviando un negozio o un commercio. Gli atti delle inchieste amministrative ordinate da San Luigi tra il popolo minuto iniziativa senza precedenti e, del resto, senza seguito, ci mostrano una folla di donne esercitanti i più vari mestieri: maestra di scuola, medico, farmacista, gessaiuola, tingitrice, copista, miniaturista, rilegatrice…».
Chissà se coloro che in buona fede auspicano che la donna finalmente esca dal Medioevo si accorgono di desiderare che la donna possa ritrovare la dignità che ebbe al tempo della regina Eleonora e della regina Bianca? La Régine del Medioevo non risparmia neanche gli orrori dell’Inquisizione medievale alla sua passionata rivalutazione.
«Ciò che rende diversa – riprende Madame Pernoud – un’epoca dall’altra è la differente scala di valori che ne permea la mentalità. In storia è elementare tenerne conto, ossia rispettarla. Altrimenti lo storico si trasforma in giudice.
Sotto tanti aspetti l’Inquisizione fu la reazione difensiva d’una società per cui, a torto o a ragione, la preservazione della fede appariva non meno importante della preservazione della salute fisica ai nostri giorni.
«Di qui la generale riprovazione che l’eresia a quel tempo suscitava: l’eresia rompeva un accordo profondo cui aderiva l’intera società; e tale rottura appariva estremamente grave. In realtà, per il credente e la maggioranza del Medioevo, la Chiesa è perfettamente nel suo diritto quando esercita un potere di giurisdizione, in quanto depositaria e custode della fede. Ed è generale l’accettazione di sanzioni quali la scomunica, l’interdetto, che era una specie di scomunica generale. In un intero territorio per costringere all’obbedienza chi ne era responsabile, veniva sospesa ogni cerimonia religiosa: le campane cessavano di suonare, i sacramenti non venivano più amministrati e tutto questo rendeva la vita letteralmente intollerabile per le popolazioni. Ma di fronte all’eresia catara, che poggiava su un intollerabile dualismo tra un universo materiale, creato da un dio malvagio, e le anime, create da un dio buono, e che si spinge fino a vedere nel suicidio la perfezione suprema, nel 1231 si ricorse all’Inquisizione. Quando fu decisa pareva accettabile come mezzo di difesa, ma, come tutte le soluzioni facili, non era affatto una soluzione. Qui si coglie un esempio lampante dell’ambiguità della storia, in cui contrariamente alla immagine che se ne dà così sovente, è davvero difficile distinguere buoni e cattivi. L’Inquisizione stessa non era priva di un lato positivo nel concreto della vita pratica. Essa sostituiva la procedura d’inchiesta alla procedura d’accusa. Ma soprattutto in un’epoca in cui il popolino non è affatto disposto a scherzare con l’eretico, introduceva una giustizia regolare. In precedenza, non di rado era stata una giustizia laica, addirittura uno scatenamento di popolo, ad infliggere agli eretici le pene peggiori. Contrariamente a ciò che abitualmente si pensa, la Spagna rifiutò l’Inquisizione. Re Ferdinando III, cugino di San Luigi, re di Francia, nel XIII secolo dichiarò: ‘Nel mio regno non vi sono eretici. Io sono il re di tre religioni: la cristiana, l’ebraica e la musulmana’. Queste parole sono scritte in 4 lingue sulla sua tomba e la Chiesa cattolica lo ha proclamato santo. Con tutto ciò resta il fatto che per noi l’istituzione dell’Inquisizione è l’aspetto più inquietante di tutta la storia del Medioevo. Sono stata motto contenta che il Concilio Vaticano II abbia riconosciuto che l’Inquisizione era un facile ricorso al potere temporale per un fine spirituale e che se nel XIII secolo aveva ancora l’aspetto di vigilanza sui cristiani, è nel XV e XVI secolo che se ne abusa, servendosene a fini politici contro ebrei e mori».
Il Rinascimento è la decadenza: non fu il suo amico Matisse a dirlo?
«Proprio lui — La Chiesa medievale era realmente penetrata dal Vangelo. Non era più così nel XVII secolo. Basti vedere il diverso approccio all’evangelizzazione. La Chiesa del V e VI secolo aveva saputo ‘passare ai barbari’ e, dopo che l’abate di Cluny nel 1141 fece tradurre il Talmud e il Corano, fu fatto obbligo a tutti i predicatori di crociate di leggere il Corano. L’evangelizzazione dell’America del Sud, invece, fu fondata sul principio che i selvaggi dovessero prima diventare uomini e poi cristiani, che fosse necessario prima inculcare loro l’umanesimo, poi il cristianesimo. Ma la sola, vera liberazione è il Vangelo, che poi crea l’umanesimo e le altre forme di civilizzazione. Oggi quel principio pare ridicolo. Ma c’è qualcuno che nuovamente afferma ‘prima di fare dei cristiani, bisogna fare dell’uomo un essere libero’, come se il Vangelo non fosse la fonte della liberazione».
Non saranno costoro un po’ troppo simili a quegli intellettuali che passando davanti a Notre Dame — come racconta Regine Pernoud in un suo libro — si recavano ad un convegno dal titolo: ‘Era il Medioevo civilizzato?’. Sorride. «Si potrebbe creare uno slogan: Medioevo: l’unico periodo di sottosviluppo che ha creato cattedrali. Troppo spesso la storia la fanno intellettuali che tentano di farla entrare nello schema già preparato nel loro piccolo cervello».
Madame Pernoud, fuori i nomi. «Le responsabilità sono varie. Per la Sorbona tra Plotino e Cartesio non c’è nulla. Ma le maggiori vanno imputate agli storici di stampo marxista: essi trattano con disprezzo i dati obiettivi poiché mettono in discussione la loro esistenza di storici. Chi, sulla scia di Marx, contrappone ancora feudalità a borghesia — errore intellettualmente necessario se si vuol mantenere ad ogni costo lo schema signori-borghesi-proletari — usa un metodo storico superato da almeno 50 anni. Il materialismo storico legge la storia in funzione del progresso: o si nega che il Medioevo fosse un’epoca di progresso o si nega il marxismo. L’errore capitale del nostro tempo è credere che la storia si faccia nei nostri cervellini, che la si possa costruire su ordinazione».
Dalla rivista «30Giorni», gennaio 1985, pp. 56-59
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