La storia (speriamo non vera) del bebè di Cristiano Ronaldo
di Ferdinando Camon
Cristiano Ronaldo è un grande calciatore.
D’accordo, è uscito dai Mondiali senza aver mostrato niente, non un assist pennellato, non un gol di prepotenza o di astuzia, niente: sconfitto senza alibi. Mentre usciva dal campo, le telecamere lo inquadravano spietate.
Perché la sconfitta della sua nazionale s’incarnava in lui, lui era la sua nazionale. E lo sapeva. Un divo sa sempre quand’è inquadrato da una telecamera, anche se non la sta guardando. Un divo è un animale da cinepresa, non è come noi.
Sentendosi inquadrato, il divo s’è girato con uno scatto, una mossa isterica e nervosa, la reazione violenta dello sconfitto: e ha sputato verso l’obiettivo.
L’obiettivo che lo guarda è il mondo che lo guarda. Sputando sull’obiettivo, Ronaldo ha sputato sul mondo. Cioè su noi. E dunque esce sconfitto come uomo, oltre che come atleta. Sul piano atletico non ha combinato niente, sul piano umano il massimo che ha saputo dare è questo sputo su chi l’ammira, chi lo paga, chi s’avvilisce per la sua sconfitta. In quel momento, non meritava la nostra ammirazione. Non ci meritava.
Però resta un grande. Quando giocava nel Manchester United, ha compiuto imprese mirabolanti. Lui è mal fatto, ma la malagrazia lo aiuta: ha un torace vasto, sproporzionato al corpo. Ma quel torace risucchia aria per dieci polmoni, non due. È instancabile. Veloce. Potente: segna da fuori area con violenza e precisione. Agile, nel dribbling salta l’uomo, ma questo lo fanno in molti, lui salta tre uomini, e questo lo fanno in pochi. C’è un film sull’immigrazione verso Francia-Inghilterra, un film atroce e bellissimo, che s’intitola Welcome, in cui Cristiano Ronaldo appare per pochi secondi. Il protagonista è un giovane iracheno, Bilal, che è scappato di casa e ha attraversato l’Europa da clandestino perché vuole raggiungere la sua ragazza, emigrata in Gran Bretagna. È un atleta.
Grande nuotatore (vuol passare la Manica a nuoto). Ha un idolo: Cristiano Ronaldo. Per lui Cristiano Ronaldo incarna il successo in Occidente. Mentre Bilal finisce tragicamente, per pochi secondi vediamo Ronaldo che segna un gol dei suoi, e il popolo si scatena nel delirio. Questo è Ronaldo. E cosa combina adesso Ronaldo, perché ne parliamo qui? Ne parliamo perché gira su di lui una notizia clamorosa e deprimente, e tutti noi che lo ammiriamo speriamo che sia falsa. La notizia dice così: ha avuto un figlio da una donna e l’ha pagata 12 milioni di euro, perché gli consegni il pargolo e sparisca nel nulla, non si faccia vedere mai più. Nei siti Internet che danno questa notizia (non smentita da lui, non quanto vorremmo), in foto Ronaldo appare allegro, guance larghe e rosate, torace poderoso, fiero del bimbo, di cui annuncia che si occuperà solo lui con sua madre Dolores e la sorella Katia.
Nessun altro. Se la notizia resta questa, è doppiamente deprimente, e noi per primi speriamo che cambi. Anche un solo utero in affitto è di troppo. E dodici milioni di euro sono tanti. Con quella somma si può comprare un bene che il resto dell’umanità non può neanche sognare. E cosa compra Ronaldo? Non un figlio: l’umanità è piena di figli che non costano niente. Il figlio che lui compra è un figlio particolare, ed è questa particolarità che ha quel prezzo: è e resterà sempre senza madre. È un figlio orfano. Dunque Ronaldo spenderebbe una cifra pazzesca per regalare al figlio l’orfanità. Ci sono altri figli purtroppo che sono orfani, ma noi la consideriamo una disgrazia: la fortuna per un figlio è avere padre e madre, se gli manca uno dei due, vivrà una vita monca. Monca di che cosa? C’è tutto Freud per spiegarlo.
L’orfano è in lutto. Il campione del calcio mette al mondo un figlio e immediatamente gli regala il lutto. I figli che non hanno madre ma sanno che la madre esiste ed è nascosta da qualche parte, passano la vita a cercarla. Il figlio di Ronaldo è appena nato e già è alla ricerca. Non si fermerà mai. Per tutta la vita – se la storia dei 12 milioni è vera – espierà la condanna per una colpa, che non ha commesso lui.
