di Roberto I. Zanini
Libertà di stampa? «Siamo di fronte a punte di emergenza che si rinnovano nel tempo» e «dobbiamo smetterla di indignarci a singhiozzo »... «Ci sono molti giornalisti che usano a sproposito i richiami alla Costituzione...». Libertà di stampa? «Il dovere è raccontare quello che si conosce nel rispetto della correttezza, altrimenti si perde di credibilità»... «Se il bene primario è la verità, i politici devono mettere da parte le azioni risarcitorie e la 'piazza' deve saper guardare oltre l’azione di denuncia per dare insieme una risposta responsabile». Il segretario nazionale dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino, all’indomani dell’editoriale di Avvenire sulla questione, non nasconde la grande emergenza che sta attraversando la stampa in Italia. Ma, sottolinea, si tratta di un problema dai tanti volti, che riguarda l’etica stessa della professione e come tale non può essere affrontato e risolto, con la protesta di un giorno.
È una questione di libertà, di regole, di interessi personali... È una questione complessa e credo fermamente alla necessità di una pausa di riflessione per mettere a punto regole utili a tutti. Sappiamo bene che sulle intercettazioni si preparano norme che se approvate renderanno impossibile il lavoro del giornalista nella cronaca e nella giudiziaria. Nell’audizione al Senato l’Ordine ha presentato alcuni correttivi e il presidente Schifani aveva fornito precise garanzie sul fatto che se ne sarebbe tenuto conto. Non se ne è più parlato e la cosa ci preoccupa. Per questo sostengo che la manifestazione del 3 ottobre deve essere capace di andare oltre la denuncia. Come Ordine siamo impegnati su questo fronte.
Avete in cantiere un’iniziativa?
A ottobre faremo una riflessione col Consiglio dell’Ordine per giungere a un documento con proposte specifiche sulla libertà di stampa da presentare come contributo al Parlamento.
Intanto c’è la manifestazione di piazza.
Stiamo vivendo una punta di emergenza. I giornalisti sono rimasti per troppo tempo isolati ed è positivo che si ritrovino a manifestare con i cittadini. Ma se la piazza viene strumentalizzata non va bene.
Come e chi strumentalizza?
Per esempio si usano a sproposito i richiami alla Costituzione. Quello della libertà di stampa non è tanto un diritto per i giornalisti ma per i cittadini. Per i giornalisti è soprattutto un dovere verso i lettori. In realtà quando parliamo di libertà di informazione parliamo di quello che serve ai cittadini perché abbiano il quadro completo della realtà. Solo se inserito nell’ottica di questo dovere il giornalismo può fare un salto di qualità. Tanto per chiarire, come non ci sono 'unti dal Signore' fra i politici, tanto meno ce ne sono fra i giornalisti. E responsabilità della stampa è raccontare come va il mondo, non come si vorrebbe che andasse.
Un solo esempio?
Figuriamoci... In tasca ho la lettera di un Ordine regionale che ci informa che la Cgil organizza i pullman per i giornalisti che verranno a Roma. Sono cose che gettano ombre sulla manifestazione che le intenzioni degli organizzatori non meritano. E poi ci sarà una folta presenza di politici...
Anche loro hanno diritto di farsi sentire.
Verissimo. Ma allora dobbiamo smettere di indignarci a singhiozzo sulla libertà di stampa. Dobbiamo farlo sempre, ogni volta che è necessario...
Indignazione a singhiozzo?
Si vuole un altro esempio? Ha annunciato la sua presenza in piazza Antonio Di Pietro, che è il recordman di citazioni a giudizio nei confronti di stampa e tv. Stando a quanto detto dal condirettore del Giornale, ha chiesto complessivamente alla sua testata 5 milioni e 800 mila euro di danni. Allora, perché mi indigno solo, e mi devo indignare, per i due milioni chiesti da Berlusconi all’Unità e per il milione chiesto a Repubblica?
Ripeto, questo non ci rende credibili. Il conflitto di interessi è una cosa molto seria per la libertà di stampa, ma con la politica c’è un problema generalizzato di rapporti.
Beh, chi ha memoria...
Io che sono stato a lungo presidente della stampa parlamentare memoria ce l’ho, e ricordo che i due momenti più gravi li ho avuti con l’aggressione verbale ad alcuni colleghi da parte di due politici di spicco. Uno era il segretario del Pds l’altro dei Ds.
Anche D’Alema, da premier, non fu tenero con la stampa.
Parlò di «iene dattilografe», disse che i giornali dovevano restare nelle edicole e che se avesse dovuto comunicare qualcosa avrebbe semplicemente chiamato una telecamera. Lo stesso D’Alema, però, dopo aver chiesto i danni per la famosa vignetta sul caso Mitrokin, fu poi disposto ad accettare la mediazione dell’Ordine dei giornalisti ritirando l’azione civile nei confronti di Forattini.
Siete pronti a una simile iniziativa con Berlusconi?
L’Ordine è disponibile a ogni iniziativa che consenta il ristabilirsi della verità e di rapporti corretti tra stampa e politica.
E per i semplici cittadini, che come il direttore Dino Boffo, vengono diffamati o denigrati?
Abbiamo la stessa identica disponibilità. Che vale per tutti. E vale per Repubblica e per l’Unità, così
come per il Giornale.
