di Khaled Fouad Allam
In questi giorni il Libano piange la morte dell'ayatollah Mohammad Hussein Fadlallah, leader religioso del partito politico sciita degli hezbollah. La questione dell'autorità religiosa dell'islam e dei suoi tanti leader religiosi è centrale. Possiamo affermare che è nata praticamente con la genesi dell'islam stesso nel 632 alla morte di Maometto. Molti pensano che questa divisione all'interno del mondo musulmano, che è partita da una visione diversificata della nozione di autorità, si basi su un'interpretazione religiosa, teologica.
Secondo una certa accezione dottrinale il sunismo e lo sciismo si oppongono alla definizione religiosa dell'autorità costituita: il califfato. Ma in realtà questo divorzio che gli arabi chiamano fitna si basa essenzialmente su uno scontro politico e su delle logiche di potere. Basti ricordare che dei quattro pretendenti divenuti in seguito i primi quattro califfi dell'islam soltanto uno morirà di morte naturale. Tutti gli altri tre muoiono assassinati a motivo di uno scontro politico. Storicamente dunque le relazioni tra il sunismo, che è la maggioranza dell'islam, e lo sciismo sono state animate da passioni politiche e dottrinali. Va ricordato che la comunità sunnita, che inizialmente deteneva il potere, ha sempre considerato la comunità sciita come una minaccia potenziale.
Lo sciismo attuale, chiamato sciismo XII, è il prodotto di questa minaccia, del sunismo verso lo sciismo, dopo che il dodicesimo imam sciita fu probabilmente preso dalla polizia sunnita e fatto scomparire. Questa storia che è realmente complessa ha avuto due conseguenze: da una parte la territorializzazione dello sciismo nel Medio Oriente, ad esempio l'Iran sciita dal sedicesimo secolo; e dall'altra ha prodotto lo sviluppo di una coscienza storica dello sciismo attraverso l'apertura di un'interpretazione delle fonti dell'islam, vale a dire di intepretazioni storiche, e dunque di una riflessione politica. Mentre nel sunismo la tradizione considerata chiusa bloccò praticamente qualunque innovazione nella riflessione politica.
Ma è soprattutto a partire dalla seconda metà dell'Ottocento che la differenziazione tra sunniti e sciiti aumenta. Perché lo sciismo si autonomizza e crea una serie di nuove figure. Come ad esempio la figura degli ayatollah che sono interpreti del Corano ma anche interpreti della storia del loro mondo. Queste figure durante tutto il Novecento condurranno una doppia riflessione. Quello che noi chiamiamo il riformismo nell'islam sciita.
Per semplificare possiamo affermare che esistono tre visioni di questo riformismo. La prima, più conosciuta, è quella della rivoluzione iraniana di tipo terzomondista, rivoluzionaria, quella dei pasdaran e dell'ayatollah Khamenei. L'altra è quella dei ragazzi dell'onda verde che hanno manifestato contro il regime politico di Teheran. Questa visione si rifà a un riformismo che spinge verso un islam di tipo liberal, partendo dall'elaborazione teorica del filosofo iraniano Abdolkarim Soroush, che fu allievo di Karl Popper, e che riprende adattandola nel contesto islamico la filosofia popperiana.
La terza è un riformismo islamico sciita di tipo pietista che è quello praticato in Iraq dell'ayatollah al-Sistani e da certe comunità sciite nel Medio Oriente, come ad esempio gli sciiti dell'Arabia Saudita, oppure in alcuni Emirati Arabi. Esiste dunque nello sciismo una reale tensione dottrinale e politica fra quelli che protendono ancora per una visione di tipo terzomondista e rivoluzionaria come hezbollah in Libano o come l'attuale regime iraniano.
Democrazia e islam. È un fenomeno nuovo nell'islam contemporaneo che pone la questione della democrazia nel mondo musulmano superando le differenziazioni fra sunniti e sciiti. Va detto che questo fenomeno è anche il prodotto della comunicazione di massa via internet e dei blogger, fenomeno estremamente importante. Questo superamento della problematica dell'autorità nell'islam tenderà sempre più a sminuire la differenza tra sunniti e sciiti dal punto di vista culturale. E le minacce di una guerra tra stati di matrice sunnita e l'Iran non faranno altro che allargare la questione. Semplicemente perché si tratta di una questione politica.
