Il presidente dello Ior denuncia gli effetti negativi delle teorie malthusiane e propone di rilanciare la funzione della famiglia
di Ettore Gotti Tedeschi
Il calo demografico fattore principale della crisi
I profeti neomalthusiani andrebbero «responsabilizzati» non solo per il sacrificio di vite umane negli ultimi decenni, ma anche per il crollo dell’economia, per la crisi attuale e per l’impoverimento del mondo occidentale. Per loro ci vorrebbe una specie di (amoroso» e caritatevole) processo di Norimberga per aver indebolito l’uomo e rese sussidiarie le famiglie ai bisogni degli Stati. Nulla è più razionale di un principio di morale cattolica. Il crollo della natalità, oltre all’umiliazione della dignità umana attraverso le pratiche di aborto ed eutanasia, è l’esempio più evidente di quanto negare la vita comporti il crollo dell’economia. Trent’anni fa - grazie alle tesi malthusiane, rapidamente divulgate e altrettanto rapidamente recepite in un sistema culturale ormai relativista e prenichilista - il mondo occidentale decise di interrompere la natalità per il bene comune, per stare meglio e per non consumare troppo le risorse del pianeta. Riuscendo così a produrre un effetto diametralmente opposto. Infatti poche leggi economiche sono così razionalmente correlate all’andamento della natalità, il negarlo esprime solo l’irrazionalità pseudoscientifica e/o la non rettitudine di intenzioni. Tutti i modelli di crescita economica classici - per citarne qualcuno quelli di Solow e dello stesso Keynes - sono totalmente riferiti alla crescita o decrescita della popolazione e pertanto alla offerta di mano d’opera, alla produttività, alla domanda, agli investimenti e alla creazione di risparmio. Mi viene da affermare che chi non vuole la crescita della popolazione, in realtà, non voglia la crescita economica e del benessere. Ciò è spiegato dal fatto che costoro vedono nella crescita economica un peggioramento della qualità della vita (di chi può goderne...), un incoraggiamento dei bisogni artificiali, un consumo delle risorse del pianeta ecc. In realtà, essendo la maggior parte di queste affermazioni sbagliate, emerge l’idea più forte che in realtà sia l’uomo (egoista o peggio) a non sopportare il prossimo e a pensare continuamente come sacrificarlo con mezzi «leciti» e politicamente corretti. Anche Caino non sopportava Abele, per lui era di troppo. Era migliore produttivamente e lo umiliava con il risultato dei suoi allevamenti di greggi, ma soprattutto inquinava l’atmosfera. Come? Con i sacrifici (dei migliori montoni del gregge) che offriva, bruciandoli, a Dio. Magari Caino ha pensato di togliere dai piedi Abele quale «capitalista e antiecologista». Ma anche a lui, chi lo avrà mai suggerito? Alla fine del Settecento, un prete protestante, Thomas Robert Malthus, cercò di fare del sacrificio della crescita della popolazione, una scienza, spiegando «matematicamente» che la crescita della popolazione avrebbe esaurito le risorse disponibili. Nonostante Malthus stesso non sia mai stato in grado di spiegare detta teoria, chissà perché, questa divenne una scienza e si perpetuò fino a giorni nostri, attraverso i neomalthusiani, che negli anni 1968-1975 decretarono che prima del 2000 decine, centinaia di milioni di persone sarebbero morte di fame, soprattutto in Asia e India. Potenza previsionale degli «economisti scienziati», non solo ciò non è successo, ma detti Paesi, grazie alla popolazione, sono diventati benestanti, stanno diventando ricchi e forse ci compreranno. La crisi in corso nasce grazie al crollo delle nascite nel mondo occidentale che ha avuto inizio intorno al 1975. Detto crollo ha provocato la flessione dello sviluppo economico e l’aumento dei costi fissi grazie all’invecchiamento della popolazione, conseguentemente l’aumento delle imposte e il crollo del tasso di crescita del risparmio prodotto. Per compensare detti fenomeni prima si utilizzarono due modelli corretti: maggior produttività e delocalizzazione, poi, progressivamente, si stimolò la crescita consumistica a debito delle famiglie e, infine, dell’intero sistema economico, fino agli eccessi dei cosiddetti subprime degli ultimi anni, quando gli Usa (pur con una minima crescita di popolazione immigrata) dovettero sostenere con una crescita del Pil la ripresa delle spese militari post terrorismo dei primi anni del Duemila. Chi va vituperato pertanto? Il