06 febbraio 2010

Le vie dell'editoria infinite e capricciose

I tanti casi di libri che hanno avuto successo solo anni dopo la prima pubblicazione
di Paolo Di Stefano
Le vie dell'editoria sono infinite. E spesso imperscrutabili. A proposito di Salinger, pochi ricordano che l'editore Gherardo Casini di Roma pubblicò il suo romanzo (l'intraducibile The Catcher in the Rye) un anno dopo l'uscita in America, e cioè nel 1952, con un titolo obiettivamente opaco, Vita da uomo, nella traduzione di Jacopo Darca e con un sottotitolo inutilmente enigmatico (Un libro scandaloso o profondamente morale?). Bisognerà aspettare ben nove anni e una nuova traduzione (di Adriana Motti) perché il libro, riproposto da Einaudi, abbia in Italia il successo che merita (e forse di più), con un titolo accettabile anche se inevitabilmente distante da quello originale (Il giovane Holden). Intanto, se Gherardo Casini si fosse tenuto i diritti del suo Vita da uomo forse la sua vita da editore sarebbe cambiata. Non è un caso isolato. In Italia il più clamoroso fu il capolavoro di Primo Levi Se questo è un uomo, rifiutato da molti e apparso in prima edizione, nel '47, da De Silva, una piccola casa torinese diretta da Franco Antonicelli. Tiratura 2500 copie, solo 1500 vendute. Einaudi, dopo molte incertezze (era stato respinto a suo tempo dalla Ginzburg e da Pavese), lo ripubblicò solo nel '58. Fu il successo che sappiamo. Se andate su Internet e cercate notizie dell'editore milanese Aldo Martello, troverete, oltre ai titoli di tanti raffinatissimi libri d'arte, molti autori stranieri che sarebbero poi approdati trionfalmente in altri cataloghi, compreso William Golding, con Il signore delle mosche (1958), ben prima che gli fosse conferito il Nobel e che Mondadori lo riproponesse alla grande. Non solo, Martello (che Sergio Giunti ricorda come «un pazzo scatenato») pubblicò anche, quasi alla macchia, diverse opere di Hermann Hesse, che poi avrebbe sfondato tutti i record con Adelphi. Certo, Roberto Calasso è il maestro dei recuperi magici: l'ungherese Sándor Márai fu tradotto in Italia, pressoché inosservato, nel 1938 (Divorzio a Buda), ben sessant'anni prima che Le braci diventasse un bestseller con Adelphi (e da allora i romanzi di Márai hanno venduto la bellezza di un milione e 200 mila copie!). Lo stesso era accaduto con Kundera, quasi ignorato in veste Mondadori e Bompiani. Il recupero più recente di Adelphi è un divertente romanzo di cui tutti si erano dimenticati da quando, nel '56, Bompiani lo lanciò in Italia in coincidenza dell'uscita del film: «Zia Mame» dell' americano Dennis Patrick. E Mordecai Richler, il cui romanzo Scegli il tuo nemico fu pubblicato da e/o nel '91 senza particolare rumore, è lo stesso autore canadese che nel 2007 scalò le classifiche con La versione di Barney. Un vero capolavoro come Chiamalo sonno di Henry Roth rimase sepolto alla prima uscita italiana (Lerici 1964) e fece il botto oltre vent'anni dopo con Garzanti. Le case editrici più piccole hanno meno visibilità? È vero, ma allora perché Raymond Carver andò male con Mondadori, così così con Garzanti, benissimo con la minimum fax? Tanto da spingere poi l'Einaudi ad acquisirlo in blocco. Può darsi che, presi a sé, uno per uno, questi capricci siano spiegabili (a posteriori). Ma sfido qualunque esperto del mercato librario a tirarne fuori una morale che li accomuni.
«Corriere della Sera» del 2 febbraio 2010

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