Ma il filosofo non condivide il richiamo alla castità come unico modo di umanizzare la sessualità, “anche se è una metafora”
di Nicoletta Tiliacos
Il discorso sul “bell’amore” del patriarca di Venezia, cardinale Angelo Scola, pronunciato domenica scorsa in occasione della festa del Redentore, contiene spunti che interpellano anche i non credenti, dice al Foglio il filosofo ed ex sindaco della città, Massimo Cacciari. Il quale premette che “Scola sta svolgendo un magistero di grande importanza, non soltanto per la sua diocesi, anche per le sue posizioni chiarissime in materia di dialogo interreligioso e di rapporti tra cristianità e islam. Sono questioni che riguardano l’agire politico e la necessità di lavorare a processi di integrazione, sulle quali il magistero di Scola sta dimostrando un impegno eccezionale. Qui da Venezia appare lampante: le iniziative intraprese dal patriarca sono tutte all’insegna del dialogo, delle grandi questioni del meticciato universale. Sarebbe bene che tutti i politici, compresi quelli al governo, ne tenessero conto”.
Per quanto riguarda il discorso pronunciato domenica dal cardinale, Cacciari rileva la centralità “del grande tema teologico dell’‘amore ordinato’. Scola ricorda che il cristianesimo non ha nulla a che fare con elementi gnostico-manichei, non ha nulla a che fare con uno spiritualismo che vede nella carne e nei piaceri della carne una immagine del male, e quindi non ha nulla a che fare con un platonismo malinteso. Il discorso di Scola, nella tradizione cristiana, dice a chiare lettere che la carne non è impedimento nel perseguimento della perfezione. Il tema dell’‘amore ordinato’ – tema agostiniano e tomista – è dunque richiamato con forza”. A buon diritto, aggiunge Cacciari, “perché è difficile immaginare una visione dell’amore e della sessualità più disordinata di quella che viene propinata quotidianamente da televisioni di stato e private e giornali. La cultura media di questo mondo è tutta improntata alla più disordinata delle idee di amore, ridotto a puro consumismo. Reagire a questa idea edonistico-consumistica dell’amore magari non sarà un fatto così nuovo (basta leggere qualsiasi filosofo degno di tal nome tra Otto e Novecento: si troverà presente questo tema in termini di durissima polemica contro l’andazzo contemporaneo in materia erotica).
Ma la riduzione dell’erotismo a pornografia è ormai un fatto assolutamente dominante. Bisognerebbe interrogarsi davvero sul perché questo sia avvenuto. Manca totalmente, invece, un’indagine di carattere storico-sociale su come le forme di sessualità e di erotismo si siano degradate a questo livello”. Il cardinale Scola nel suo discorso dice che la paura della morte “appare spesso la segreta padrona della relazione tra l’uomo e la donna, tra genitori e figli. Essa è all’origine della smania del ‘tutto e subito’ nei rapporti amorosi che, con la stessa rapidità, si bruciano e si moltiplicano”. Altri, semplificando, danno la colpa al Sessantotto, “e sono dei poveri idioti – dice senza complimenti Cacciari – anche perché dimenticano che in quegli anni imperversava la polemica di stampo francofortese-adorniano contro l’amore ridotto a consumismo. Le donne contestavano la pornografia dei concorsi di miss, contestavano gli abbigliamenti erotizzanti. Se c’era un difetto nel Sessantotto era proprio l’opposto del consumismo pornografico”.
Un consumismo, aggiunge Cacciari, che non va confuso con il tema della libertà sessuale. Su questo punto, la sua posizione diverge da quella espressa da Scola nel “discorso del Redentore”: “Non riesco a capire il passaggio dal condivisibilissimo richiamo all’amore ordinato (che non deve essere consumistico ed edonistico, ma deve essere conoscenza e amicizia nel senso medievale del termine) alla castità vista come unico modo di umanizzare la sessualità”. “Casto è l’uomo che sa tenere in ordine il proprio io”, dice Scola, che per indicare astensione dai rapporti sessuali parla di scelta di verginità e di celibato. “Ugualmente non trovo logico il passaggio – replica Cacciari – che mi pare contraddica il discorso sull’amore ordinato e completo. E se è una metafora, quella della castità riguarda solo la fede cristiana”. Sostiene Scola che “l’amore per sua natura chiede il ‘per sempre’, nonostante l’umana fragilità. E’ nell’indissolubilità del matrimonio che la relazione tra l’uomo e la donna raggiunge la sua vera dignità”.