banchiere disonesto, come si cerca di insinuare, o il politico superficiale suggestionato dall’economista che lo convince ad aumentare nel suo mandato la crescita del Pil, diminuendo la crescita della popolazione o l’intellettuale supponente che si infastidisce se c’è coda in autostrada o al supermercato e divulga tesi insostenibili? E dove erano i responsabili della tenuta morale della società che dovevano spiegare dottrina e si occupavano invece di sociopolitica? Dove stanno ora le soluzioni? Io credo stiano anche, o soprattutto, nella soluzione educativa e nella forza della famiglia. Anzitutto sono convinto che l’uomo sia stato creato affinché pensasse prima che lavorasse. Negli ultimi decenni questa capacità di pensare è notevolmente diminuita avendo sostituito i modelli di apprendimento che erano propri della nostra cultura, da «sapere il perché» a «sapere come». È evidente che il modello «sapere come» è più produttivo, a breve, ma alla lunga produce schiavitù di pensiero e ritarda le capacità immaginative e reattive di progettazione di un futuro adeguato alla nostra vocazione. Si ritorni pertanto a insegnare e apprendere il «perché» prima del «come». La forza della famiglia non è solo nella capacità di produrre effetti sociali unici, perché dà fini e identità agli individui, responsabilizza e propone aspirazioni motivate, consapevoli e soggettive. La forza sta anche nel suo valore economico, poiché la famiglia produce impegno, stimolo a realizzare azioni responsabili e finalizzate al sostegno e alla crescita della famiglia stessa. Stimola la produzione, il risparmio, l’investimento, la creazione di ricchezza. Produce stimoli competitivi nell’educazione, formazione, sostegno dei figli, assistenza al suo interno, creando così un valore sostenibile per la società, un motore di produzione di talenti e ricchezza qualitativa e quantitativa. Incoraggiando la ripresa a sposarsi e a fare figli - anche se l’avvenire sembrasse scoraggiante (basta confidare nella grazia e impegnarsi) - avvia immediatamente un ciclo anche economico. La famiglia non solo produce crescita reale, ma avvia quattro anime economiche che le sono tanto proprie quanto misconosciute: la famiglia quale produttore di reddito, di risparmio, di investimento (in capitale umano soprattutto), di ridistributore di reddito al suo interno. Oggi che le idee per la ripresa mancano, il progetto famiglia ritorna a essere fondamentale. I Paesi preoccupati della non crescita della natalità hanno stabilito fondi a supporto, stanno progettando in tal modo una ripresa dell’economia a medio termine. La Francia ha stanziato qualche tempo fa un 2,5% del Pil, la Germania un 3,2%, la Scandinavia un 4%. L’Italia un 1%...
Se è vero che la famiglia è stata inventata dal cristianesimo, solo questo basterebbe a renderlo benemerito per i valori economici creati nei secoli. È evidente che per credere e realizzare tutto ciò, la maggioranza dovrebbe avere una visione antropologica comune dell’uomo. Però così non è. C’è chi vede nell’uomo una creatura di Dio e chi lo vede cancro dell’universo, altri si limitano a vederlo come puro mezzo di produzione e consumo. Curiosamente i detrattori della dignità della persona vorrebbero oggi un ridimensionamento dello sviluppo che renderebbe impossibile assorbire i costi fissi della nostra struttura economica e sociale e fare investimenti tecnologici. Decrescere oggi significherebbe produrre un sistema dove si devono pagare più tasse, inutilmente. Detti profeti sono gli stessi che scoraggiavano a fare figli. Reagiamo.
Anticipiamo un’ampia sintesi di un testo dell’economista Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior (Istituto per le opere di religione, la banca della Santa Sede). L’articolo apparirà sul nuovo numero di «Atlantide», rivista della Fondazione per la sussidiarietà (Edizioni Guerini e Associati) diretta da Giorgio Vittadini. Il fascicolo uscirà in occasione del Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini (in programma dal 22 al 28 agosto), durante il quale Gotti Tedeschi parteciperà il giorno 27 agosto (ore 15, Sala A2) a un dibattito sui problemi del lavoro con il direttore del «Corriere della Sera», Ferruccio de Bortoli, e con Phillip Blond, direttore del centro studi ResPublica e consigliere del premier britannico David Cameron.
«Corriere della Sera» del 23 luglio 2010
Nessun commento:
Posta un commento