Pubblichiamo ampi stralci del discorso pronunciato mercoledì dal giurista ebreo alla Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo
di Joseph Weiler
Weiler: no a un muro denudato del crocifisso per mandato statale
La Camera della seconda sezione della Corte ha anche formulato un principio di 'neutralità': Il dovere dello Stato di neutralità e imparzialità è incompatibile con ogni genere di potere per parte sua di valutare la legittimità di convinzioni religiose o dei modi d’esprimere quelle convinzioni (paragrafo 47 della sentenza emessa il 3 novembre contro l’esposizione della croce nelle scuole italiane, ndr).
Da una tale premessa la conclusione è inevitabile: la presenza di un crocifisso sul muro di una classe è stata ovviamente ritenuta espressione di una valutazione della legittimità di un convincimento religioso - il Cristianesimo - e quindi una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Questa formulazione della 'neutralità' è basata su due errori concettuali che sono fatali per le conclusioni. Primo, nel sistema previsto dalla Convenzione tutti gli Stati membri devono garantire agli individui la libertà di religione, ma anche la libertà dalla religione. Questo obbligo rappresenta un assetto costituzionale comune dell’Europa. È, tuttavia, controbilanciato da grande libertà quando si tratta del ruolo della religione o dell’eredità religiosa nell’identità collettiva della nazione e nella simbologia dello Stato. Così, ci sono Stati membri in cui la laïcité è parte della definizione dello Stato, come la Francia, e nei quali, infatti, non ci può essere un simbolo religioso approvato e sponsorizzato dallo Stato in uno spazio pubblico. La religione è un affare privato.
Ma nessuno Stato ha l’obbligo ai sensi della Convenzione di sposare la laïcité. Così, appena dall’altra parte della Manica, c’è l’Inghilterra nella quale c’è una Chiesa di Stato, il cui Capo di Stato è anche Capo della Chiesa ...
In Europa c’è una straordinaria varietà di relazioni tra Stato e Chiesa. Più della metà della popolazione dell’Europa vive in Stati che non potrebbero essere descritti come laïque.
Inevitabilmente nell’educazione pubblica, lo Stato e i suoi simboli hanno un loro posto. Molti di questi, comunque, hanno un’origine religiosa o esprimono un’identità religiosa attuale. In Europa, la croce è l’esempio più visibile, apparendo su innumerevoli bandiere, cime di montagne, edifici, ecc. Sarebbe sbagliato sostenere, come alcuni hanno fatto, che la croce è solo o meramente un simbolo nazionale. Ma è egualmente sbagliato sostenere, come alcuni hanno fatto, che ha solo un significato religioso. È tutte e due le cose, data la storia che è parte integrante della identità nazionale di molti Stati europei [Ci sono studiosi che sostengono che anche le 12 stelle del Consiglio d’Europa hanno proprio questa dualità!] Consideriamo una fotografia della regina d’Inghilterra appesa in una classe. Come la croce, quella immagine ha un significato duplice. È l’immagine del Capo di Stato. Ed è anche l’immagine del Capo titolare della Chiesa d’Inghilterra. È quasi come il Papa, che è Capo di Stato e capo di una chiesa. Sarebbe accettabile che qualcuno richiedesse che la foto della regina non stia appesa nelle scuole per il fatto che non è compatibile con le sue convinzioni religiose e il suo diritto di educazione, perché cattolico, ebreo o musulmano? O con la sua convinzione filosofica, perché ateo? Potrebbero la Costituzione irlandese, o quella tedesca non stare appese in una classe o non venire lette in classe, dato che nei loro preamboli troviamo un riferimento, nella prima, alla Santa Trinità e al Signore Gesù Cristo, e, nella seconda, a Dio?
Questa situazione europea costituisce una enorme lezione di pluralismo e tolleranza. Tutti i bambini in Europa, atei o credenti, cristiani, mussulmani ed ebrei, imparano come parte della loro eredità europea che l’Europa garantisce loro, da una parte, il diritto di praticare una religione liberamente - entro i limiti del rispetto dei diritti degli altri e dell’ordine pubblico - e dall’altra il diritto di non credere affatto. Allo stesso tempo, come parte di questo pluralismo e di questa tolleranza, l’Europa accetta e rispetta una Francia e una Inghilterra, una Svezia e una Danimarca, una Grecia e una Italia, ognuna delle quali ha modi molto differenti di riconoscere simboli religiosi approvati pubblicamente da parte dello Stato e presenti negli spazi pubblici. In molti di questi Stati nonlaïque, ampi settori della popolazione, forse persino la maggioranza, non sono più credenti. Ma il coinvolgimento continuo di simboli religiosi nello spazio pubblico, e da parte dello Stato, è accettato dalla popolazione laica ancora come parte della identità nazionale, e come atto di tolleranza verso i propri connazionali. Potrebbe anche essere che, un giorno, la popolazione britannica, esercitando la propria sovranità costituzionale, voglia liberarsi della Chiesa d’Inghilterra, come fecero gli svedesi. Ma questo è compito loro, non di questa egregia Corte, e certamente la Convenzione non è mai stata intrepretata in modo da forzarli a farlo ...
