di Roberto Festorazzi
Del carteggio Churchill-Mussolini, la corrispondenza supersegreta intercorsa tra il duce e lo statista britannico, si discute e si litiga da decenni. Così come per i Diari di Mussolini, la scomparsa dei documenti originali – che pure ci sono stati e forse tuttora esistono – ha generato la proliferazione di falsi, i cosiddetti apocrifi mussoliniani. Non è tuttavia esatto affermare – è il caso di Dino Messina, sul "Corriere della Sera" del 18 giugno scorso – che nessuno abbia mai letto neppure la versione apocrifa del carteggio Churchill-Mussolini.
Parte dei documenti, come è noto, furono pubblicati, nel 1954, sul "Candido" di Guareschi e sul settimanale "Oggi", e furono oggetto di famose controversie giudiziarie. Queste carte molto eterogenee tra loro, rimaste in possesso del giornalista Alessandro Minardi, antico e fedele collaboratore di Giovannino Guareschi, furono attentamente esaminate, negli anni Ottanta, da Arrigo Petacco, che dedicò un libro al mistero dell’epistolario tra il capo del fascismo e l’uomo col sigaro. Petacco, dopo aver analizzato le carte, concluse: «Se si tratta di falsi, bisogna riconoscere che sono falsi realizzati con grande abilità da persone dotate di una conoscenza approfondita, fin nei particolari, della storia, nonché dei personaggi i cui scritti avrebbero falsificati». Insomma, se di apocrifi dobbiamo parlare, aggiunge il giornalista-scrittore, bisogna ammettere che furono fabbricati da «artisti di prim’ordine». Vero, ma solo in parte.
Uno storico che non sia dilettante si accorge abbastanza rapidamente, esaminando i carteggi rimasti nelle disponibilità di Minardi, che si tratta di contraffazioni abbastanza grossolane, che franano miseramente alla prova dei contenuti, come i Diari dei Dell’Utri. Chi scrive è tra i pochissimi che hanno avuto la possibilità di accedere a questa documentazione, visionando nel corso di un pomeriggio decine di fogli recanti la firma di Benito Mussolini, Winston Churchill, Vittorio Emanuele III, Dino Grandi e molti altri. Perché tornare dunque su questi incarti, se si tratta di falsi? Per una ragione molto semplice: tali apocrifi sono estremamente seducenti, per il clima di intrigo che essi diffondono nell’aria. Il fiuto dello studioso, infatti, non può fare a meno di cogliere che queste contraffazioni sono lo specchio, quasi la riproduzione maldestra di documenti genuini e originali che sono esistiti e forse, speriamo, tuttora esistono.
Il falsario-copista che li realizzò, come un antico amanuense, quasi certamente doveva essersi abbeverato a fonti autentiche, cioè al vero carteggio. Gli apocrifi, dunque, "mimano" gli epistolari originali, ne contengono visibili tracce, ma al tempo stesso ne prendono le distanze con intenzionale e dissacrante giocosità. Come a dire: è tutto uno scherzo. Uno scherzo che, tuttavia, dobbiamo prendere sul serio, perché gli apocrifi mussoliniani di cui ci stiamo occupando si srotolano lungo alla strada maestra che potrebbe, un giorno, condurre alla scoperta dei "veri" documenti.
Vi mostriamo in questa pagina uno di questi materiali inediti. Il documento, su carta intestata del «Duce Capo del governo», è datato 15 aprile 1935 e costituisce una sorta di memoria scritta di Mussolini, redatta dopo la conferenza con francesi e inglesi che si tenne a Stresa, sul Lago Maggiore, dall’11 al 14 aprile precedenti. Il summit si svolse nel secentesco Palazzo Borromeo, sull’Isola Bella. Il duce, stupendo i suoi colleghi primi ministri occidentali, planò scenograficamente sul lago pilotando un idrovolante trimotore. Il dattiloscritto, che è di due pagine, ha il tono intimo di una memoria redatta personalmente da Mussolini, in prima persona, sullo stile dei suoi Diari.
L’intestazione stessa ci rinvia del resto a un «testo stenografico» che non conosciamo. Esordisce il duce: «L’atteggiamento di Laval [ministro degli Esteri e poi premier francese, ndr] nei confronti dell’Italia, è una conferma delle simpatia [sic] che mi dimostrò durante la sua visita a Roma nel gennaio di quest’anno». Segue poi un periodo sintatticamente sconnesso, che non è attribuibile, a parere di chi scrive, alla persona di Mussolini, che, oltre ad essere un grande giornalista, scriveva in un italiano perfetto, disinvolto, privo di legnosità. «Laval è chiaro che desideri iniziare…».
