di Ilaria Ramelli
Quando si pensa ai primi cristiani vengono in mente le catacombe, la clandestinità, le persecuzioni. Nell’impero romano, fino a Costantino, il cristianesimo era formalmente illecito. Ma da quando? Su quale base giuridica? Tertulliano nell’Apologeticum (5,2) afferma che entro il 35 Tiberio venne a sapere di Gesù e dei suoi seguaci e propose al Senato di dare legittimità al loro credo. Infatti era il Senato che in età giulio-claudia decideva se ammettere nuove divinità. Ma – prosegue Tertulliano – il Senato si oppose e il cristianesimo divenne superstitio illicita, diversamente dal giudaismo. I cristiani in quanto tali erano passibili di morte. Tiberio allora pose il veto alle accuse contro i cristiani, e solo Nerone lo revocò.
Tertulliano, che sosteneva che solo i cattivi imperatori perseguitassero i cristiani, non aveva interesse a inventare la condanna del Senato. Egli non teme smentite e invita i destinatari a controllare gli atti di età tiberiana. Tiberio voleva riconoscere la nuova setta giudaica, non antiromana, per sottrarla alla giurisdizione del Sinedrio e pacificare la Palestina. Al rifiuto del Senato, mandò in Oriente Lucio Vitellio, che nel 36-37 depose Caifa e destituì Pilato, come confermano Flavio Giuseppe e fonti orientali.
Vitellio, noto a Tertulliano, era probabilmente la fonte della sua notizia sul senatoconsulto, citato anche negli atti del martire Apollonio. I Romani che si erano recati a Gerusalemme nel 30 (At 2,10) udirono il discorso di Pietro sulla morte e resurrezione di Gesù; probabilmente lo riferirono al ritorno. E Pilato inviò a Tiberio una relazione datata al 35 dal Chronicon Hieronymianum e dal Paschale, accettata come probabile anche da Borgeaud e nota a Giustino e a Tertulliano; non è quella interpolata pervenutaci.
La notizia di Tertulliano, ripresa da altri cristiani, tra gli studiosi era accettata solo da Marta Sordi e Carsten Thiede. Ma nella rivista Aevum 78 (2004) e in Hugoye 9,1 (2006) [www.syrcom.cua.edu/Hugoye] ne ho confermato la storicità in base a importanti fonti orientali e a un frammento porfiriano, che non può essere sospettato di apologetica come Tertulliano. Cade quindi la ragione per cui molti non consideravano storico il senatoconsulto. Il polemista si riferisce all’età tiberiana, poco dopo la Resurrezione, che avvenne nel 30, e afferma che Gesù, se fosse risorto, non sarebbe dovuto apparire a persone oscure (critica già presente in Celso), ma a personaggi autorevoli contemporanei all’evento, a Pilato, o Erode, al sommo sacerdote, «o a molti uomini contemporanei e degni di fede, e soprattutto al Senato e al popolo di Roma, onde essi, stupiti dei suoi prodigi, non potessero, con un senatoconsulto unanime, emettere sentenza di morte, sotto accusa di empietà, contro quanti gli erano obbedienti?... Se infatti si fosse rivelato a uomini ragguardevoli, tramite loro tutti avrebbero creduto e nessun giudice li avrebbe puniti come inventori di racconti infondati... molti sono esposti per colpa sua a pene della peggiore specie». Il senatoconsulto unanime che accusava di empietà e condannava a morte i cristiani poco dopo il 30 è di certo quello tertullianeo. Quanto all’empietà, è il delitto di chi aderisce a una superstitio illicita; la base giuridica per il processo di empietà era il senatoconsulto del 35. I cristiani sono accusati di empietà anche nel neroniano Editto di Nazareth: avrebbero subìto «un processo per empietà per il culto reso a esseri umani». L’editto formalmente condannava i trafugatori di cadaveri, quali i cristiani erano accusati di essere (Mt 28,2), e Caritone e Petronio, contemporanei ad esso, riecheggiano tale accusa.
La legislazione anticristiana fu dovuta al Senato, ma il potere imperiale non diede corso alle accuse fino a Nerone: fino al 62, i cristiani non furono condannati da alcuna autorità romana come tali. Solo con la svolta neroniana ebbe inizio la persecuzione.
La notizia di Tertulliano, ripresa da altri cristiani, tra gli studiosi era accettata solo da Marta Sordi e Carsten Thiede. Ma nella rivista Aevum 78 (2004) e in Hugoye 9,1 (2006) [www.syrcom.cua.edu/Hugoye] ne ho confermato la storicità in base a importanti fonti orientali e a un frammento porfiriano, che non può essere sospettato di apologetica come Tertulliano. Cade quindi la ragione per cui molti non consideravano storico il senatoconsulto. Il polemista si riferisce all’età tiberiana, poco dopo la Resurrezione, che avvenne nel 30, e afferma che Gesù, se fosse risorto, non sarebbe dovuto apparire a persone oscure (critica già presente in Celso), ma a personaggi autorevoli contemporanei all’evento, a Pilato, o Erode, al sommo sacerdote, «o a molti uomini contemporanei e degni di fede, e soprattutto al Senato e al popolo di Roma, onde essi, stupiti dei suoi prodigi, non potessero, con un senatoconsulto unanime, emettere sentenza di morte, sotto accusa di empietà, contro quanti gli erano obbedienti?... Se infatti si fosse rivelato a uomini ragguardevoli, tramite loro tutti avrebbero creduto e nessun giudice li avrebbe puniti come inventori di racconti infondati... molti sono esposti per colpa sua a pene della peggiore specie». Il senatoconsulto unanime che accusava di empietà e condannava a morte i cristiani poco dopo il 30 è di certo quello tertullianeo. Quanto all’empietà, è il delitto di chi aderisce a una superstitio illicita; la base giuridica per il processo di empietà era il senatoconsulto del 35. I cristiani sono accusati di empietà anche nel neroniano Editto di Nazareth: avrebbero subìto «un processo per empietà per il culto reso a esseri umani». L’editto formalmente condannava i trafugatori di cadaveri, quali i cristiani erano accusati di essere (Mt 28,2), e Caritone e Petronio, contemporanei ad esso, riecheggiano tale accusa.
La legislazione anticristiana fu dovuta al Senato, ma il potere imperiale non diede corso alle accuse fino a Nerone: fino al 62, i cristiani non furono condannati da alcuna autorità romana come tali. Solo con la svolta neroniana ebbe inizio la persecuzione.
Comincia da oggi la sua rubrica settimanale Ilaria Ramelli, (vedi anche l'articolo sulla storicità dei Vangeli)ricercatrice in Filologia del mondo classico, discepola della storica Marta Sordi e tra le massime specialiste italiane in storia del cristianesimo antico.
«Avvenire» del 1 settembre 2009
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