Sciortino: «Libertà di critica, essenza della democrazia»
di Edoardo Castagna
« Ne verremo fuori se ognuno tornerà a fare bene il proprio mestiere: i giornalisti a fare bene i giornalisti, i politici a fare bene i politici, e tutti al servizio: i giornali, dei lettori; i politici, dei cittadini». Invece, per il direttore di Famiglia cristiana Antonio Sciortino, «i ruoli si sono confusi, e tutti sono venuti meno alla propria missione. La libertà di stampa è un bene prezioso per la democrazia: per questo deve interessare tutti, in modo trasversale, e va evitata qualsiasi forma di strumentalizzazione. Dove c’è meno opinione libera, c’è meno democrazia».
E lei crede che oggi in Italia la democrazia corra un reale pericolo? «Il livello di democrazia di un Paese si può misurare proprio dal tasso di libertà della stampa e dalla vivacità dell’opinione pubblica: ma oggi in Italia i giornali non sono al servizio dei lettori, ma dei potenti di cui invece dovrebbero essere voce critica. Se si arriva a dover fare una manifestazione pubblica per difendere la libertà di stampa, come quella in programma per il 19, allora io credo che qualche problema in questo settore il Paese ce l’ha. Il vizio di fondo è quello della concentrazione dei mezzi di comunicazione in poche mani e dalla quasi totale mancanza di editori puri, che rispondono esclusivamente agli interessi dell’informazione. Altro problema serio è che in Italia la stampa, invece di essere concorde nella difesa delle proprie prerogative di libertà, di informazione e di critica, si è frazionata e politicizzata, con giornali contrapposti gli uni agli altri. A me dispiacerebbe tantissimo se la mani- festazione del 19 assumesse coloriture politiche, come se la stampa attribuita all’opposizione scendesse in piazza contro la stampa schierata con il governo. La libertà di informazione e di critica in un Paese democratico non deve essere vista come un fastidio, perché la stampa non è fatta per adulare; bisogna che i giornalisti non abbiano bavagli e magari facciano autocritica, chiedendosi quanto siano in grado di mantenere la schiena diritta e quanto invece non si prestino a servizi, talora neanche richiesti, a favore del potere».
Non c’è anche un problema tecnico, del come si fanno i giornali? Si spia dai buchi della serratura, si brandiscono lettere anonime e foto paparazzate… «Io richiamo all’etica professionale. Se noi applicassimo sempre quella deontologia che è il fondamento del nostro mestiere, allora eviteremmo di trasformare le parole in proiettili e di usare il potere mediatico che abbiamo in mano per danneggiare le persone e non per servire il Paese».
C’è stata anche una confusione delle tradizionali differenze di ruoli tra stampa rosa e stampa d’informazione? « Io credo che oggi abbiamo un eccesso di informazione tale da portare a essere meno informati, con minor approfondimento e minor comprensione. Il ruolo del giornalista nel mondo di internet è ancora più importante, perché deve aiutare a capire qual è la realtà e qual è il contesto entro il quale una notizia va inquadrata. Non certo eseguire ordini politici di servizio».
Non solo invece si conducono battaglie politiche, ma queste sono fatte non sulle idee, ma contro le persone... «Sì, questa è un’altra anomalia. Capita anche a noi di essere criticati per delle posizioni che prendiamo, però – come è avvenuto anche nel caso di Dino Boffo – non si entra nel merito delle questioni ma si cerca di delegittimare la persona, attaccandola pesantemente e lanciando avvertimenti e intimidazioni. Questa è una vera e propria degenerazione del nostro modo di fare informazione ».
E lei crede che oggi in Italia la democrazia corra un reale pericolo? «Il livello di democrazia di un Paese si può misurare proprio dal tasso di libertà della stampa e dalla vivacità dell’opinione pubblica: ma oggi in Italia i giornali non sono al servizio dei lettori, ma dei potenti di cui invece dovrebbero essere voce critica. Se si arriva a dover fare una manifestazione pubblica per difendere la libertà di stampa, come quella in programma per il 19, allora io credo che qualche problema in questo settore il Paese ce l’ha. Il vizio di fondo è quello della concentrazione dei mezzi di comunicazione in poche mani e dalla quasi totale mancanza di editori puri, che rispondono esclusivamente agli interessi dell’informazione. Altro problema serio è che in Italia la stampa, invece di essere concorde nella difesa delle proprie prerogative di libertà, di informazione e di critica, si è frazionata e politicizzata, con giornali contrapposti gli uni agli altri. A me dispiacerebbe tantissimo se la mani- festazione del 19 assumesse coloriture politiche, come se la stampa attribuita all’opposizione scendesse in piazza contro la stampa schierata con il governo. La libertà di informazione e di critica in un Paese democratico non deve essere vista come un fastidio, perché la stampa non è fatta per adulare; bisogna che i giornalisti non abbiano bavagli e magari facciano autocritica, chiedendosi quanto siano in grado di mantenere la schiena diritta e quanto invece non si prestino a servizi, talora neanche richiesti, a favore del potere».
Non c’è anche un problema tecnico, del come si fanno i giornali? Si spia dai buchi della serratura, si brandiscono lettere anonime e foto paparazzate… «Io richiamo all’etica professionale. Se noi applicassimo sempre quella deontologia che è il fondamento del nostro mestiere, allora eviteremmo di trasformare le parole in proiettili e di usare il potere mediatico che abbiamo in mano per danneggiare le persone e non per servire il Paese».
C’è stata anche una confusione delle tradizionali differenze di ruoli tra stampa rosa e stampa d’informazione? « Io credo che oggi abbiamo un eccesso di informazione tale da portare a essere meno informati, con minor approfondimento e minor comprensione. Il ruolo del giornalista nel mondo di internet è ancora più importante, perché deve aiutare a capire qual è la realtà e qual è il contesto entro il quale una notizia va inquadrata. Non certo eseguire ordini politici di servizio».
Non solo invece si conducono battaglie politiche, ma queste sono fatte non sulle idee, ma contro le persone... «Sì, questa è un’altra anomalia. Capita anche a noi di essere criticati per delle posizioni che prendiamo, però – come è avvenuto anche nel caso di Dino Boffo – non si entra nel merito delle questioni ma si cerca di delegittimare la persona, attaccandola pesantemente e lanciando avvertimenti e intimidazioni. Questa è una vera e propria degenerazione del nostro modo di fare informazione ».
«Avvenire» del 9 settembre 2009
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