D’accordo, è uscito dai Mondiali senza aver mostrato niente, non un assist pennellato, non un gol di prepotenza o di astuzia, niente: sconfitto senza alibi. Mentre usciva dal campo, le telecamere lo inquadravano spietate.
Perché la sconfitta della sua nazionale s’incarnava in lui, lui era la sua nazionale. E lo sapeva. Un divo sa sempre quand’è inquadrato da una telecamera, anche se non la sta guardando. Un divo è un animale da cinepresa, non è come noi.
Sentendosi inquadrato, il divo s’è girato con uno scatto, una mossa isterica e nervosa, la reazione violenta dello sconfitto: e ha sputato verso l’obiettivo.
L’obiettivo che lo guarda è il mondo che lo guarda. Sputando sull’obiettivo, Ronaldo ha sputato sul mondo. Cioè su noi. E dunque esce sconfitto come uomo, oltre che come atleta. Sul piano atletico non ha combinato niente, sul piano umano il massimo che ha saputo dare è questo sputo su chi l’ammira, chi lo paga, chi s’avvilisce per la sua sconfitta. In quel momento, non meritava la nostra ammirazione. Non ci meritava.
Però resta un grande. Quando giocava nel Manchester United, ha compiuto imprese mirabolanti. Lui è mal fatto, ma la malagrazia lo aiuta: ha un torace vasto, sproporzionato al corpo. Ma quel torace risucchia aria per dieci polmoni, non due. È instancabile. Veloce. Potente: segna da fuori area con violenza e precisione. Agile, nel dribbling salta l’uomo, ma questo lo fanno in molti, lui salta tre uomini, e questo lo fanno in pochi. C’è un film sull’immigrazione verso Francia-Inghilterra, un film atroce e bellissimo, che s’intitola Welcome, in cui Cristiano Ronaldo appare per pochi secondi. Il protagonista è un giovane iracheno, Bilal, che è scappato di casa e ha attraversato l’Europa da clandestino perché vuole raggiungere la sua ragazza, emigrata in Gran Bretagna. È un atleta.
Grande nuotatore (vuol passare la Manica a nuoto). Ha un idolo: Cristiano Ronaldo. Per lui Cristiano Ronaldo incarna il successo in Occidente. Mentre Bilal finisce tragicamente, per pochi secondi vediamo Ronaldo che segna un gol dei suoi, e il popolo si scatena nel delirio. Questo è Ronaldo. E cosa combina adesso Ronaldo, perché ne parliamo qui? Ne parliamo perché gira su di lui una notizia clamorosa e deprimente, e tutti noi che lo ammiriamo speriamo che sia falsa. La notizia dice così: ha avuto un figlio da una donna e l’ha pagata 12 milioni di euro, perché gli consegni il pargolo e sparisca nel nulla, non si faccia vedere mai più. Nei siti Internet che danno questa notizia (non smentita da lui, non quanto vorremmo), in foto Ronaldo appare allegro, guance larghe e rosate, torace poderoso, fiero del bimbo, di cui annuncia che si occuperà solo lui con sua madre Dolores e la sorella Katia.
Nessun altro. Se la notizia resta questa, è doppiamente deprimente, e noi per primi speriamo che cambi. Anche un solo utero in affitto è di troppo. E dodici milioni di euro sono tanti. Con quella somma si può comprare un bene che il resto dell’umanità non può neanche sognare. E cosa compra Ronaldo? Non un figlio: l’umanità è piena di figli che non costano niente. Il figlio che lui compra è un figlio particolare, ed è questa particolarità che ha quel prezzo: è e resterà sempre senza madre. È un figlio orfano. Dunque Ronaldo spenderebbe una cifra pazzesca per regalare al figlio l’orfanità. Ci sono altri figli purtroppo che sono orfani, ma noi la consideriamo una disgrazia: la fortuna per un figlio è avere padre e madre, se gli manca uno dei due, vivrà una vita monca. Monca di che cosa? C’è tutto Freud per spiegarlo.
L’orfano è in lutto. Il campione del calcio mette al mondo un figlio e immediatamente gli regala il lutto. I figli che non hanno madre ma sanno che la madre esiste ed è nascosta da qualche parte, passano la vita a cercarla. Il figlio di Ronaldo è appena nato e già è alla ricerca. Non si fermerà mai. Per tutta la vita – se la storia dei 12 milioni è vera – espierà la condanna per una colpa, che non ha commesso lui.
«Avvenire» del 10 luglio 2010
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