di Edoardo Castagna
Se non esistono storie definitive – sempre la storiografia è in movimento, grazie a nuovi documenti o anche solo a nuove interpretazioni di quelli vecchi –, almeno di tanto in tanto vengono segnate tappe stabili, momenti di sintesi dai quali poi in futuro la ricerca tornerà a ripartire. Quella proposta dal britannico Chris Bellamy è una di queste tappe, perché raccoglie, sistematizza, bilancia, analizza in una prospettiva ampia – insomma, 'digerisce' – tutta la documentazione entrata nella disponibilità degli storici dopo la caduta del Muro di Berlino, prima della nuova chiusura decretata da Putin. È anche, secondo la migliore tradizione anglosassone, una storia piacevole da leggere, nonostante quegli inciampi di traduzione che sembrano diventati la norma, in Italia (che bisogno c’è, per esempio, di impegolarsi in un «...che aveva la propria sede a L’viv (Lwów – Lemberg)», quando basterebbe scrivere 'Leopoli'?). Giustamente Bellamy parla della Russia e non dell’Unione Sovietica, perché non indugia dietro al paravento ideologico che proponeva l’Urss come una forma di federazione, ma la riconduce ai suoi reali termini di assoluto dominio di Mosca sui territori sottomessi. Non va dimenticato che quella che per i russi è la Grande guerra patriottica, per molti Paesi non è stata altro che l’annessione totale – Estonia, Lettonia, Lituania – o parziale – Finlandia, Polonia, Romania – all’impero di Mosca. Particolarmente interessante e ben calibrata è l’analisi dei rapporti tra il regime nazista e quello comunista, al di là del patto Ribbentrop-Molotov che spartì tra i due totalitarismi l’Europa centro-orientale – colpisce, nel ricco inserto iconografico, la mappa della Polonia attraversata dalla linea di demarcazione concordata e solcata da due enormi firme di Stalin e Ribbentrop. Da Hitler erano partiti infatti due ordini: uno all’esercito, affinché approntasse l’attacco all’'Orso' bolscevico; l’altro alla diplomazia, perché con lo stesso Orso cercasse piuttosto l’intesa. E non fu una semplice manifestazione d’intenti: Ribbentrop portò ben avanti la trattativa, fino a una «bozza di trattato che avrebbe trasformato il patto a tre in un patto tra quattro Stati – Germania, Italia, Giappone e Unione Sovietica – accomunati dal desiderio di cooperare 'per garantire le loro naturali sfere d’influenza' ». Ancor più significativo è il fatto che quello che per Hitler poteva essere soltanto un diversivo, buono per prendere tempo mentre preparava l’aggressione, fu invece a lungo cullato da Stalin quasi come un sogno, tanto che il dittatore comunista si rifiutò pervicacemente di credere a ogni segnale in direzione contraria. Non solo onorò fino all’ultimo il patto di collaborazione economica siglato con i nazisti – l’ultimo treno di materie prime arrivò in Germania il 21 giugno 1941, il giorno prima dell’attacco tedesco –, ma arrivò perfino a far fucilare i disertori tedeschi che annunciavano l’imminenza dell’attacco a sorpresa come 'disinformatori', e a vietare alle sue truppe di reagire all’attacco stesso, almeno nelle prime fasi. Nel quadro di Bellamy, insomma, fino all’ultimo Stalin, lungi dal voler aggredire il futuro Nemico Assoluto nazista, ne cercò al contrario l’amicizia. Fu solo perché alla fine la Germania ritenne più economico occupare militarmente le fonti di materie prime russe, anziché pagarle secondo regolari transazioni commerciali come aveva fatto fino al 1941 con piena soddisfazione di ambo le parti, che fu guerra e non pace. Forse è anche per non farsi sfuggire ulteriori conferme a questa imbarazzante contiguità che Putin ha di nuovo chiuso la porta agli storici. Oppure per non lasciare che ficchino il naso in altri interrogativi ancora insoluti: per esempio, il destino degli ufficiali polacchi. Ormai l’eccidio di Katyn è di dominio pubblico; tuttavia Bellamy fa notare che in quell’occasione fu eliminata soltanto una piccola parte dei prigionieri caduti in mano russa: quelli di Kozel’sk, uno dei tre campi di concentramento appositamente istituiti. «Non c’è alcuna certezza di cosa accadde ai quattromila detenuti a Starobil’s’k, o ai seimilacinquecento di Ostaškov». Di certo a casa non sono tornati. Che nelle foreste dell’estremo oriente europeo ci sia ancora da scavare?
Chris Bellamy, Guerra assoluta, La Russia sovietica nella Seconda guerra mondiale, Einaudi, pp. 838, € 48,00
Chris Bellamy, Guerra assoluta, La Russia sovietica nella Seconda guerra mondiale, Einaudi, pp. 838, € 48,00
Fino al ’41 il patto Ribbentrop-Molotov per spartirsi l’Europa orientale aveva funzionato benissimo
«A» del gennaio 2011
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