È un impegno...
Ci impegnamo fin da ora. Ripeto, anche con proposte al Parlamento, dal quale ci attendiamo risposte concrete. I politici devono comprendere che i giornalisti per garantire il diritto costituzionale dei cittadini all’informazione devono poter essere scomodi. E i giornalisti devono capire che, per essere credibili, devono fare informazione corretta, raccontare fatti non illazioni e non lanciare messaggi pseudomafiosi nei loro articoli.
È una questione di libertà, di regole, di interessi personali... È una questione complessa e credo fermamente alla necessità di una pausa di riflessione per mettere a punto regole utili a tutti. Sappiamo bene che sulle intercettazioni si preparano norme che se approvate renderanno impossibile il lavoro del giornalista nella cronaca e nella giudiziaria. Nell’audizione al Senato l’Ordine ha presentato alcuni correttivi e il presidente Schifani aveva fornito precise garanzie sul fatto che se ne sarebbe tenuto conto. Non se ne è più parlato e la cosa ci preoccupa. Per questo sostengo che la manifestazione del 3 ottobre deve essere capace di andare oltre la denuncia. Come Ordine siamo impegnati su questo fronte.
Avete in cantiere un’iniziativa?
A ottobre faremo una riflessione col Consiglio dell’Ordine per giungere a un documento con proposte specifiche sulla libertà di stampa da presentare come contributo al Parlamento.
Intanto c’è la manifestazione di piazza.
Stiamo vivendo una punta di emergenza. I giornalisti sono rimasti per troppo tempo isolati ed è positivo che si ritrovino a manifestare con i cittadini. Ma se la piazza viene strumentalizzata non va bene.
Come e chi strumentalizza?
Per esempio si usano a sproposito i richiami alla Costituzione. Quello della libertà di stampa non è tanto un diritto per i giornalisti ma per i cittadini. Per i giornalisti è soprattutto un dovere verso i lettori. In realtà quando parliamo di libertà di informazione parliamo di quello che serve ai cittadini perché abbiano il quadro completo della realtà. Solo se inserito nell’ottica di questo dovere il giornalismo può fare un salto di qualità. Tanto per chiarire, come non ci sono 'unti dal Signore' fra i politici, tanto meno ce ne sono fra i giornalisti. E responsabilità della stampa è raccontare come va il mondo, non come si vorrebbe che andasse.
Un solo esempio?
Figuriamoci... In tasca ho la lettera di un Ordine regionale che ci informa che la Cgil organizza i pullman per i giornalisti che verranno a Roma. Sono cose che gettano ombre sulla manifestazione che le intenzioni degli organizzatori non meritano. E poi ci sarà una folta presenza di politici...
Anche loro hanno diritto di farsi sentire.
Verissimo. Ma allora dobbiamo smettere di indignarci a singhiozzo sulla libertà di stampa. Dobbiamo farlo sempre, ogni volta che è necessario...
Indignazione a singhiozzo?
Si vuole un altro esempio? Ha annunciato la sua presenza in piazza Antonio Di Pietro, che è il recordman di citazioni a giudizio nei confronti di stampa e tv. Stando a quanto detto dal condirettore del Giornale, ha chiesto complessivamente alla sua testata 5 milioni e 800 mila euro di danni. Allora, perché mi indigno solo, e mi devo indignare, per i due milioni chiesti da Berlusconi all’Unità e per il milione chiesto a Repubblica?
Ripeto, questo non ci rende credibili. Il conflitto di interessi è una cosa molto seria per la libertà di stampa, ma con la politica c’è un problema generalizzato di rapporti.
Beh, chi ha memoria...
Io che sono stato a lungo presidente della stampa parlamentare memoria ce l’ho, e ricordo che i due momenti più gravi li ho avuti con l’aggressione verbale ad alcuni colleghi da parte di due politici di spicco. Uno era il segretario del Pds l’altro dei Ds.
Anche D’Alema, da premier, non fu tenero con la stampa.
Parlò di «iene dattilografe», disse che i giornali dovevano restare nelle edicole e che se avesse dovuto comunicare qualcosa avrebbe semplicemente chiamato una telecamera. Lo stesso D’Alema, però, dopo aver chiesto i danni per la famosa vignetta sul caso Mitrokin, fu poi disposto ad accettare la mediazione dell’Ordine dei giornalisti ritirando l’azione civile nei confronti di Forattini.
Siete pronti a una simile iniziativa con Berlusconi?
L’Ordine è disponibile a ogni iniziativa che consenta il ristabilirsi della verità e di rapporti corretti tra stampa e politica.
E per i semplici cittadini, che come il direttore Dino Boffo, vengono diffamati o denigrati?
Abbiamo la stessa identica disponibilità. Che vale per tutti. E vale per Repubblica e per l’Unità, così
come per il Giornale.
È un impegno...
Ci impegnamo fin da ora. Ripeto, anche con proposte al Parlamento, dal quale ci attendiamo risposte concrete. I politici devono comprendere che i giornalisti per garantire il diritto costituzionale dei cittadini all’informazione devono poter essere scomodi. E i giornalisti devono capire che, per essere credibili, devono fare informazione corretta, raccontare fatti non illazioni e non lanciare messaggi pseudomafiosi nei loro articoli.
«Avvenire» del 20 settembre 2009
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