Un'iniziativa fra eugenetica e competizione sociale
di Federico Guerrini
Parlare di eugenetica, di miglioramento della razza attraverso la selezione biologica suscita un immediata diffidenza, evocando lo spettro degli esperimenti razzisti e dei ragazzi venuti dal Brasile” protagonisti di un celebre film. Preoccupazioni che non sembrano toccare i gestori del sito BeautifulPeople.com che nei giorni scorsi hanno annunciato l’introduzione, nel loro social network per super-belli, di una banca del seme, "The Beautiful baby", con ovuli e sperma messi a disposizione dei membri a favore di tutti gli interessati, anche non iscritti al sito ma desiderosi di avere bimbi più che graziosi. Si tratterebbe, secondo le intenzioni di soddisfare le richieste di genitori deisiderosi di dare ai propri figli una carta in più da giocare, quella della bellezza, in un mondo in cui l’esteriorità assume un valore sempre maggiore. Già 600 coppie avrebbero avuto figli in questo modo. Ma come giudicare un’iniziativa di questo tipo? Si tratta di una legittima aspirazione dei genitori, come sostiene il fondatore di BeautifulPeople, Robert Hintze, oppure è solo l’avvio di inquietanti esperimenti di fabbricazione di esseri umani su misura?
Secondo Cristian Fuschetto, filosofo e autore di “Fabbricare l'uomo. L'eugenetica tra biologia e ideologia”, occorre sgombrare il campo dai fantasmi del passato: “la rivoluzione genetica degli ultimi decenni – spiega - dalle attuali banche del seme alle futuribili tecniche di intervento sul DNA, ha trasformato l'eugenetica da un affare di Stato a un affare privato. I rischi di discriminazione permangono, ma fatti salvi i limiti previsti dalle diverse legislazioni, di certo non è possibile impedire a chicchessia l’ambizione di garantire alla propria prole il “meglio” in nome di un rischio eugenetico”. Il fatto che si possa fare non vuol dire però che sia un’operazione priva di controindicazioni. “Oggi il rischio – continua Fuschetto - è quello di un'eugenetica liberale o liberista, dominata dalle regole del mercato. Il punto però è un altro: non possiamo più nasconderci dietro un dito.
La questione di fondo è e rimane questa: trovare buone regole di selezione piuttosto che far finta che la questione della selezionabilità non esista”. Insomma, il fenomeno della selezionabilità e dell’allevamento esiste e bisogna imparare a conviverci, anche se forse, come sostiene Jurgen Habermas, in questo modo si ledono i diritti dei più deboli, cioè de nascituri, perché di fatto essi si vedrebbero strumentalizzati fin dall nascita, alle aspettative di terzi (i genitori-designer). Una posizione condivisa anche da chi con la “selezione” dei bambini ci lavora ogni giorno, anche se da un’altra prospettiva: quella dell’adozione. “I bambini devono essere accolti per quello che sono, sia dal punto di vista fisico che psicologico, senza creare artificialmente delle condizioni – afferma la presidente dell’Anfaa, Donata Nova Micucci – non sono un nostro possesso. Dobbiamo accoglierli nella loro unicità e senza mettere dei paletti”. In una parola, amarli.
Secondo Cristian Fuschetto, filosofo e autore di “Fabbricare l'uomo. L'eugenetica tra biologia e ideologia”, occorre sgombrare il campo dai fantasmi del passato: “la rivoluzione genetica degli ultimi decenni – spiega - dalle attuali banche del seme alle futuribili tecniche di intervento sul DNA, ha trasformato l'eugenetica da un affare di Stato a un affare privato. I rischi di discriminazione permangono, ma fatti salvi i limiti previsti dalle diverse legislazioni, di certo non è possibile impedire a chicchessia l’ambizione di garantire alla propria prole il “meglio” in nome di un rischio eugenetico”. Il fatto che si possa fare non vuol dire però che sia un’operazione priva di controindicazioni. “Oggi il rischio – continua Fuschetto - è quello di un'eugenetica liberale o liberista, dominata dalle regole del mercato. Il punto però è un altro: non possiamo più nasconderci dietro un dito.
La questione di fondo è e rimane questa: trovare buone regole di selezione piuttosto che far finta che la questione della selezionabilità non esista”. Insomma, il fenomeno della selezionabilità e dell’allevamento esiste e bisogna imparare a conviverci, anche se forse, come sostiene Jurgen Habermas, in questo modo si ledono i diritti dei più deboli, cioè de nascituri, perché di fatto essi si vedrebbero strumentalizzati fin dall nascita, alle aspettative di terzi (i genitori-designer). Una posizione condivisa anche da chi con la “selezione” dei bambini ci lavora ogni giorno, anche se da un’altra prospettiva: quella dell’adozione. “I bambini devono essere accolti per quello che sono, sia dal punto di vista fisico che psicologico, senza creare artificialmente delle condizioni – afferma la presidente dell’Anfaa, Donata Nova Micucci – non sono un nostro possesso. Dobbiamo accoglierli nella loro unicità e senza mettere dei paletti”. In una parola, amarli.
«La Stampa» del 6 luglio 2010
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