Nuove evidenze da una ricerca sui finlandesi Ma il corredo genetico non è sufficiente a spiegare del tutto il comportamento degli individui
di Andrea Lavazza
Il temperamento nordico è associato, anche climaticamente, a una certa freddezza, mentre il senso comune lega più facilmente la passionalità e lo scatto improvviso al tipo latino. Latitudine e cultura sono ritenute le variabili rilevanti per inclinare il carattere, come pensava ad esempio Montesquieu. Ma la scienza contemporanea è sempre più controintuiva, sfida le convinzioni diffuse e spesso mette in discussione le nostre idee su di noi e i nostri simili. Il comportamento impulsivo potrebbe essere infatti scritto, almeno in parte, nei nostri geni e, a sorpresa, nei geni dei finlandesi. Lo rivela uno studio appena pubblicato su Nature da un gruppo di studiosi guidato dall’italiana Laura Bevilacqua, oggi attiva ai National Institutes of Health americani.
L’impulsività è la tendenza ad atti non ponderati, a una minore inibizione degli impulsi e a una mancata considerazione delle conseguenze delle proprie azioni. Le manifestazioni comportamentali dell’impulsività accentuata comprendono le dipendenze, il disturbo di iperattività e altre patologie psichiatriche, oltre al suicidio e a condotte criminali, quali le aggressioni e la piromania. Da tempo si collega tutto ciò al funzionamento alterato del sistema cerebrale della serotonina, un neurotrasmettitore importante nella modulazione del tono dell’umore.
Anni fa è stata individuata una famiglia olandese in cui tutti i maschi avevano avuto problemi con la giustizia: nel loro Dna c’era una versione mutata del gene che codifica per la monoammina ossidasi A, un enzima importante per la regolazione dei livelli della serotonina. Ora la ricerca si è concentrata sulla popolazione finlandese perché si tratta di un gruppo relativamente «isolato» geneticamente, originato da due migrazioni di 4mila e 2mila anni fa. Individuato un campione di 96 persone con precedenti penali per delitti d’impeto (violenze non premeditate e non finalizzate a un vantaggio personale), a confronto con un campione di cittadini senza problemi di devianza, si sono analizzati 14 geni «sospettati» di avere un ruolo di predisposizione. E alla fine è stato individuato un allele (una versione mutata) del gene Htr2b, allele specifico dei finlandesi. Il gene in questione, che ha maggiore espressione in alcune aree cerebrali, nella versione «nordica» contiene un cosiddetto codone di stop (Q20*) che impedisce la sintesi della proteina recettore della serotonina Htr2b. L’«errore» è tre volte più frequente tra i violenti (che hanno storie familiari di disturbi psichiatrici) che non nel gruppo di controllo.
Il team autore dello studio ne ha ulteriormente verificato il ruolo creando topi geneticamente modificati che avessero lo stesso gene «difettoso». Gli animali così costituiti hanno mostrato un comportamento assai più impulsivo della media, secondo vari indicatori.
Si tratta di uno studio estremamente elegante per disegno e realizzazione – commenta Pietro Pietrini, psichiatra e neuroscienziato dell’Università di Pisa –. E' molto importante per quello che ci dice circa le componenti comportamentali influenzate dal nostro Dna». Non tutti coloro che hanno la versione mutata dell’Htr2b sono incapaci di tenere a freno l’impulsività, e non tutti coloro che manifestano comportamenti aggressivi hanno l’allele «difettoso». Anzi, sono gli stessi ricercatori a sottolineare il ruolo della mediazione ambientale e dell’abuso di alcol (che a sua volta però può essere frutto dell’impulsività).
«Che siamo in parte determinati biologicamente è un dato di cui cominciamo a prendere coscienza – sottolinea Pietrini –, basta considerare quali enormi effetti può avere un farmaco serotoninergico sull’umore e sulla condotta di un individuo». Tuttavia, è lo stesso studioso che ha contribuito come perito alla storica sentenza di Trieste del 2009 (un assassino ebbe diminuita la pena in virtù di un profilo genetico che lo predisponeva all’aggressività) a precisare che il corredo genetico non è necessario né sufficiente a spiegare completamente un corso d’azione.
«L’esempio calzante è quello dei fattori di rischio cardiovascolare – pressione alta, obesità, diabete, colesterolo elevato –: chi li ha tanto più facilmente è colpito da infarto; ma c’è chi vive a lungo anche con valori fuori norma e c’è chi, giovane e sano, è vittima di accidenti cardiaci», spiega Pietrini.