Ora, una persona che aveva diretto due giornali, ed era un perfetto e fulminante titolista, non scriverà mai: «Laval è che chiaro che desideri iniziare…». Ma andiamo oltre e completiamo il periodo: «Laval è chiaro che desideri iniziare con l’Italia una nuova era di rapporti felici ed in questo non fa d’altra parte che seguire la politica del suo predecessore Bartoux, immaturamente scomparso nell’ottobre dello scorso anno». «Immaturamente scomparso». Santo cielo! Innanzitutto, salta all’occhio un errore marchiano: quel "Bartoux" è in realtà Louis Barthou, ministro degli Esteri francese.
Questi era stato assassinato, a Marsiglia, il 9 ottobre 1934, nel corso di un attentato che aveva come obiettivo principale re Alessandro di Jugoslavia: come poteva Mussolini ricorrere a un’espressione così banale e anodina, da necrologio? È chiaro che non è farina del sacco dell’uomo che coniò motti come «Credere, obbedire e combattere» e che era imbattibile nell’uso sorvegliatissimo, ma fantasioso, dell’idioma nazionale. In questo scritto, pure molto suggestivo, manca però l’anima di Benito. Ma non è detto che il carteggio tra il duce e Churchill, quello "vero", possa saltare fuori un giorno o l’altro. Chi scrive, personalmente ci conta molto.
Il controverso documento proveniente dal carteggio:
15 Aprile 1935 - XII E.F. (dal testo stenografico)
Mentre ieri stavo parlando ai politici qui riuniti mi sono accorto che questa sala del Palazzo Borromeo è molto fredda. L’Isola Bella che ci ospita non vale, certo, la mia Rocca delle Caminate. De Chambrun [ambasciatore francese in Italia, ndr] è un uomo di grande ingegno. Egli era già informato dei risultati del viaggio a Berlino di Sir John Simon [ministro degli Esteri britannico, ndr]. Durante la visita alla tomba del Maresciallo Cadorna a Pallanza, nel tardo pomeriggio di oggi, 11 Aprile, ho notato la sufficienza dei giudizi di Mac Donald [premier inglese, ndr] sulla figura politica e morale di Hitler. Mi sembra che l’inglese sbagli soprattutto quando accusa il Capo del nazional-socialismo di essere in errore nel non accettare il rientro nella Società delle Nazioni […]. Il nazional-socialismo è consapevole della sua forza (vedi le statistiche annunciate da Simon sull’attuale armamento tedesco), e Hitler è deciso a non accettare condizioni di inferiorità da parte della Francia e dell’Inghilterra. L’Italia ha il dovere e il diritto di cautelarsi e di garantirsi per il futuro. Domani, se tutto procede come oggi, si arriverà ad accordi forse precisi e inderogabili.
Benito Mussolini
Parte dei documenti, come è noto, furono pubblicati, nel 1954, sul "Candido" di Guareschi e sul settimanale "Oggi", e furono oggetto di famose controversie giudiziarie. Queste carte molto eterogenee tra loro, rimaste in possesso del giornalista Alessandro Minardi, antico e fedele collaboratore di Giovannino Guareschi, furono attentamente esaminate, negli anni Ottanta, da Arrigo Petacco, che dedicò un libro al mistero dell’epistolario tra il capo del fascismo e l’uomo col sigaro. Petacco, dopo aver analizzato le carte, concluse: «Se si tratta di falsi, bisogna riconoscere che sono falsi realizzati con grande abilità da persone dotate di una conoscenza approfondita, fin nei particolari, della storia, nonché dei personaggi i cui scritti avrebbero falsificati». Insomma, se di apocrifi dobbiamo parlare, aggiunge il giornalista-scrittore, bisogna ammettere che furono fabbricati da «artisti di prim’ordine». Vero, ma solo in parte.
Uno storico che non sia dilettante si accorge abbastanza rapidamente, esaminando i carteggi rimasti nelle disponibilità di Minardi, che si tratta di contraffazioni abbastanza grossolane, che franano miseramente alla prova dei contenuti, come i Diari dei Dell’Utri. Chi scrive è tra i pochissimi che hanno avuto la possibilità di accedere a questa documentazione, visionando nel corso di un pomeriggio decine di fogli recanti la firma di Benito Mussolini, Winston Churchill, Vittorio Emanuele III, Dino Grandi e molti altri. Perché tornare dunque su questi incarti, se si tratta di falsi? Per una ragione molto semplice: tali apocrifi sono estremamente seducenti, per il clima di intrigo che essi diffondono nell’aria. Il fiuto dello studioso, infatti, non può fare a meno di cogliere che queste contraffazioni sono lo specchio, quasi la riproduzione maldestra di documenti genuini e originali che sono esistiti e forse, speriamo, tuttora esistono.
