I dieci anni di Wikipedia: pregi e limiti
di Giuseppe O. Longo
Un tempo le ricorrenze si celebravano ogni mille anni, al massimo ogni cento. Oggi, con l’accelerazione dei tempi, già dieci anni sono un traguardo di longevità ragguardevole: e dieci anni ha compiuto, il 15 gennaio scorso, Wikipedia, parola ibrida semmai ce ne furono (dall’hawaiiano wiki = veloce e dal greco paideia = istruzione), che designa uno dei simboli del Web 2.0, cioè della rete interattiva, le cui tessere sono formate dagli apporti degli utenti, in una sorta di operazione collettiva che comprende l’allestimento delle voci e la loro correzione progressiva.
Wikipedia è per molti l’emblema dell’accesso libero alle conoscenze, in senso passivo (tutti la possono consultare gratuitamente) e in senso attivo (tutti possono intervenire per redigere, criticare ed emendare i suoi lemmi).
Ed è proprio il controllo degli utenti che limita il rischio di errori e di inesattezze: chiunque contribuisca a una voce sa che molti occhi critici leggeranno le sue parole per riscontrarne l’accuratezza, e questa sorveglianza incita alla cautela. Wikipedia fa una strenua concorrenza alle enciclopedie e ai dizionari tradizionali, non solo o non tanto per la completezza e la precisione delle informazioni, quanto, forse, per l’innata pigrizia degli umani, che preferiscono pigiare alcuni tasti piuttosto che alzarsi e andare a recuperare il pesante volume rilegato che sta su uno scaffale lontano alcuni metri, sfogliarlo e aprirlo alla pagina giusta. Ma non è solo la comodità che favorisce questo repertorio digitale, sono anche la sua vastità e la sua espansione. Oggi le voci sono oltre 17 milioni, di cui 3,5 milioni in inglese. I lemmi italiani non arrivano a 800 mila, ma sono anch’essi in crescita. Pare che le visite siano oltre 400 milioni al giorno, il che rende Wikipedia uno dei dieci (secondo alcuni, cinque) siti più visitati del Web.
Naturalmente il funzionamento di tutto questo apparato costa e di recente il fondatore Jimmy Wales ha lanciato una sottoscrizione tra gli utenti per raccogliere i fondi necessari a mantenersi indipendente dalla pubblicità. La campagna ha avuto pieno successo: la raccolta ha fruttato 16 milioni di dollari in soli 50 giorni, anche se soltanto un utente su mille ha allentato sia pur di poco i cordoni della borsa. Vogliamo tutto, e gratis... Come accade per ogni prodotto della tecnologia, specie per quelli che concernono l’informazione e le conoscenze, vi sono gli entusiasti e i detrattori. I primi sostengono, esagerando, che il tasso di completezza e precisione di Wikipedia è pari a quello dell’Encyclopaedia Britannica, considerata il modello, specie per la scienza; i secondi provano una soddisfazione maligna a rilevarne inesattezze, errori e cantonate. Lo specialista troverà sempre da ridire sui lemmi della sua materia, ma del resto troverà da ridire anche sulle voci delle enciclopedie tradizionali.
Wikipedia non è l’unico strumento di consultazione in rete: il Web pullula di dizionari, regesti, glossari e testi di ogni tipo, e si avvia a diventare una vera e propria biblioteca borgesiana. Quindi, usando i numerosi rimandi di Wikipedia e incrociando le sue voci con gli altri siti, ci si può documentare, in media, in modo soddisfacente.
Ho detto che in Wikipedia il tasso di errori è limitato, ma non è nullo. Per di più, a causa della velocità che caratterizza la consultazione e la diffusione dei dati in rete, gli eventuali errori tendono a diffondersi e a perpetuarsi più che nelle opere cartacee, dove tutto è più lento e misurato.
Wikipedia è per molti l’emblema dell’accesso libero alle conoscenze, in senso passivo (tutti la possono consultare gratuitamente) e in senso attivo (tutti possono intervenire per redigere, criticare ed emendare i suoi lemmi).
Ed è proprio il controllo degli utenti che limita il rischio di errori e di inesattezze: chiunque contribuisca a una voce sa che molti occhi critici leggeranno le sue parole per riscontrarne l’accuratezza, e questa sorveglianza incita alla cautela. Wikipedia fa una strenua concorrenza alle enciclopedie e ai dizionari tradizionali, non solo o non tanto per la completezza e la precisione delle informazioni, quanto, forse, per l’innata pigrizia degli umani, che preferiscono pigiare alcuni tasti piuttosto che alzarsi e andare a recuperare il pesante volume rilegato che sta su uno scaffale lontano alcuni metri, sfogliarlo e aprirlo alla pagina giusta. Ma non è solo la comodità che favorisce questo repertorio digitale, sono anche la sua vastità e la sua espansione. Oggi le voci sono oltre 17 milioni, di cui 3,5 milioni in inglese. I lemmi italiani non arrivano a 800 mila, ma sono anch’essi in crescita. Pare che le visite siano oltre 400 milioni al giorno, il che rende Wikipedia uno dei dieci (secondo alcuni, cinque) siti più visitati del Web.
Naturalmente il funzionamento di tutto questo apparato costa e di recente il fondatore Jimmy Wales ha lanciato una sottoscrizione tra gli utenti per raccogliere i fondi necessari a mantenersi indipendente dalla pubblicità. La campagna ha avuto pieno successo: la raccolta ha fruttato 16 milioni di dollari in soli 50 giorni, anche se soltanto un utente su mille ha allentato sia pur di poco i cordoni della borsa. Vogliamo tutto, e gratis... Come accade per ogni prodotto della tecnologia, specie per quelli che concernono l’informazione e le conoscenze, vi sono gli entusiasti e i detrattori. I primi sostengono, esagerando, che il tasso di completezza e precisione di Wikipedia è pari a quello dell’Encyclopaedia Britannica, considerata il modello, specie per la scienza; i secondi provano una soddisfazione maligna a rilevarne inesattezze, errori e cantonate. Lo specialista troverà sempre da ridire sui lemmi della sua materia, ma del resto troverà da ridire anche sulle voci delle enciclopedie tradizionali.
Wikipedia non è l’unico strumento di consultazione in rete: il Web pullula di dizionari, regesti, glossari e testi di ogni tipo, e si avvia a diventare una vera e propria biblioteca borgesiana. Quindi, usando i numerosi rimandi di Wikipedia e incrociando le sue voci con gli altri siti, ci si può documentare, in media, in modo soddisfacente.
Ho detto che in Wikipedia il tasso di errori è limitato, ma non è nullo. Per di più, a causa della velocità che caratterizza la consultazione e la diffusione dei dati in rete, gli eventuali errori tendono a diffondersi e a perpetuarsi più che nelle opere cartacee, dove tutto è più lento e misurato.
«Avvenire» del 20 gennaio 2011
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