Maggiori conoscenze, quindi, senza salti verso un determinismo totale. Ma perché una variazione genetica apparentemente non vantaggiosa si è conservata fino a oggi? «È sbagliato giudicare con le nostre lenti 'civilizzate' questi aspetti dell’evoluzione – risponde lo studioso pisano –. Gli impulsivi sono anche coloro che hanno più coraggio, si gettano in imprese impossibili, fanno avanzare la conoscenza. E poi i tempi di queste mutazioni si misurano in centinaia di migliaia di anni».
L’impulsività è la tendenza ad atti non ponderati, a una minore inibizione degli impulsi e a una mancata considerazione delle conseguenze delle proprie azioni. Le manifestazioni comportamentali dell’impulsività accentuata comprendono le dipendenze, il disturbo di iperattività e altre patologie psichiatriche, oltre al suicidio e a condotte criminali, quali le aggressioni e la piromania. Da tempo si collega tutto ciò al funzionamento alterato del sistema cerebrale della serotonina, un neurotrasmettitore importante nella modulazione del tono dell’umore.
Anni fa è stata individuata una famiglia olandese in cui tutti i maschi avevano avuto problemi con la giustizia: nel loro Dna c’era una versione mutata del gene che codifica per la monoammina ossidasi A, un enzima importante per la regolazione dei livelli della serotonina. Ora la ricerca si è concentrata sulla popolazione finlandese perché si tratta di un gruppo relativamente «isolato» geneticamente, originato da due migrazioni di 4mila e 2mila anni fa. Individuato un campione di 96 persone con precedenti penali per delitti d’impeto (violenze non premeditate e non finalizzate a un vantaggio personale), a confronto con un campione di cittadini senza problemi di devianza, si sono analizzati 14 geni «sospettati» di avere un ruolo di predisposizione. E alla fine è stato individuato un allele (una versione mutata) del gene Htr2b, allele specifico dei finlandesi. Il gene in questione, che ha maggiore espressione in alcune aree cerebrali, nella versione «nordica» contiene un cosiddetto codone di stop (Q20*) che impedisce la sintesi della proteina recettore della serotonina Htr2b. L’«errore» è tre volte più frequente tra i violenti (che hanno storie familiari di disturbi psichiatrici) che non nel gruppo di controllo.
Il team autore dello studio ne ha ulteriormente verificato il ruolo creando topi geneticamente modificati che avessero lo stesso gene «difettoso». Gli animali così costituiti hanno mostrato un comportamento assai più impulsivo della media, secondo vari indicatori.
Si tratta di uno studio estremamente elegante per disegno e realizzazione – commenta Pietro Pietrini, psichiatra e neuroscienziato dell’Università di Pisa –. E' molto importante per quello che ci dice circa le componenti comportamentali influenzate dal nostro Dna». Non tutti coloro che hanno la versione mutata dell’Htr2b sono incapaci di tenere a freno l’impulsività, e non tutti coloro che manifestano comportamenti aggressivi hanno l’allele «difettoso». Anzi, sono gli stessi ricercatori a sottolineare il ruolo della mediazione ambientale e dell’abuso di alcol (che a sua volta però può essere frutto dell’impulsività).
«Che siamo in parte determinati biologicamente è un dato di cui cominciamo a prendere coscienza – sottolinea Pietrini –, basta considerare quali enormi effetti può avere un farmaco serotoninergico sull’umore e sulla condotta di un individuo». Tuttavia, è lo stesso studioso che ha contribuito come perito alla storica sentenza di Trieste del 2009 (un assassino ebbe diminuita la pena in virtù di un profilo genetico che lo predisponeva all’aggressività) a precisare che il corredo genetico non è necessario né sufficiente a spiegare completamente un corso d’azione.
«L’esempio calzante è quello dei fattori di rischio cardiovascolare – pressione alta, obesità, diabete, colesterolo elevato –: chi li ha tanto più facilmente è colpito da infarto; ma c’è chi vive a lungo anche con valori fuori norma e c’è chi, giovane e sano, è vittima di accidenti cardiaci», spiega Pietrini.
Maggiori conoscenze, quindi, senza salti verso un determinismo totale. Ma perché una variazione genetica apparentemente non vantaggiosa si è conservata fino a oggi? «È sbagliato giudicare con le nostre lenti 'civilizzate' questi aspetti dell’evoluzione – risponde lo studioso pisano –. Gli impulsivi sono anche coloro che hanno più coraggio, si gettano in imprese impossibili, fanno avanzare la conoscenza. E poi i tempi di queste mutazioni si misurano in centinaia di migliaia di anni».
«Avvenire» del 20 gennaio 2011
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