di Giuseppe Granieri
Dal punto di vista del lettore i fattori industriali che porteranno alla diffusione dell'ebook spesso sono irrilevanti. Ma della questione libro versus ebook si parla comunque in termini quasi tifosi, sicuramente affettivi e in qualche caso terribilmente nostalgici.
Da un lato ci sono gli entusiasti, coloro che per carattere e per formazione abbracciano più facilmente le innovazioni e dall'altro ci sono coloro che, altrettanto giustamente, colorano molto le proprie abitudini.
Gli argomenti delle preferenze personali, il più delle volte, sono ininfluenti ai fini del risultato. Ma non cessano di essere interessanti se si guarda al dibattito che ne scaturisce. Il libro viene spesso identificato con l'oggetto (pur essendo oggetto e testo). E l'oggetto arreda, ha quel suo profumo di stampa, un piacere tattile ed è anche portatore di una sottile forma di comunicazione personale: sto leggendo questo libro e la cosa dovrebbe raccontarti abbastanza di me. «Spesso», racconta Jessica, dell'agenzia letteraria Bookends, «ho incontrato persone ed ho parlato con sconosciuti sulla metropolitana solo perchè stavano leggendo un certo libro».
Nel post, intitolato A World of Ebooks, Jessica risponde ad una lettrice che le chiede come sarà il mondo senza libri per i nostri figli. «I nostri bambini, le persone in generale», si interroga, «saranno meno portate alle lettura perchè non hanno più pareti piene di libri in cui cercare qualcosa che interessi?». Probabilmente no, dice. E nei commenti la discussione si accende, con tanti argomenti, pro o contro. A partire dal primo («Gli ebook non sono solo più economici, sono anche ecologici») fino a costruire un ricco catalogo di esperienze di singoli lettori.
Sull'altro fronte, quello dei tifosi, si gioca con piccole provocazioni argute e affatto prive di fondamento. «I libri stanno agli e-readers, come i vinili stanno all'iPod», twitta @ArtNite. «Io non ho mai sentito di nessuno che sniffasse beatamente i libri di carta prima che si cominciasse a parlare di ebook», scrive FamilyBooks. E continua: «Alcuni esperti sostengono che metà dei libri esistenti saranno scaricabili nel giro di due o tre anni. É straordinario. Per seicento anni le macchine da stampa di Gutenberg e le loro discendenti hanno prodotto i nostri libri, i nostri giornali e le nostre riviste. Ora in un battito di ciglia elettronico l'applicazione dell'inchiostro su carta sta diventando obsoleta». C'è poco da fare: questi sono mesi in cui a Gutenberg staranno fischiando molto le orecchie.
Di fatto nessuno ha in mano la sfera di cristallo. Ma spesso gli argomenti addotti, pur essendo di solito giusti e condivisibili, non sono comparabili tra loro. La transizione verso il digitale è un processo irreversibile e alimentato da fattori talmente generali da rendere -come dicevamo- irrilevanti le nostre preferenze personali. L'opinione più diffusa è che alla carta -ormai antieconomica- resterà il dominio di prodotti particolari e molto curati.
L'incognita maggiore è la rapidità del cambiamento, il mazzetto di anni in cui si poterà a compimento il processo. Se guardiamo agli altri settori dell'industria culturale, l'intervallo di tempo è sempre stato molto più breve di quanto prevedessero gli analisti, specie quelli che guardavano le cose accadere dall'interno del settore che ne era toccato. La storia recente ci insegna che si arriva sempre ad un momento in cui si supera una soglia critica e tutto accelera improvvisamente. Staremo a vedere.
Quello che invece sappiamo per certo è che le nostre abitudini, da quel punto in poi, si aggiornano facilmente. E per il libro non sarebbe nemmeno la prima volta. Il professor Piero Innocenti, qualche settimana fa, ne raccontava la storia da appassionato studioso di bibliotecomia. E c'è stato un momento in cui la rappresentazione di una donna che leggeva un libro era considerata «eversiva». O, ancora, prima del settecento la lettura era una concessione del sovrano o della Chiesa, non un diritto del popolo. E una biblioteca pubblica era impensabile.
La nostra idea del libro è sempre stata determinata dalla cultura in cui viviamo. E il libro non finirà, come non è finito passando dal rotolo alla stampa. Si adeguerà alla cultura di oggi e, se devo dire la mia, arriverà presto il momento in cui l'ebook ci sembrerà la cosa più normale del mondo.
