Numeri e sofferenze di un dramma
di Marco Tarquinio
Scandalo pedofilia
Abbiamo sperato a lungo che lo facesse qualcun altro. Che su qualche altro giornale si desse compiutamente conto di che cosa è davvero, oggi, nel mondo, lo «scandalo pedofilia». Uno scandalo enorme. Vittime a milioni, a decine e decine e decine di milioni. Affari a miliardi. Paesi civilissimi e teatro di importanti campagne di stampa moralizzatrici – tutte concentrate sui reati di pedofilia commessi dalla Chiesa cattolica – che però sono la patria di frotte di «orchi» che originano i più imponenti e vergognosi flussi del turismo sessuale e sono la ragione delle sfrenate fortune dell’industria pedopornografica. Cifre, stime, censimenti, proiezioni, quantificazioni, allarmi tutti rigorosamente pubblici, nazionali e sovranazionali. Dati forniti e reperibili attraverso l’Onu. Speravamo che qualcun altro se ne appassionasse, perché noi di Avvenire li raccogliamo e pubblichiamo già da anni, perché da sempre ci battiamo contro la pseudo cultura del 'tutto è normale' e contro il suo frutto più repellente: il cancro degli abusi sessuali sulle bambine e sui bambini. Oggi li rimettiamo in pagina tutti assieme in un inserto curato da Lucia Bellaspiga – e li accostiamo a storie e testimonianze emblematiche – anche se sappiamo che qualcuno proverà a dire che lo facciamo per sostenere che in un male così profondo e talmente grande anche il male commesso da alcuni uomini e donne di Chiesa si riduce, e quasi scompare. Meglio che lasci stare, perché noi – facendo con le nostre parole eco a Papa Benedetto e ai nostri vescovi – diciamo l’esatto contrario: nulla si perde, ogni scheggia di male è acuta e pesa, pesa maledettamente. Soprattutto per chi è cattolico. Ma proprio per questo motivo nessuno può chiudere gli occhi su nessuna parte di questo scandalo. E ignorarne le esatte proporzioni. E ritenere di mescolare verità e falsità – vari media, anche italiani, l’hanno fatto creando in modo indecoroso casi inesistenti, da ultimo contro il cardinale belga Danneels – solo per attaccare la Chiesa. Stare con le vittime di violenza e abuso – e ce ne sono pure tra gli ingiustamente accusati, come racconta la vicenda di Angela L. e di suo padre che grazie a due ottimi giornalisti si è fatta libro – vuol dire prima di tutto stare con la verità. Ci deve essere giustizia. Ci può essere riparazione e pentimento. E per questa via – se Dio vuole e le vittime ne sono capaci – perdono. Ma mai alibi, mai rimozioni.
«Avvenire» del 10 luglio 2010
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