Riforma inglese contro "la dittatura degli studenti": tornano anche le uniformi
di Andrea Malaguti
Cresciuto alla Maidstone Grammar School, aristocratico edificio Tudor in cui i ragazzi dagli 11 ai 18 anni vengono educati assieme agli allievi della Marina, dell’esercito e dell’aviazione, Nick Gibb, cinquantenne ministro dell’Istruzione, ha comunicato alla nazione le regole destinate a «rimettere in equilibrio la bilancia del potere tra gli studenti e i professori, invitati a utilizzare le maniere forti quando queste sono necessarie per ristabilire l’ordine all’interno della classe».
Abituato a fare i conti con la disperazione di insegnanti che si portano addosso la stanchezza molle di coloro che hanno definitivamente desistito, costretto a confrontarsi con i raggelanti dati relativi al 2009 del servizio nazionale scolastico - 2.300 ragazzi espulsi dagli istituti per avere aggredito i propri educatori o i propri compagni, due professori su cinque fatti oggetto di violenze personali - Gibb ha preparato, con l’approvazione dell’etoniano David Cameron, il più spettacolare giro di vite che la Gran Bretagna ricordi. «Solo così possiamo tutelare i diritti di chi vuole crescere e studiare davvero».
Quattro i cardini del percorso. Uno: i professori hanno diritto di fare ricorso alla forza fisica, con l’unica avvertenza di non ferire i ragazzi, per impedire comportamenti antisociali. Due: gli insegnanti possono intervenire non solo perché spinti dall’uso di armi, droghe e alcol da parte degli allievi come previsto dalla legge vigente, ma anche per dissuaderli dal maneggiare telefoni cellulari, mp3, dispositivi elettronici, materiale pornografico e ogni altro oggetto considerato improprio. Tre: gli educatori possono imporre i cosiddetti «provvedimenti di detenzione» senza le 24 ore di preavviso previste dal governo Brown. Il ragazzo punito, in sostanza, può essere costretto a fermarsi nelle ore pomeridiane per essere sottoposto a lezioni di recupero senza passare da casa. Quattro: ai professori che vengono accusati di maltrattamenti o di comportamenti scorretti è assicurato l’anonimato per non esporli a possibili calunnie.
«Lo facciamo per gli studenti, non per gli insegnanti», assicura Gibb, che per il primo giro di rappresentanza ha scelto di visitare la St. Gregory’s School, l’istituto cattolico premiato lo scorso anno come scuola più disciplinata del Paese. «Qui i ragazzi portano splendide divise blu. Dal 2011 vorrei che in ogni istituto primario e secondario fosse indossata una divisa». Avete capito che tira un’aria diversa?
La progressista Christine Blower, responsabile del sindacato degli insegnanti, abituata a essere abbandonata come una spiaggia in ottobre nelle sue battaglie a difesa della categoria, ha commentato secca: «È giusto intervenire sui ragazzi che superano il limite, i tentativi di violenza sessuale e l’uso dei coltelli sono ormai il nostro pane quotidiano». Solo l’Università di Hull ha prodotto una ricerca per mettere in guardia il governo. «Tra telecamere negli istituti e minacce di ritorsioni corporali i giovani, terrorizzati, smetteranno di avere fiducia negli adulti, ameranno di meno lo studio e dunque impareranno di meno».
Quando gli hanno comunicato le perplessità del prestigioso consesso, Nick Gibb ha inarcato appena il sopracciglio e ha canticchiato tra sè e sè il ritornello in latino della canzone dei suoi tredici anni: «Maidstonenses gaudemaus Laudibus, et efferamus Scholam nostram, quae oramus Sempiterna floreat» («Maidstoniani rallegriamoci con lodi, esaltiamo la nostra scuola, che preghiamo prosperi in eterno»), poi si è allontanato con una risata vittoriosa immobile nella bocca.
Abituato a fare i conti con la disperazione di insegnanti che si portano addosso la stanchezza molle di coloro che hanno definitivamente desistito, costretto a confrontarsi con i raggelanti dati relativi al 2009 del servizio nazionale scolastico - 2.300 ragazzi espulsi dagli istituti per avere aggredito i propri educatori o i propri compagni, due professori su cinque fatti oggetto di violenze personali - Gibb ha preparato, con l’approvazione dell’etoniano David Cameron, il più spettacolare giro di vite che la Gran Bretagna ricordi. «Solo così possiamo tutelare i diritti di chi vuole crescere e studiare davvero».
Quattro i cardini del percorso. Uno: i professori hanno diritto di fare ricorso alla forza fisica, con l’unica avvertenza di non ferire i ragazzi, per impedire comportamenti antisociali. Due: gli insegnanti possono intervenire non solo perché spinti dall’uso di armi, droghe e alcol da parte degli allievi come previsto dalla legge vigente, ma anche per dissuaderli dal maneggiare telefoni cellulari, mp3, dispositivi elettronici, materiale pornografico e ogni altro oggetto considerato improprio. Tre: gli educatori possono imporre i cosiddetti «provvedimenti di detenzione» senza le 24 ore di preavviso previste dal governo Brown. Il ragazzo punito, in sostanza, può essere costretto a fermarsi nelle ore pomeridiane per essere sottoposto a lezioni di recupero senza passare da casa. Quattro: ai professori che vengono accusati di maltrattamenti o di comportamenti scorretti è assicurato l’anonimato per non esporli a possibili calunnie.
«Lo facciamo per gli studenti, non per gli insegnanti», assicura Gibb, che per il primo giro di rappresentanza ha scelto di visitare la St. Gregory’s School, l’istituto cattolico premiato lo scorso anno come scuola più disciplinata del Paese. «Qui i ragazzi portano splendide divise blu. Dal 2011 vorrei che in ogni istituto primario e secondario fosse indossata una divisa». Avete capito che tira un’aria diversa?
La progressista Christine Blower, responsabile del sindacato degli insegnanti, abituata a essere abbandonata come una spiaggia in ottobre nelle sue battaglie a difesa della categoria, ha commentato secca: «È giusto intervenire sui ragazzi che superano il limite, i tentativi di violenza sessuale e l’uso dei coltelli sono ormai il nostro pane quotidiano». Solo l’Università di Hull ha prodotto una ricerca per mettere in guardia il governo. «Tra telecamere negli istituti e minacce di ritorsioni corporali i giovani, terrorizzati, smetteranno di avere fiducia negli adulti, ameranno di meno lo studio e dunque impareranno di meno».
Quando gli hanno comunicato le perplessità del prestigioso consesso, Nick Gibb ha inarcato appena il sopracciglio e ha canticchiato tra sè e sè il ritornello in latino della canzone dei suoi tredici anni: «Maidstonenses gaudemaus Laudibus, et efferamus Scholam nostram, quae oramus Sempiterna floreat» («Maidstoniani rallegriamoci con lodi, esaltiamo la nostra scuola, che preghiamo prosperi in eterno»), poi si è allontanato con una risata vittoriosa immobile nella bocca.
«La Stampa» dell'8 luglio 2010
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