di Paolo Di Stefano
A essere sinceri, certe scoperte della tecnologia, salutate come invenzioni geniali, stupiscono più per l'ingenuità che per il valore di autentica originalità. Prendiamo, per esempio, l'ultima rivelazione di Kindle, l'e-book di Amazon. Che fosse possibile sottolineare il testo, durante la lettura digitale, era già acquisito. Ora si saluta un'ulteriore conquista: i passi sottolineati dai singoli utenti potranno essere resi pubblici, in modo tale da stilarne delle classifiche. Risultato: è nata la popular highlight, la sottolineatura popolare o qualcosa di simile. Non solo. La traccia di sottolineatura permetterà al lettore A di soddisfare una sua eventuale (quanto eventuale!) curiosità: sapere quali sono i passi che hanno più colpito l'attenzione del lettore B. In tal modo, la lettura si trasformerebbe da attività individuale in attività condivisa. Escludendo che quest' ultima bizzarria possa diffondersi al di là di una limitata cerchia di voyeuristi un po' deficienti, resta la popular highlight, cioè la graduatoria dei brani più evidenziati della letteratura, che rappresenterebbe una sorta di mega-antologia universale dei frammenti letterari più gettonati. Ma più gettonati da chi e perché? L'intenzione di stilare una classifica dei passi sottolineati rivela un banale equivoco: presuppone l'idea di un esercito di lettori-tipo che si accostano al libro con gli stessi propositi e le stesse emozioni. Un lettore-tipo che si metta a segnalare, durante la lettura, le parole, le frasi, i paragrafi genericamente «più belli» o «più emozionanti». Ma l'iniziativa non fa i conti con il senso profondo della lettura come attività del tutto libera e per eccellenza democratica: capricciosa, intima e soggettiva, gratuita oppure finalizzata a un scopo culturale o di ricerca. Uno studioso che legge Verga troverà interessanti le similitudini, una femminista si soffermerà su Filomena, Rosalia, Maruzza eccetera, un altro lettore troverà irresistibili i momenti più patetici. E allora? Come la mettiamo con le classifiche? Che anche l'intimità della lettura sia «sondaggiabile» è una pretesa eccessiva, persino per il miracoloso Kindle. Se la si vuole condividere, basta parlarne con gli amici.
«Corriere della Sera» del 7 luglio 2010
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