di Luigi Mascheroni
A destra può darsi che non esistano gli intellettuali o, se esistono, siano degli individualisti metodologici. Ma a sinistra, dove sono sempre stati numerosi e organici alla causa, ultimamente stanno diventando primedonne e litigiosi oltre il limite.
L’ultimo atto della faida che sta lacerando l’ala culturale della sinistra democratica, capace di ricompattarsi solo in chiave antiberlusconiana, coinvolge in questi giorni i nomi più belli della «giovane» critica militante. Carla Benedetti e Andrea Cortellessa. I quali, partendo da una discussione sul film-documentario Senza scrittori realizzato dal primo e criticato dalla seconda, finiscono per stroncarsi a vicenda, mandando al tappeto, con due ganci incrociati, il mito della sinistra culturale moderata e intelligente. La Benedetti firma sul sito Il primo amore (e in versione riveduta sull’Espresso) un impietoso atto d’accusa (che sul sito ha come sommario: «Perché in Italia la profondità e il coraggio vengono osteggiati soprattutto a sinistra?») contro i cosiddetti «giri», cioè le lobby di potere, che infestano la cultura; contro i qualunquisti e i pressapochisti che non vedono quanto ancora di buono si produce nel Paese; e contro coloro che, da sinistra, attaccano le uniche vere «voci fuori dal comune» come Roberto Saviano e Antonio Moresco accusandole di essere di destra. Concludendo con una frase di una violenza agghiacciante: «Nell’ultimo decennio gran parte della sinistra sembra aver fatto di tutto per consegnare la vita culturale a una mediocrità di mera sopravvivenza. Ha persino agito in senso contrario all’idea di egemonia, chiudendo spazi alle voci più “abrasive”, mentre i giornali di destra si affrettavano ad accoglierle» (quest’ultimo passaggio tagliato sull’Espresso).
Una Benedetti dalla lingua tagliente. Ma, a detta di Cortellessa che le risponde su Affaritaliani.it, anche biforcuta: «Questa eroina del libero pensiero e della parresìa sostiene due diverse verità: sull’Espresso Umberto Eco e la rivista Alfabeta2 sono la prova autoevidente della vitalità della cultura italiana, sul Primo amore quelle di Alfabeta2 sono invece “stanche rimasticazioni”». Accusando la collega di «spettacolare performance della peggiormente italiana doppia verità di comodo e di schieramento», ma alla fine lasciando al lettore una pessima impressione sullo stile intellettuale della “nuova” sinistra che pensa.
L’ultimo atto della faida che sta lacerando l’ala culturale della sinistra democratica, capace di ricompattarsi solo in chiave antiberlusconiana, coinvolge in questi giorni i nomi più belli della «giovane» critica militante. Carla Benedetti e Andrea Cortellessa. I quali, partendo da una discussione sul film-documentario Senza scrittori realizzato dal primo e criticato dalla seconda, finiscono per stroncarsi a vicenda, mandando al tappeto, con due ganci incrociati, il mito della sinistra culturale moderata e intelligente. La Benedetti firma sul sito Il primo amore (e in versione riveduta sull’Espresso) un impietoso atto d’accusa (che sul sito ha come sommario: «Perché in Italia la profondità e il coraggio vengono osteggiati soprattutto a sinistra?») contro i cosiddetti «giri», cioè le lobby di potere, che infestano la cultura; contro i qualunquisti e i pressapochisti che non vedono quanto ancora di buono si produce nel Paese; e contro coloro che, da sinistra, attaccano le uniche vere «voci fuori dal comune» come Roberto Saviano e Antonio Moresco accusandole di essere di destra. Concludendo con una frase di una violenza agghiacciante: «Nell’ultimo decennio gran parte della sinistra sembra aver fatto di tutto per consegnare la vita culturale a una mediocrità di mera sopravvivenza. Ha persino agito in senso contrario all’idea di egemonia, chiudendo spazi alle voci più “abrasive”, mentre i giornali di destra si affrettavano ad accoglierle» (quest’ultimo passaggio tagliato sull’Espresso).
Una Benedetti dalla lingua tagliente. Ma, a detta di Cortellessa che le risponde su Affaritaliani.it, anche biforcuta: «Questa eroina del libero pensiero e della parresìa sostiene due diverse verità: sull’Espresso Umberto Eco e la rivista Alfabeta2 sono la prova autoevidente della vitalità della cultura italiana, sul Primo amore quelle di Alfabeta2 sono invece “stanche rimasticazioni”». Accusando la collega di «spettacolare performance della peggiormente italiana doppia verità di comodo e di schieramento», ma alla fine lasciando al lettore una pessima impressione sullo stile intellettuale della “nuova” sinistra che pensa.
«Il Giornale» del 20 luglio 2010
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