di Davide Rondoni
Nel suo monumentale e prezioso Letteratura europea e medioevo latino, Ernst Robert Curtius cita lo studioso Pirenne, il quale in accordo con il Toynbee e altri importanti voci, fa coincidere con l’età dei Carolingi l’inizio di una nuova strada per l’Europa. E precisa il ruolo della dinastia in una nuova situazione causata dalla «trasformazione degli equilibri che l’Islam aveva causato». Gli effetti economici e politici della conquista araba sono, per questi studiosi, la causa dell’inizio di una nuova era chiamata secondo un «concetto ingiustificato» Medioevo. Altri hanno altre datazioni, ma basta quella considerazione per tracciare una delle possibili linee di valore attuale dello studio di Curtius. Uno dei suoi grandi propugnatori in Italia è stato Ezio Raimondi, conquistato dalla idea di Curtius attento sempre a presentare la «fenomenologia della letteratura» che è cosa ben diversa «dalla storia letteraria, dalle letterature comparate e dalle scienze della letteratura». E proprio anche per impulso della lezione raimondiana una piccola ma valorosissima casa editrice trentina La Finestra, che ora pubblica un epistolario del maestro con un distinto allievo, Karl Eugen Gass.
Ernst Robert Curtius è nato a Thann in Alsazia il 14 aprile 1886, Simmel e Wölfflin a Berlino, Lask e Windelband a Heidelberg lo hanno avviato allo studio della letteratura e della filosofia, ma fu Gustav Gröber a Strasburgo a introdurlo alla filologia romanza. Studioso di antico francese e dei moralisti francesi di epoca illuminista, Curtius fa conoscere in Germania anche la letteratura transalpina del Novecento: è tra i primissimi lettori e critici di Proust, ma le frequentazioni dirette e intellettuali spaziano da Bergson a Ortega Y Gasset, da Charles Du Bos a Valéry Larbaud. Considera da subito dei classici Thomas Stearns Eliot e James Joyce, è amico di Max Scheler, Leo Spitzer, Carl Schmitt.
Gli studi di letteratura antica e medievale, di Dante, della tarda latinità lo porteranno alla costruzione di Europäische Literatur und lateinisches Mittelalter (1948), frutto di almeno un ventennio di studi, che si intensificheranno all’inizio degli anni Trenta, quando prende corpo il dialogo con Karl Eugen Gass, morto a 32 anni nella seconda guerra mondiale.
Nella prefazione alla seconda edizione del grande studio, Curtius affermava che sua intenzione non è solo raggiungere finalità puramente scientifiche (che pure il suo contributo filologico ottenne in gran copia) ma esprimere la «preoccupazione per la salvaguardia della cultura occidentale», mettendo in luce «con nuovi metodi l’unità di questa tradizione nello spazio e nel tempo. Nel caos spirituale contemporaneo è divenuto necessario, ma anche possibile, dimostrare questa unità. Ma ciò può esser fatto – aggiungeva ancora Curtius – solo da un punto di vista universale.
Questo punto di vista è offerto dalla latinità». La lingua latina come lingua della cultura di tredici secoli e come sostrato che rende comprensibili le lingue e le culture successive è per Curtius il grande vettore di una avventura conoscitiva e, come lui dice, spirituale. Tale avventura, come avviene per tutti i grandi maestri, avviene nello sforzo della ricerca e ugualmente, nella disponibilità alla conversazione con gli allievi. E anche in questo si può cogliere un altro elemento di attualità del problema posto da Curtius, rispetto al caos e ai cambiamenti con cui dobbiamo oggi anche noi fare i conti. «Non si può nascondere una certa emozione, dicono gli editori Marco Albertazzi e Stefano Chemelli (curatore del volume insieme a M. Buffa), quando si offre, in anteprima, un carteggio importante, che fa risuonare la voce europea di un dialogo eletto. Siamo di fronte a una testimonianza nuova che interessa il mondo tedesco, in uno strettissimo rapporto con la realtà italiana, nel momento cruciale e magnetico dei Trenta e dei Quaranta del Novecento.