Il falsario-copista che li realizzò, come un antico amanuense, quasi certamente doveva essersi abbeverato a fonti autentiche, cioè al vero carteggio. Gli apocrifi, dunque, "mimano" gli epistolari originali, ne contengono visibili tracce, ma al tempo stesso ne prendono le distanze con intenzionale e dissacrante giocosità. Come a dire: è tutto uno scherzo. Uno scherzo che, tuttavia, dobbiamo prendere sul serio, perché gli apocrifi mussoliniani di cui ci stiamo occupando si srotolano lungo alla strada maestra che potrebbe, un giorno, condurre alla scoperta dei "veri" documenti.
Vi mostriamo in questa pagina uno di questi materiali inediti. Il documento, su carta intestata del «Duce Capo del governo», è datato 15 aprile 1935 e costituisce una sorta di memoria scritta di Mussolini, redatta dopo la conferenza con francesi e inglesi che si tenne a Stresa, sul Lago Maggiore, dall’11 al 14 aprile precedenti. Il summit si svolse nel secentesco Palazzo Borromeo, sull’Isola Bella. Il duce, stupendo i suoi colleghi primi ministri occidentali, planò scenograficamente sul lago pilotando un idrovolante trimotore. Il dattiloscritto, che è di due pagine, ha il tono intimo di una memoria redatta personalmente da Mussolini, in prima persona, sullo stile dei suoi Diari.
L’intestazione stessa ci rinvia del resto a un «testo stenografico» che non conosciamo. Esordisce il duce: «L’atteggiamento di Laval [ministro degli Esteri e poi premier francese, ndr] nei confronti dell’Italia, è una conferma delle simpatia [sic] che mi dimostrò durante la sua visita a Roma nel gennaio di quest’anno». Segue poi un periodo sintatticamente sconnesso, che non è attribuibile, a parere di chi scrive, alla persona di Mussolini, che, oltre ad essere un grande giornalista, scriveva in un italiano perfetto, disinvolto, privo di legnosità. «Laval è chiaro che desideri iniziare…».
Ora, una persona che aveva diretto due giornali, ed era un perfetto e fulminante titolista, non scriverà mai: «Laval è che chiaro che desideri iniziare…». Ma andiamo oltre e completiamo il periodo: «Laval è chiaro che desideri iniziare con l’Italia una nuova era di rapporti felici ed in questo non fa d’altra parte che seguire la politica del suo predecessore Bartoux, immaturamente scomparso nell’ottobre dello scorso anno». «Immaturamente scomparso». Santo cielo! Innanzitutto, salta all’occhio un errore marchiano: quel "Bartoux" è in realtà Louis Barthou, ministro degli Esteri francese.
Questi era stato assassinato, a Marsiglia, il 9 ottobre 1934, nel corso di un attentato che aveva come obiettivo principale re Alessandro di Jugoslavia: come poteva Mussolini ricorrere a un’espressione così banale e anodina, da necrologio? È chiaro che non è farina del sacco dell’uomo che coniò motti come «Credere, obbedire e combattere» e che era imbattibile nell’uso sorvegliatissimo, ma fantasioso, dell’idioma nazionale. In questo scritto, pure molto suggestivo, manca però l’anima di Benito. Ma non è detto che il carteggio tra il duce e Churchill, quello "vero", possa saltare fuori un giorno o l’altro. Chi scrive, personalmente ci conta molto.
Il controverso documento proveniente dal carteggio:
15 Aprile 1935 - XII E.F. (dal testo stenografico)
Mentre ieri stavo parlando ai politici qui riuniti mi sono accorto che questa sala del Palazzo Borromeo è molto fredda. L’Isola Bella che ci ospita non vale, certo, la mia Rocca delle Caminate. De Chambrun [ambasciatore francese in Italia, ndr] è un uomo di grande ingegno. Egli era già informato dei risultati del viaggio a Berlino di Sir John Simon [ministro degli Esteri britannico, ndr]. Durante la visita alla tomba del Maresciallo Cadorna a Pallanza, nel tardo pomeriggio di oggi, 11 Aprile, ho notato la sufficienza dei giudizi di Mac Donald [premier inglese, ndr] sulla figura politica e morale di Hitler. Mi sembra che l’inglese sbagli soprattutto quando accusa il Capo del nazional-socialismo di essere in errore nel non accettare il rientro nella Società delle Nazioni […]. Il nazional-socialismo è consapevole della sua forza (vedi le statistiche annunciate da Simon sull’attuale armamento tedesco), e Hitler è deciso a non accettare condizioni di inferiorità da parte della Francia e dell’Inghilterra. L’Italia ha il dovere e il diritto di cautelarsi e di garantirsi per il futuro. Domani, se tutto procede come oggi, si arriverà ad accordi forse precisi e inderogabili.
Benito Mussolini
«Avvenire» del 14 luglio 2010
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