Un po' per moda, un po' per cultura e convinzioneLe
di Gabriella Sartori
Grazie a un sindaco (e ai tatuaggi) Londra ritrova il latino. E noi?
Nel bel mezzo di questa torrida estate, è scoppiata la corsa alla lingua di Cicerone proprio là dove meno te lo saresti immaginato: in mezzo agli adolescenti londinesi fra i tredici e i sedici anni. Che il latino stia conoscendo da qualche anno un grande 'revival' di apprezzamento presso i ceti intellettuali statunitensi, era abbastanza noto. E che da parte della Cina sia in corso una gara ad accaparrarsi i migliori docenti di Diritto Romano (che non può esprimersi se non in latino) è pure una notizia che circola: in quel gigantesco Paese, di antichissima civiltà, (grande in vari campi ma non in quello della legge), si è subito compreso che non si può aspirare ad aver un grande futuro senza le basi del Diritto, uno degli insostituibili patrimoni culturali che Roma ha dato al mondo. Ma fin qui si tratta sempre di élites, di ceti intellettuali.
Nulla a che vedere, ahimè, con i teen agers inglesi, la maggioranza dei quali va alla scuola statale: che versa in condizioni miserevoli sia per il livello culturale che disciplinare.
Se dunque adesso folle di ragazzini robustamente ignoranti cominciano a studiare il latino, la causa è una sola: vogliono semplicemente capire che cosa significano le scritte latine che attori e modelle, calciatori e cantanti hanno preso a farsi tatuare sulla pelle. Ignorandone, spesso, il significato. Qualche esempio: sulla pancia di Angelina Jolie sta scritto: «Quod me nutrit, me detruit» (ciò che mi nutre, mi distrugge: insomma, attenti a non mangiar troppo e male); sull’avambraccio di David Beckam è inciso l’impegnativo: «Perfectio in spiritu», mentre Colin Farrell, famosissimo attore irlandese, bel tenebroso per eccellenza, se ne va in giro con l’immortale «Carpe diem» oraziano impresso sulla venerata epidermide.
Il caso della bellissima modella Danielle Lloyd è a parte: in passerella, sfoggia ,sulla scapola, una scritta latina così piena di strafalcioni che nessun cultore della lingua di Cicerone riesce a tradurla. Tema sul quale divampa la disputa in Internet. E si potrebbe continuare con gli esempi. Sia come sia, nell’ultimo anno, i ragazzini londinesi desiderosi di studiare il latino sono raddoppiati; e gli istituti secondari statali che garantiscono l’insegnamento della lingua di Roma, in pochi anni, sono passati da cento a seicento. Gioisce il sindaco di Londra, il fantasioso Boris Johnson, da sempre entusiasta cultore delle lingue classiche, che sta facendo mettere a punto un programma di latino accessibile anche ai bambini delle elementari. «Il latino – spiega Barbara Bell una delle sue responsabili scolastiche di fiducia – è come il buonumore dei vecchi, ha impronte leggere e lascia le cose come stanno, in ordine, precise... ma solo i bambini hanno l’apertura mentale per farlo diventare uno strumento decisivo per il loro sviluppo »; mentre Johnson chiosa: «Non possiamo capire il mondo moderno senza studiare il mondo antico». Parole sante.
Da troppo tempo dissennatamente rifiutate e dimenticate. Infatti oggi, mentre tutti li cercano, i docenti in grado di insegnare il latino si contano sulle dita di una mano: anche nelle prestigiose università di Oxford e Cambridge. A tanto può giungere l’umana insipienza: a gettare alle ortiche ciò che è insostituibilmente prezioso, a tagliare le radici. Delitto tanto più grave quanto più il nostro mondo sta diventando interetnico. Riflessioni analoghe, tanto più tristemente, potremmo fare anche noi italiani, primi eredi, in teoria, della lingua e della civiltà latine. A cui, adesso, tornano ad abbeverarsi, assetati, Paesi e persone a noi lontani. C’è stato del metodo nella nostra immane, distruttiva follia, direbbe Shakespeare. È una beffarda (e severa) replica della Storia che la spinta a tornare sui nostri passi venga anche dalla sua terra. E pazienza se arriva da frotte di ignorantissimi teen agers ansiosi di capire cosa sta scritto sulla pancia di Angelina Jolie e compagni: pur che venga.
Nulla a che vedere, ahimè, con i teen agers inglesi, la maggioranza dei quali va alla scuola statale: che versa in condizioni miserevoli sia per il livello culturale che disciplinare.
Se dunque adesso folle di ragazzini robustamente ignoranti cominciano a studiare il latino, la causa è una sola: vogliono semplicemente capire che cosa significano le scritte latine che attori e modelle, calciatori e cantanti hanno preso a farsi tatuare sulla pelle. Ignorandone, spesso, il significato. Qualche esempio: sulla pancia di Angelina Jolie sta scritto: «Quod me nutrit, me detruit» (ciò che mi nutre, mi distrugge: insomma, attenti a non mangiar troppo e male); sull’avambraccio di David Beckam è inciso l’impegnativo: «Perfectio in spiritu», mentre Colin Farrell, famosissimo attore irlandese, bel tenebroso per eccellenza, se ne va in giro con l’immortale «Carpe diem» oraziano impresso sulla venerata epidermide.
Il caso della bellissima modella Danielle Lloyd è a parte: in passerella, sfoggia ,sulla scapola, una scritta latina così piena di strafalcioni che nessun cultore della lingua di Cicerone riesce a tradurla. Tema sul quale divampa la disputa in Internet. E si potrebbe continuare con gli esempi. Sia come sia, nell’ultimo anno, i ragazzini londinesi desiderosi di studiare il latino sono raddoppiati; e gli istituti secondari statali che garantiscono l’insegnamento della lingua di Roma, in pochi anni, sono passati da cento a seicento. Gioisce il sindaco di Londra, il fantasioso Boris Johnson, da sempre entusiasta cultore delle lingue classiche, che sta facendo mettere a punto un programma di latino accessibile anche ai bambini delle elementari. «Il latino – spiega Barbara Bell una delle sue responsabili scolastiche di fiducia – è come il buonumore dei vecchi, ha impronte leggere e lascia le cose come stanno, in ordine, precise... ma solo i bambini hanno l’apertura mentale per farlo diventare uno strumento decisivo per il loro sviluppo »; mentre Johnson chiosa: «Non possiamo capire il mondo moderno senza studiare il mondo antico». Parole sante.
Da troppo tempo dissennatamente rifiutate e dimenticate. Infatti oggi, mentre tutti li cercano, i docenti in grado di insegnare il latino si contano sulle dita di una mano: anche nelle prestigiose università di Oxford e Cambridge. A tanto può giungere l’umana insipienza: a gettare alle ortiche ciò che è insostituibilmente prezioso, a tagliare le radici. Delitto tanto più grave quanto più il nostro mondo sta diventando interetnico. Riflessioni analoghe, tanto più tristemente, potremmo fare anche noi italiani, primi eredi, in teoria, della lingua e della civiltà latine. A cui, adesso, tornano ad abbeverarsi, assetati, Paesi e persone a noi lontani. C’è stato del metodo nella nostra immane, distruttiva follia, direbbe Shakespeare. È una beffarda (e severa) replica della Storia che la spinta a tornare sui nostri passi venga anche dalla sua terra. E pazienza se arriva da frotte di ignorantissimi teen agers ansiosi di capire cosa sta scritto sulla pancia di Angelina Jolie e compagni: pur che venga.
«Avvenire» del 28 luglio 2010
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