L’idea francese di aggiornare gli indicatori economici
di Davide Rondoni
In questi giorni i media si sono occupati per vari motivi del ’ 68, sia per la proposta di film, la riedizione e il lancio commerciale di dischi, che per altri motivi tra cronaca, cultura e business ( sì, il ’ 68 è un business, anche). Si sono sentiti lamenti malinconici, tardive polemiche - come quella di chi ha provato a rinfacciare a Pasolini l’aver criticato tra i primi la dose di superficialità ' borghese' di quei moti che volevano cambiare il mondo e la società e hanno forse cambiato alcuni comportamenti e alcune classifiche di vendita. Ma al di là della difesa che i ' grandi borghesi' di oggi fanno del movimento che li vide schierati ieri, con toni spesso da ' associazione combattenti e reduci', la notizia che invece è sembrata più interessante a proposito di ' cambiamento' viene dalla stessa Parigi dal cui Maggio nacque in Europa il movimento. Là, sotto l’egida del governo Sarkozy, un tipo non propriamente sessantottino, una consulta di grandi saggi tra cui vari premi Nobel, sta proponendo una riforma sulla misurazione del benessere sociale. Una riforma del modo di misurare quel che da noi si chiama ' Pil' - prodotto interno lordo - e che sentiamo in questi anni calare o aumentare spesso capendoci poco. I francesi hanno deciso che misurare lo stato di salute produttiva di un Paese solo attraverso alcuni numeri legati a quel campo è miope.
E dunque han proposto di provare a conteggiare altre cose per formare il nuovo indicatore. Ad esempio quanto tempo si passa con i propri figli, e altre attività che non producono un bene materiale ma sono ugualmente importanti. Il benessere di una società, dunque, non si dovrebbe più misurare considerando solo la mera e diretta capacità produttiva, ma andando a vedere altri fattori di qualità dell’esistenza. Sarebbe una vera rivoluzione. Una entrata del ' fattore umano' nel calcolo finora puramente economico. Non so a che cosa gli esperti francesi arriveranno. Per fortuna non tutte le cose umane sono ' misurabili'. E non tutto può essere convertito in ' indicatore sociale'. Però il suggerimento che viene dal tentativo francese è interessante, specie in un momento come questo in cui siamo circondati da cifre, da statitistiche, con relativi allarmi o incoraggiamenti, che pretendono di dirci come stiamo. Probabilmente nel valutare come stiamo occorre tener presente ben di più di quanto i rilevatori economici e sociali riescono solitamente a catturare.
Nel rispondere alla classica domanda ' come va?' ha sicuramente un peso quanti soldi abbiamo in tasca o quanti ne dobbiamo restituire a creditori di vario genere, o quanti ce ne mancano. Ma se guardiamo con attenzione all’esperienza vissuta, vediamo che hanno gran peso altre cose, oltre naturalmente alla salute: come va un amore, o un’amicizia, o il rapporto con i nostri cari... Il ’ 68 oggi fatto rivivere per motivi di nostalgia o di cassetta aveva un sogno: che tutto fosse ' sociale'. Ha preteso che l’ideologia sociale e politica innervasse e giudicasse tutti i rapporti personali e pubblici. E per questo ha perso contro un modello più forte di relazione pubblica, quella di tipo economico.
Oggi forse ci si accorge che il bene della società dipende da tante cose che sono invece riservate, senza apparente peso pubblico, che maturano nella penombra della vita individuale e della libertà personale. Cose difficilmente misurabili, ma che contano tantissimo.
E dunque han proposto di provare a conteggiare altre cose per formare il nuovo indicatore. Ad esempio quanto tempo si passa con i propri figli, e altre attività che non producono un bene materiale ma sono ugualmente importanti. Il benessere di una società, dunque, non si dovrebbe più misurare considerando solo la mera e diretta capacità produttiva, ma andando a vedere altri fattori di qualità dell’esistenza. Sarebbe una vera rivoluzione. Una entrata del ' fattore umano' nel calcolo finora puramente economico. Non so a che cosa gli esperti francesi arriveranno. Per fortuna non tutte le cose umane sono ' misurabili'. E non tutto può essere convertito in ' indicatore sociale'. Però il suggerimento che viene dal tentativo francese è interessante, specie in un momento come questo in cui siamo circondati da cifre, da statitistiche, con relativi allarmi o incoraggiamenti, che pretendono di dirci come stiamo. Probabilmente nel valutare come stiamo occorre tener presente ben di più di quanto i rilevatori economici e sociali riescono solitamente a catturare.
Nel rispondere alla classica domanda ' come va?' ha sicuramente un peso quanti soldi abbiamo in tasca o quanti ne dobbiamo restituire a creditori di vario genere, o quanti ce ne mancano. Ma se guardiamo con attenzione all’esperienza vissuta, vediamo che hanno gran peso altre cose, oltre naturalmente alla salute: come va un amore, o un’amicizia, o il rapporto con i nostri cari... Il ’ 68 oggi fatto rivivere per motivi di nostalgia o di cassetta aveva un sogno: che tutto fosse ' sociale'. Ha preteso che l’ideologia sociale e politica innervasse e giudicasse tutti i rapporti personali e pubblici. E per questo ha perso contro un modello più forte di relazione pubblica, quella di tipo economico.
Oggi forse ci si accorge che il bene della società dipende da tante cose che sono invece riservate, senza apparente peso pubblico, che maturano nella penombra della vita individuale e della libertà personale. Cose difficilmente misurabili, ma che contano tantissimo.
«Avvenire» del 22 settembre 2009
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