Secondo una certa accezione dottrinale il sunismo e lo sciismo si oppongono alla definizione religiosa dell'autorità costituita: il califfato. Ma in realtà questo divorzio che gli arabi chiamano fitna si basa essenzialmente su uno scontro politico e su delle logiche di potere. Basti ricordare che dei quattro pretendenti divenuti in seguito i primi quattro califfi dell'islam soltanto uno morirà di morte naturale. Tutti gli altri tre muoiono assassinati a motivo di uno scontro politico. Storicamente dunque le relazioni tra il sunismo, che è la maggioranza dell'islam, e lo sciismo sono state animate da passioni politiche e dottrinali. Va ricordato che la comunità sunnita, che inizialmente deteneva il potere, ha sempre considerato la comunità sciita come una minaccia potenziale.
Lo sciismo attuale, chiamato sciismo XII, è il prodotto di questa minaccia, del sunismo verso lo sciismo, dopo che il dodicesimo imam sciita fu probabilmente preso dalla polizia sunnita e fatto scomparire. Questa storia che è realmente complessa ha avuto due conseguenze: da una parte la territorializzazione dello sciismo nel Medio Oriente, ad esempio l'Iran sciita dal sedicesimo secolo; e dall'altra ha prodotto lo sviluppo di una coscienza storica dello sciismo attraverso l'apertura di un'interpretazione delle fonti dell'islam, vale a dire di intepretazioni storiche, e dunque di una riflessione politica. Mentre nel sunismo la tradizione considerata chiusa bloccò praticamente qualunque innovazione nella riflessione politica.
Ma è soprattutto a partire dalla seconda metà dell'Ottocento che la differenziazione tra sunniti e sciiti aumenta. Perché lo sciismo si autonomizza e crea una serie di nuove figure. Come ad esempio la figura degli ayatollah che sono interpreti del Corano ma anche interpreti della storia del loro mondo. Queste figure durante tutto il Novecento condurranno una doppia riflessione. Quello che noi chiamiamo il riformismo nell'islam sciita.
Per semplificare possiamo affermare che esistono tre visioni di questo riformismo. La prima, più conosciuta, è quella della rivoluzione iraniana di tipo terzomondista, rivoluzionaria, quella dei pasdaran e dell'ayatollah Khamenei. L'altra è quella dei ragazzi dell'onda verde che hanno manifestato contro il regime politico di Teheran. Questa visione si rifà a un riformismo che spinge verso un islam di tipo liberal, partendo dall'elaborazione teorica del filosofo iraniano Abdolkarim Soroush, che fu allievo di Karl Popper, e che riprende adattandola nel contesto islamico la filosofia popperiana.
La terza è un riformismo islamico sciita di tipo pietista che è quello praticato in Iraq dell'ayatollah al-Sistani e da certe comunità sciite nel Medio Oriente, come ad esempio gli sciiti dell'Arabia Saudita, oppure in alcuni Emirati Arabi. Esiste dunque nello sciismo una reale tensione dottrinale e politica fra quelli che protendono ancora per una visione di tipo terzomondista e rivoluzionaria come hezbollah in Libano o come l'attuale regime iraniano.
Democrazia e islam. È un fenomeno nuovo nell'islam contemporaneo che pone la questione della democrazia nel mondo musulmano superando le differenziazioni fra sunniti e sciiti. Va detto che questo fenomeno è anche il prodotto della comunicazione di massa via internet e dei blogger, fenomeno estremamente importante. Questo superamento della problematica dell'autorità nell'islam tenderà sempre più a sminuire la differenza tra sunniti e sciiti dal punto di vista culturale. E le minacce di una guerra tra stati di matrice sunnita e l'Iran non faranno altro che allargare la questione. Semplicemente perché si tratta di una questione politica.
«Il Sole 24 Ore» del 6 luglio 2010
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