di Claudio Toscani
Valente conoscitrice della nostra letteratura tra Otto e Novecento, Monika Antes è un po’ la stella fissa per gli studi di italianistica all’estero, specialmente in Germania dove ha esemplarmente presentato, in un saggio del 2006, la figura del poeta Dino Campana e, ancora più recentemente, vita e opere di Sibilla Aleramo, al secolo Rina Faccio (1876-1960). Ma se una caratteristica questo libro riveste, essa non è nel considerare la Aleramo la pioniera del femminismo in Italia per il trasgressivo accento della sua esistenza (molti amori, l’abbandono del marito e del figlio o la sua combattiva contrapposizione a quanto fosse lecito alla moralità dei tempi e dei luoghi), ma piuttosto per la sua letteratura 'di confessione' all’epoca piuttosto rara, e per una donna scrittrice quasi unica: quell’inesorabile autobiografia, tenace e coraggiosa ricerca di autenticità nella vita come nell’arte. E certo val bene non nascondere le tante fiamme che ne arsero il cuore (da Cardarelli a Papini, da Boccioni a Boine a Quasimodo, da Evola a Campana e fino a Eleonora Duse, che neanche fu l’unica), né andare oltre a certe crudezze che in alcuni suoi libri francamente urtano persino l’insensibilità moderna; ma meglio ancora è ricondurle alla più o meno conscia elaborazione delle non facili esperienze praticopsicologiche che in un soggetto donna, come lei isolato e sacrificato, 'violentato' appena quindicenne e obbligato a un matrimonio paradossalmente riparatore, avrebbero in conseguenza prodotto spinte a dir poco anticonformiste, se non comprensibilmente eversive. È una monografia, questa della saggista tedesca, che sceglie di tradurre comportamento e scrittura della Aleramo nell’espressione umana e letteraria dei desideri di molte donne del suo tempo, di autonomia, di indipendenza, di respiro morale oltre che di vita quotidiana, chiuse come erano tra grettezza dell’ambiente sociale in genere e piccolo mondo marcato da ignoranza e ipocrisia in particolare. A parte la struttura piuttosto didattica, in capitoletti di scolastica consistenza, il lavoro è attento, completo, esamina romanzi e racconti, poesie e lettere, diari e pièce teatrale. Da Una donna (percorso interiore e a tratti di sacrale rilievo familiare ancor prima che documento emancipazionista), a Il passaggio (ripresa a approfondimento di medesimi temi tra maggior forza di idee ma anche eccesso lirico); da Amo dunque sono (tutto rivolto ai motivi di dignità famminile e di quelle che oggi – o meglio ancora oggi – si dicono pari opportunità, o comunque diritti), a Il frustino (intreccio sentimentale ed emotivo con narrative qualità di dialogo). Ma fa spazio anche ad altri titoli della ricca bibliografia della Aleramo, rivisitata nella sua sostanziale creatività innovativa, affrontando accanto all’impronta femminista, ma mai prima di essa, il tema della scrittura letteraria al femminile, che meglio di quella del cosiddetto sesso forte traduce in coscienza l’esperienza pregressa e, a un tempo, progetta quella futura.
Monika Antes, «AMO DUNQUE SONO». Sibilla Aleramo, Polistampa, pp. 143, € 15,00
«Avvenire» del 6 febbraio 2010
«Avvenire» del 6 febbraio 2010
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