Era digitale. Che cosa succede se gli scrittori vendono le loro opere saltando i canali tradizionali
di Antonio Carioti
Romanzi direttamente in Rete, la sfida del più potente agente letterario. Le reazioni in Italia: «Pensa ai soldi». «No, è un’opportunità per tutti»
Alle prime scosse del terremoto digitale - con gli ebook che ormai surclassano su Amazon i volumi cartacei - gli editori italiani reagiscono diversamente. Alcuni si mostrano prudenti, altri preoccupati, altri ancora decisamente ottimisti. Emblematica la varietà dei giudizi sulla mossa compiuta dall’agguerrito agente letterario americano Andrew Wylie, che ha stipulato un accordo diretto con Amazon, scavalcando gli editori Usa, per mettere in commercio su Internet l’edizione elettronica di alcune opere di autori famosi da lui rappresentati. «Credo che siamo l’unico editore al mondo ad aver concluso da oltre un mese un accordo quadro con Wylie per i diritti digitali e ne siamo pienamente soddisfatti», esordisce Riccardo Cavallero, direttore generale di Mondadori Libri Trade. Il suo approccio verso la rivoluzione in corso è dunque largamente positivo: «Non si tratta di denunciare una presunta tendenza degli agenti letterari a scavalcare gli editori, ma di capire che le condizioni vanno completamente rinegoziate rispetto al mondo della carta. L’ebook non è che uno strumento, oggi molto innovativo, ma destinato probabilmente a diventare obsoleto già tra pochi anni. Il punto decisivo è che l’avvento del digitale consegna tutto il potere al lettore. Pensare di mantenere la struttura di mercato tipica dell’editoria cartacea sarebbe un errore enorme, che la Mondadori non ha intenzione di commettere. Del resto in sede di trattativa le richieste di Wylie, noto per la sua aggressività, mi sono parse del tutto ragionevoli». Assai diverse le valutazioni di Stefano Mauri, presidente e amministratore delegato del gruppo Gems: «Internet offre grandi opportunità, ma favorisce la tendenza a creare dei grandi monopoli globali. Infatti nel mercato di lingua inglese infuria la lotta per la posizione dominante nella distribuzione degli ebook. In questo quadro la politica adottata da Wylie mi sembra miope, di cortissimo respiro, perché consiste nel consegnare l’esclusiva all’impresa leader. Se tutti facessero come lui, Amazon potrebbe dettare legge senza limiti e anche la prospettiva di abbassare i costi del prodotto, rispetto al libro cartaceo, sarebbe vanificata dalla presenza di un monopolista. Gli autori e gli agenti che con l’ebook pensano di poter ampliare in modo consistente la loro fetta di diritti sul prezzo di copertina dimostrano una carenza di visione imprenditoriale». Non la pensa così l’agente letterario Marco Vigevani, che giudica «logica» l’iniziativa assunta da Wylie, di cui il «Corriere» ha riferito ieri: «La situazione è piena d’incognite, ma senza dubbio con l’ebook non sono più necessari alcuni dei passaggi d’intermediazione svolti dall’editore: stampa, rilegatura, immagazzinamento, distribuzione alle librerie. I costi quindi crollano, il rischio d’impresa si riduce e gli editori aumentano i margini di guadagno: finora però hanno offerto agli autori incrementi percentuali molto bassi dei loro diritti. È ovvio che gli scrittori, attraverso gli agenti, cerchino percorsi più diretti per arrivare al lettore in forma digitale». Gli editori rischiano insomma di diventare superflui? Marco Polillo, presidente dell’Associazione italiana editori (Aie), osserva che «la questione giuridica è complessa, in quanto bisogna verificare se l’iniziativa lanciata da Wylie ha le carte in regola sotto il profilo legale». Di sicuro, aggiunge, «si tratta di una mossa pericolosa per l’industria editoriale, perché fa cadere il concetto di esclusiva, nel senso che un’impresa rischia di trovare in commercio, su un supporto elettronico, lo stesso prodotto che ha realizzato in forma cartacea. C’è chi pensa che in futuro si possa addirittura arrivare a un rapporto immediato, per via telematica, tra autore e lettore, togliendo completamente di mezzo l’editore. Ma mi sembra un discorso semplicistico, perché in astratto tutti siamo potenziali autori, ma uno dei compiti principali dell’editore consiste appunto nel capire chi ha i numeri per diventarlo davvero e nel fornirgli il necessario ausilio». Su questo concetto insiste Paolo Zaninoni, direttore editoriale della Rizzoli: «Non a caso l’operazione avviata da Wylie, come altre analoghe (penso alla trovata di Stephen King, che nel 2000 inviò un suo romanzo direttamente ai lettori, a puntate, per posta elettronica), riguarda autori affermati. Non credo si potrebbe realizzare con un esordiente. Certamente si va verso una ridefinizione del ruolo dell’editore, che sarà sempre meno un produttore e distributore di beni materiali, mentre sarà sempre più uno scopritore e valorizzatore di talenti». Di certo siamo in mezzo al guado: «È evidente - osserva Zaninoni - che l’avvento dell’ebook, imminente anche in Italia, trasformerà il nostro mestiere, ma ancora non è chiaro come funzionerà questo modello di business, come sarà regolamentato sotto il profilo fiscale, quali margini di redditività potrà consentire. Infatti oggi per l’ebook si stipulano con gli agenti letterari accordi della durata di un paio d’anni al massimo, in attesa di vedere come reagirà il mercato. E poi bisogna capire che ruolo assumeranno soggetti come Amazon, che da distributori tendono a diventare anche produttori di contenuti». E i librai, sono una categoria destinata all’estinzione? Andrea Spazzali, titolare della libreria Centofiori di Milano, non drammatizza: «Il problema si pone e non si può far finta che non esista, ma mi sembra innanzitutto generazionale. Ci sono dei ragazzi abituati a leggere solo su uno schermo e sarà difficile che possano apprezzare il libro come oggetto, nella sua fisicità. Per altre persone tuttavia i supporti digitali non risultano ancora pienamente funzionali, ad esempio, per la lettura di un romanzo in spiaggia o in viaggio. D’altronde se la rivoluzione dell’ebook arriverà al punto che si potranno liberamente scaricare i libri da Internet, come avviene per la musica, sarà l’intera industria editoriale a vedersela brutta».
«Corriere della Sera» del 24 luglio 2010
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