Il no di Facebook al ' commercio'
di Davide Rondoni
Molta amicizia, nessuna amicizia. Siamo l’epoca degli esseri soli. Individuali e individualisti, sempre in rete e sempre un po’ sconnessi. In mondovisione ma slegati. Slacciati. Ci sono dei proverbi molto saggi, che però son messi a dura prova. Ad esempio, siamo tutti disposti a pensare che sia vero: chi trova un amico trova un tesoro. Ma su Facebook no, un amico vale tutt’altro, non arriva a due dollari.
Naturalmente con lo sconto. Se invece di trovarne mille, ne vuoi trovare cinquemila il prezzo cala. Con 177 dollari, infatti, grazie alle cure della company australiana Us Social Leon Hill, potevi acquistare un migliaio di 'amici' su Facebook. Con 564 bigliettoni te ne portavi a casa cinquemila. Ma i 'capi' di Facebook hanno bloccato il mercimonio. Va bene che i social network possono essere – e sono – veicoli pubblicitari e commerciali, ma il cinismo del business dell’azienda australiana ha fatto storcere il naso ai responsabili del sito più cliccato del momento. Così hanno finito per bloccare e cacciar fuori gli intrusi venditori di amici.
L’iniziativa dei commercianti di contatti è paradossale. Vendere 'amici' in giro è squallido. Però accade, e questo paradosso ci interroga.
L’esistenza di un commercio di amici online mette in luce una caratteristica delle reti sociali. Ad esempio, si chiamano 'amici' tutti coloro che hanno relazione e chiesto contatto. Un modo banalotto di ridurre la parola 'amicizia'. C’è da stupirsi se poi qualcuno pensa di farci su un po’ di quattrini? Dove inizia la banalizzazione dell’amicizia: nel fissare un prezzo da parte del furbo commerciante, o nell’impresa di far chiamare amici tutti coloro che si ritrovano intorno al niente o quasi?
Il fatto è che la nostra epoca è malata di 'relazionismo'. Ovvero è malata di solitudine. Ma tanto da pensare che occorre accumulare relazioni su relazioni per vincerla. Un’epoca che allarga a dismisura la parola 'amico' è un’epoca con poca amicizia. La 'commercializzazione' dell’amicizia è solo l’ultimo passaggio, l’estremo anello di una catena di banalizzazioni che imperano tra tv e nuovi media. La solitudine di padri e madri è diventata la rete di amicizie futili dei figli. La rarità dell’amicizia di padri e madri è diventata la mole indistinta e vacua di amicizia dei figli. Perché cosa sia l’amicizia lo si impara sulla propria pelle, e vedendo amici veri. Il bene prezioso dell’amicizia, più prezioso dell’oro, da curare, da coltivare e servire, è stato abbandonato come un campo che sembrava non dare frutti preziosi. Ci siamo dedicati a fronti che promettevano guadagni più rapidi. Più tangibili. Più 'evidenti'. E il campo dell’amicizia è rimasto incolto. Brullo. E ora ci vivono bestie e creature del sottobosco che si sentono i padrone dell’amicizia. Che usano la parola sacra per uomini di ogni tempo con la banalità feroce della loro forza bruta.
Serpenti, cornacchie, divoratori di carogne. Chiamano amicizia il campo orrendo che spadroneggiano. L’avarizia nel vivere l’amicizia di noi adulti è diventata il mercato d’amici dei figli.
Che Facebook si difenda dai mercanti di amici è forse un ultimo, estremo guizzo di difesa di una nobiltà che si perde. Oppure è solo la protezione di un business contro un altro. Mentre lei, l’amicizia, piange sulla nostra epoca che ha la solitudine negli occhi.
Naturalmente con lo sconto. Se invece di trovarne mille, ne vuoi trovare cinquemila il prezzo cala. Con 177 dollari, infatti, grazie alle cure della company australiana Us Social Leon Hill, potevi acquistare un migliaio di 'amici' su Facebook. Con 564 bigliettoni te ne portavi a casa cinquemila. Ma i 'capi' di Facebook hanno bloccato il mercimonio. Va bene che i social network possono essere – e sono – veicoli pubblicitari e commerciali, ma il cinismo del business dell’azienda australiana ha fatto storcere il naso ai responsabili del sito più cliccato del momento. Così hanno finito per bloccare e cacciar fuori gli intrusi venditori di amici.
L’iniziativa dei commercianti di contatti è paradossale. Vendere 'amici' in giro è squallido. Però accade, e questo paradosso ci interroga.
L’esistenza di un commercio di amici online mette in luce una caratteristica delle reti sociali. Ad esempio, si chiamano 'amici' tutti coloro che hanno relazione e chiesto contatto. Un modo banalotto di ridurre la parola 'amicizia'. C’è da stupirsi se poi qualcuno pensa di farci su un po’ di quattrini? Dove inizia la banalizzazione dell’amicizia: nel fissare un prezzo da parte del furbo commerciante, o nell’impresa di far chiamare amici tutti coloro che si ritrovano intorno al niente o quasi?
Il fatto è che la nostra epoca è malata di 'relazionismo'. Ovvero è malata di solitudine. Ma tanto da pensare che occorre accumulare relazioni su relazioni per vincerla. Un’epoca che allarga a dismisura la parola 'amico' è un’epoca con poca amicizia. La 'commercializzazione' dell’amicizia è solo l’ultimo passaggio, l’estremo anello di una catena di banalizzazioni che imperano tra tv e nuovi media. La solitudine di padri e madri è diventata la rete di amicizie futili dei figli. La rarità dell’amicizia di padri e madri è diventata la mole indistinta e vacua di amicizia dei figli. Perché cosa sia l’amicizia lo si impara sulla propria pelle, e vedendo amici veri. Il bene prezioso dell’amicizia, più prezioso dell’oro, da curare, da coltivare e servire, è stato abbandonato come un campo che sembrava non dare frutti preziosi. Ci siamo dedicati a fronti che promettevano guadagni più rapidi. Più tangibili. Più 'evidenti'. E il campo dell’amicizia è rimasto incolto. Brullo. E ora ci vivono bestie e creature del sottobosco che si sentono i padrone dell’amicizia. Che usano la parola sacra per uomini di ogni tempo con la banalità feroce della loro forza bruta.
Serpenti, cornacchie, divoratori di carogne. Chiamano amicizia il campo orrendo che spadroneggiano. L’avarizia nel vivere l’amicizia di noi adulti è diventata il mercato d’amici dei figli.
Che Facebook si difenda dai mercanti di amici è forse un ultimo, estremo guizzo di difesa di una nobiltà che si perde. Oppure è solo la protezione di un business contro un altro. Mentre lei, l’amicizia, piange sulla nostra epoca che ha la solitudine negli occhi.
«Avvenire» del 5 settembre 2009
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