Anche su questo Cacciari non concorda: “Che un rapporto d’amore vero debba cominciare con ‘per sempre’ è certo. Che questo ‘per sempre’ possa esserlo davvero dipende da vari fattori, come Scola, da pastore, certamente sa. Vale anche a proposito del celibato dei preti. Dipende, per esempio da quel fattore che è la grazia. Ma se diventa sacrificio e costrizione, lungi dall’aprire a un rapporto più pieno con il prossimo si trasforma in una prigione. L’amore deve essere libero in questo senso, non perché svolazza ma perché responsabilmente mi consente di donarmi in una relazione. Non sempre il ‘per sempre’ è possibile, e la costrizione diventa letale per l’amore ordinato. Se la chiesa non capisce di dover distinguere tra l’ambito dei principi, dei valori ultimi, e l’ambito di ciò che è storico, tradizionale, sociale, per quanto sia nobilissimo e vada preso sul serio ciò che dice, continuerà a trincerarsi su trincee abbattute”.
Per quanto riguarda il discorso pronunciato domenica dal cardinale, Cacciari rileva la centralità “del grande tema teologico dell’‘amore ordinato’. Scola ricorda che il cristianesimo non ha nulla a che fare con elementi gnostico-manichei, non ha nulla a che fare con uno spiritualismo che vede nella carne e nei piaceri della carne una immagine del male, e quindi non ha nulla a che fare con un platonismo malinteso. Il discorso di Scola, nella tradizione cristiana, dice a chiare lettere che la carne non è impedimento nel perseguimento della perfezione. Il tema dell’‘amore ordinato’ – tema agostiniano e tomista – è dunque richiamato con forza”. A buon diritto, aggiunge Cacciari, “perché è difficile immaginare una visione dell’amore e della sessualità più disordinata di quella che viene propinata quotidianamente da televisioni di stato e private e giornali. La cultura media di questo mondo è tutta improntata alla più disordinata delle idee di amore, ridotto a puro consumismo. Reagire a questa idea edonistico-consumistica dell’amore magari non sarà un fatto così nuovo (basta leggere qualsiasi filosofo degno di tal nome tra Otto e Novecento: si troverà presente questo tema in termini di durissima polemica contro l’andazzo contemporaneo in materia erotica).
Ma la riduzione dell’erotismo a pornografia è ormai un fatto assolutamente dominante. Bisognerebbe interrogarsi davvero sul perché questo sia avvenuto. Manca totalmente, invece, un’indagine di carattere storico-sociale su come le forme di sessualità e di erotismo si siano degradate a questo livello”. Il cardinale Scola nel suo discorso dice che la paura della morte “appare spesso la segreta padrona della relazione tra l’uomo e la donna, tra genitori e figli. Essa è all’origine della smania del ‘tutto e subito’ nei rapporti amorosi che, con la stessa rapidità, si bruciano e si moltiplicano”. Altri, semplificando, danno la colpa al Sessantotto, “e sono dei poveri idioti – dice senza complimenti Cacciari – anche perché dimenticano che in quegli anni imperversava la polemica di stampo francofortese-adorniano contro l’amore ridotto a consumismo. Le donne contestavano la pornografia dei concorsi di miss, contestavano gli abbigliamenti erotizzanti. Se c’era un difetto nel Sessantotto era proprio l’opposto del consumismo pornografico”.
Un consumismo, aggiunge Cacciari, che non va confuso con il tema della libertà sessuale. Su questo punto, la sua posizione diverge da quella espressa da Scola nel “discorso del Redentore”: “Non riesco a capire il passaggio dal condivisibilissimo richiamo all’amore ordinato (che non deve essere consumistico ed edonistico, ma deve essere conoscenza e amicizia nel senso medievale del termine) alla castità vista come unico modo di umanizzare la sessualità”. “Casto è l’uomo che sa tenere in ordine il proprio io”, dice Scola, che per indicare astensione dai rapporti sessuali parla di scelta di verginità e di celibato. “Ugualmente non trovo logico il passaggio – replica Cacciari – che mi pare contraddica il discorso sull’amore ordinato e completo. E se è una metafora, quella della castità riguarda solo la fede cristiana”. Sostiene Scola che “l’amore per sua natura chiede il ‘per sempre’, nonostante l’umana fragilità. E’ nell’indissolubilità del matrimonio che la relazione tra l’uomo e la donna raggiunge la sua vera dignità”.
Anche su questo Cacciari non concorda: “Che un rapporto d’amore vero debba cominciare con ‘per sempre’ è certo. Che questo ‘per sempre’ possa esserlo davvero dipende da vari fattori, come Scola, da pastore, certamente sa. Vale anche a proposito del celibato dei preti. Dipende, per esempio da quel fattore che è la grazia. Ma se diventa sacrificio e costrizione, lungi dall’aprire a un rapporto più pieno con il prossimo si trasforma in una prigione. L’amore deve essere libero in questo senso, non perché svolazza ma perché responsabilmente mi consente di donarmi in una relazione. Non sempre il ‘per sempre’ è possibile, e la costrizione diventa letale per l’amore ordinato. Se la chiesa non capisce di dover distinguere tra l’ambito dei principi, dei valori ultimi, e l’ambito di ciò che è storico, tradizionale, sociale, per quanto sia nobilissimo e vada preso sul serio ciò che dice, continuerà a trincerarsi su trincee abbattute”.
«Il Foglio» del 20 luglio 2010
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