Il testo comprende inoltre altri due inediti: una serie di pensieri e aforismi del Curtius, ritrovati nel fondo Hübinger dell’Università di Bonn, e una preziosa rassegna di brevi saggi che Karl Eugen Gass aveva dedicato rispettivamente a Federigo Tozzi, Emilio Cecchi, Aldo Palazzeschi, Riccardo Bacchelli, Vincenzo Cardarelli, Giuseppe Ungaretti e Renato Serra, scritti nel tardo 1940 per l’edizione della sera della Kölnische Zeitung ».
Ernst Robert Curtius e Karl Eugen Gass, Carteggio (1933-1944) e altri scritti, La Finestra editrice, pp. 400, € 38 ,00
Ernst Robert Curtius è nato a Thann in Alsazia il 14 aprile 1886, Simmel e Wölfflin a Berlino, Lask e Windelband a Heidelberg lo hanno avviato allo studio della letteratura e della filosofia, ma fu Gustav Gröber a Strasburgo a introdurlo alla filologia romanza. Studioso di antico francese e dei moralisti francesi di epoca illuminista, Curtius fa conoscere in Germania anche la letteratura transalpina del Novecento: è tra i primissimi lettori e critici di Proust, ma le frequentazioni dirette e intellettuali spaziano da Bergson a Ortega Y Gasset, da Charles Du Bos a Valéry Larbaud. Considera da subito dei classici Thomas Stearns Eliot e James Joyce, è amico di Max Scheler, Leo Spitzer, Carl Schmitt.
Gli studi di letteratura antica e medievale, di Dante, della tarda latinità lo porteranno alla costruzione di Europäische Literatur und lateinisches Mittelalter (1948), frutto di almeno un ventennio di studi, che si intensificheranno all’inizio degli anni Trenta, quando prende corpo il dialogo con Karl Eugen Gass, morto a 32 anni nella seconda guerra mondiale.
Nella prefazione alla seconda edizione del grande studio, Curtius affermava che sua intenzione non è solo raggiungere finalità puramente scientifiche (che pure il suo contributo filologico ottenne in gran copia) ma esprimere la «preoccupazione per la salvaguardia della cultura occidentale», mettendo in luce «con nuovi metodi l’unità di questa tradizione nello spazio e nel tempo. Nel caos spirituale contemporaneo è divenuto necessario, ma anche possibile, dimostrare questa unità. Ma ciò può esser fatto – aggiungeva ancora Curtius – solo da un punto di vista universale.
Questo punto di vista è offerto dalla latinità». La lingua latina come lingua della cultura di tredici secoli e come sostrato che rende comprensibili le lingue e le culture successive è per Curtius il grande vettore di una avventura conoscitiva e, come lui dice, spirituale. Tale avventura, come avviene per tutti i grandi maestri, avviene nello sforzo della ricerca e ugualmente, nella disponibilità alla conversazione con gli allievi. E anche in questo si può cogliere un altro elemento di attualità del problema posto da Curtius, rispetto al caos e ai cambiamenti con cui dobbiamo oggi anche noi fare i conti. «Non si può nascondere una certa emozione, dicono gli editori Marco Albertazzi e Stefano Chemelli (curatore del volume insieme a M. Buffa), quando si offre, in anteprima, un carteggio importante, che fa risuonare la voce europea di un dialogo eletto. Siamo di fronte a una testimonianza nuova che interessa il mondo tedesco, in uno strettissimo rapporto con la realtà italiana, nel momento cruciale e magnetico dei Trenta e dei Quaranta del Novecento.
Il testo comprende inoltre altri due inediti: una serie di pensieri e aforismi del Curtius, ritrovati nel fondo Hübinger dell’Università di Bonn, e una preziosa rassegna di brevi saggi che Karl Eugen Gass aveva dedicato rispettivamente a Federigo Tozzi, Emilio Cecchi, Aldo Palazzeschi, Riccardo Bacchelli, Vincenzo Cardarelli, Giuseppe Ungaretti e Renato Serra, scritti nel tardo 1940 per l’edizione della sera della Kölnische Zeitung ».
Ernst Robert Curtius e Karl Eugen Gass, Carteggio (1933-1944) e altri scritti, La Finestra editrice, pp. 400, € 38 ,00
«Avvenire» del 29 gennaio 2011
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