Da un lato ci sono gli entusiasti, coloro che per carattere e per formazione abbracciano più facilmente le innovazioni e dall'altro ci sono coloro che, altrettanto giustamente, colorano molto le proprie abitudini.
Gli argomenti delle preferenze personali, il più delle volte, sono ininfluenti ai fini del risultato. Ma non cessano di essere interessanti se si guarda al dibattito che ne scaturisce. Il libro viene spesso identificato con l'oggetto (pur essendo oggetto e testo). E l'oggetto arreda, ha quel suo profumo di stampa, un piacere tattile ed è anche portatore di una sottile forma di comunicazione personale: sto leggendo questo libro e la cosa dovrebbe raccontarti abbastanza di me. «Spesso», racconta Jessica, dell'agenzia letteraria Bookends, «ho incontrato persone ed ho parlato con sconosciuti sulla metropolitana solo perchè stavano leggendo un certo libro».
Nel post, intitolato A World of Ebooks, Jessica risponde ad una lettrice che le chiede come sarà il mondo senza libri per i nostri figli. «I nostri bambini, le persone in generale», si interroga, «saranno meno portate alle lettura perchè non hanno più pareti piene di libri in cui cercare qualcosa che interessi?». Probabilmente no, dice. E nei commenti la discussione si accende, con tanti argomenti, pro o contro. A partire dal primo («Gli ebook non sono solo più economici, sono anche ecologici») fino a costruire un ricco catalogo di esperienze di singoli lettori.
Sull'altro fronte, quello dei tifosi, si gioca con piccole provocazioni argute e affatto prive di fondamento. «I libri stanno agli e-readers, come i vinili stanno all'iPod», twitta @ArtNite. «Io non ho mai sentito di nessuno che sniffasse beatamente i libri di carta prima che si cominciasse a parlare di ebook», scrive FamilyBooks. E continua: «Alcuni esperti sostengono che metà dei libri esistenti saranno scaricabili nel giro di due o tre anni. É straordinario. Per seicento anni le macchine da stampa di Gutenberg e le loro discendenti hanno prodotto i nostri libri, i nostri giornali e le nostre riviste. Ora in un battito di ciglia elettronico l'applicazione dell'inchiostro su carta sta diventando obsoleta». C'è poco da fare: questi sono mesi in cui a Gutenberg staranno fischiando molto le orecchie.
Di fatto nessuno ha in mano la sfera di cristallo. Ma spesso gli argomenti addotti, pur essendo di solito giusti e condivisibili, non sono comparabili tra loro. La transizione verso il digitale è un processo irreversibile e alimentato da fattori talmente generali da rendere -come dicevamo- irrilevanti le nostre preferenze personali. L'opinione più diffusa è che alla carta -ormai antieconomica- resterà il dominio di prodotti particolari e molto curati.
L'incognita maggiore è la rapidità del cambiamento, il mazzetto di anni in cui si poterà a compimento il processo. Se guardiamo agli altri settori dell'industria culturale, l'intervallo di tempo è sempre stato molto più breve di quanto prevedessero gli analisti, specie quelli che guardavano le cose accadere dall'interno del settore che ne era toccato. La storia recente ci insegna che si arriva sempre ad un momento in cui si supera una soglia critica e tutto accelera improvvisamente. Staremo a vedere.
Quello che invece sappiamo per certo è che le nostre abitudini, da quel punto in poi, si aggiornano facilmente. E per il libro non sarebbe nemmeno la prima volta. Il professor Piero Innocenti, qualche settimana fa, ne raccontava la storia da appassionato studioso di bibliotecomia. E c'è stato un momento in cui la rappresentazione di una donna che leggeva un libro era considerata «eversiva». O, ancora, prima del settecento la lettura era una concessione del sovrano o della Chiesa, non un diritto del popolo. E una biblioteca pubblica era impensabile.
La nostra idea del libro è sempre stata determinata dalla cultura in cui viviamo. E il libro non finirà, come non è finito passando dal rotolo alla stampa. Si adeguerà alla cultura di oggi e, se devo dire la mia, arriverà presto il momento in cui l'ebook ci sembrerà la cosa più normale del mondo.
«La Stampa» dell'8 luglio 2010
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