06 febbraio 2010

La tedesca Antes sulla Aleramo: femminismo e arte

di Claudio Toscani
Valente conoscitrice della no­stra letteratura tra Otto e Novecento, Monika Antes è un po’ la stella fissa per gli studi di italianistica all’estero, specialmente in Germania dove ha esemplar­mente presentato, in un saggio del 2006, la figura del poeta Dino Cam­pana e, ancora più recentemente, vita e opere di Sibilla Aleramo, al secolo Rina Faccio (1876-1960). Ma se una caratteristica questo libro riveste, essa non è nel considerare la Aleramo la pioniera del femmini­smo in Italia per il trasgressivo ac­cento della sua esistenza (molti a­mori, l’abbandono del marito e del figlio o la sua combattiva contrap­posizione a quanto fosse lecito alla moralità dei tempi e dei luoghi), ma piuttosto per la sua letteratura 'di confessione' all’epoca piuttosto ra­ra, e per una donna scrittrice quasi unica: quell’inesorabile autobio­grafia, tenace e coraggiosa ricerca di autenticità nella vita come nel­l’arte. E certo val bene non nascon­dere le tante fiamme che ne arsero il cuore (da Cardarelli a Papini, da Boccioni a Boine a Quasimodo, da Evola a Campana e fino a Eleonora Duse, che neanche fu l’unica), né andare oltre a certe crudezze che in alcuni suoi libri francamente urta­no persino l’insensibilità moderna; ma meglio ancora è ricondurle alla più o meno conscia elaborazione delle non facili esperienze pratico­psicologiche che in un soggetto donna, come lei isolato e sacrifica­to, 'violentato' appena quindicen­ne e obbligato a un matrimonio pa­radossalmente riparatore, avrebbe­ro in conseguenza prodotto spinte a dir poco anticonformiste, se non comprensibilmente eversive. È una monografia, questa della saggista tedesca, che sceglie di tradurre comportamento e scrittura della Aleramo nell’espressione umana e letteraria dei desideri di molte don­ne del suo tempo, di autonomia, di indipendenza, di respiro morale ol­tre che di vita quotidiana, chiuse come erano tra grettezza dell’ambiente sociale in genere e piccolo mondo marcato da ignoranza e i­pocrisia in particolare. A parte la struttura piuttosto didattica, in ca­pitoletti di scolastica consistenza, il lavoro è attento, completo, esamina romanzi e racconti, poesie e lettere, diari e pièce teatrale. Da Una don­na (percorso interiore e a tratti di sacrale rilievo familiare ancor pri­ma che documento emancipazio­­nista), a Il passaggio (ripresa a ap­profondimento di medesimi temi tra maggior forza di idee ma anche eccesso lirico); da Amo dunque so­no (tutto rivolto ai motivi di dignità famminile e di quelle che oggi – o meglio ancora oggi – si dicono pari opportunità, o comunque diritti), a Il frustino (intreccio sentimentale ed emotivo con narrative qualità di dialogo). Ma fa spazio anche ad al­tri titoli della ricca bibliografia della Aleramo, rivisitata nella sua sostan­ziale creatività innovativa, affron­tando accanto all’impronta femmi­nista, ma mai prima di essa, il tema della scrittura letteraria al femmini­­le, che meglio di quella del cosid­detto sesso forte traduce in co­scienza l’esperienza pregressa e, a un tempo, progetta quella futura.
Monika Antes, «AMO DUNQUE SONO». Sibilla Aleramo, Polistampa, pp. 143, € 15,00
«Avvenire» del 6 febbraio 2010

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