La posizione adottata dalla Camera non è un’espressione del pluralismo proprio del sistema della Convenzione, ma è una espressione dei valori dello Stato laïque. Estenderla all’intero sistema della Convenzione vorrebbe dire, con grande rispetto, l’americanizzazione dell’Europa ... L’Europa della Convenzione rappresenta un equilibrio unico tra libertà individuale di e dalla religione, e libertà collettiva di definire lo Stato e la Nazione usando simboli religiosi, o persino avendo una Chiesa ufficiale. Noi ci fidiamo delle nostre istituzioni democratiche costituzionali per definire gli spazi pubblici e i sistemi educativi collettivi. Noi riponiamo fiducia nelle nostre corti, inclusa questa augusta Corte, per difendere le libertà individuali. È un equilibrio che ha servito bene l’Europa negli ultimi 60 anni.
È anche un equilibrio che può agire come una guida per il resto del mondo, dato che dimostra ai Paesi che credono che la democrazia implichi la perdita della propria identità religiosa, che non è così. La decisione della Camera ha rovesciato quest’equilibrio unico e rischia di appiattire il nostro panorama costituzionale privandoci di questo superiore assetto di diversità costituzionale. Questa egregia Corte dovrebbe recuperare questo equilibrio.
Passo ora al secondo errore concettuale della Camera – la confusione, pragmatica e concettuale tra laicismo, laïcité e neutralità ...
La laïcité non è una categoria vuota che significa assenza di fede. In tanti la considerano un ampio punto di vista che sostiene, inter alia, la convinzione politica che la religione ha un posto legittimo solo nella sfera privata, e che non può esserci alcun legame tra autorità pubblica e religione. Per esempio, solo scuole 'laiche' saranno finanziate dallo Stato. Le scuole religiose devono essere private e non godere di aiuto pubblico. È una posizione politica, rispettabile, ma certamente non 'neutrale'.
I non-laïque, benché rispettino in toto la libertà di e dalla religione, abbracciano anche alcune forme di religione pubblica. La laïcité vuole uno spazio pubblico denudato, un muro in classe privo di ogni simbolo religioso. È giuridicamente disonesto adottare una posizione politica che divide la nostra società, e pretendere che in qualche modo sia neutrale.
Il laicismo non favorisce un muro privo di tutti i simboli di uno Stato. L’anatema è solo per i simboli religiosi.
Ancora più allarmante sarebbe una situazione in cui i crocifissi, che stavano sempre là, improvvisamente venissero rimossi.
Non fate quest’errore. Un muro denudato per mandato statale, come in Francia, può far pensare agli alunni che lo Stato sta prendendo un atteggiamento anti religioso. Noi abbiamo fiducia nei programmi scolastici della Repubblica francese, che insegnino ai bambini la tolleranza e il pluralismo, ed allontanino tale pensiero. C’è sempre un’interazione tra quello che c’è sul muro, e come esso è discusso e insegnato in classe. Allo stesso modo, un crocefisso sul muro potrebbe essere percepito come coercitivo. Ancora, dipende dal programma svolto in classe di contestualizzare e insegnare al bambino nella classe Italiana la tolleranza e il pluralismo.
È chiaro che date le diversità dell’Europa su questo punto non ci può essere una soluzione che vada bene per ogni Stato mebro, per ogni classe e per ogni situazione. Si deve tenere conto della realtà politica, sociale, locale, della sua demografia, della sua storia e della sensibilità e della suscettibilità dei genitori. Ci possono essere delle circostanze particolari in cui la soluzione adottata dallo Stato potrebbe essere considerata coercitiva e ostile, ma l’onere della prova spetta all’individuo, e il livello della prova deve essere estremamente alto, prima che questa Corte decida di intervenire in nome della Convenzione nelle scelte educative fatte da uno Stato. Una regola per tutti, come ha deciso la seconda Camera, priva di un contesto storico, politico, demografico e culturale non è solamente sconsigliabile, ma mina il pluralismo, la diversità e la tolleranza stessi che la Convenzione intende salvaguardare e che è la caratteristica dell’Europa.
Da una tale premessa la conclusione è inevitabile: la presenza di un crocifisso sul muro di una classe è stata ovviamente ritenuta espressione di una valutazione della legittimità di un convincimento religioso - il Cristianesimo - e quindi una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Questa formulazione della 'neutralità' è basata su due errori concettuali che sono fatali per le conclusioni. Primo, nel sistema previsto dalla Convenzione tutti gli Stati membri devono garantire agli individui la libertà di religione, ma anche la libertà dalla religione. Questo obbligo rappresenta un assetto costituzionale comune dell’Europa. È, tuttavia, controbilanciato da grande libertà quando si tratta del ruolo della religione o dell’eredità religiosa nell’identità collettiva della nazione e nella simbologia dello Stato. Così, ci sono Stati membri in cui la laïcité è parte della definizione dello Stato, come la Francia, e nei quali, infatti, non ci può essere un simbolo religioso approvato e sponsorizzato dallo Stato in uno spazio pubblico. La religione è un affare privato.
Ma nessuno Stato ha l’obbligo ai sensi della Convenzione di sposare la laïcité. Così, appena dall’altra parte della Manica, c’è l’Inghilterra nella quale c’è una Chiesa di Stato, il cui Capo di Stato è anche Capo della Chiesa ...
In Europa c’è una straordinaria varietà di relazioni tra Stato e Chiesa. Più della metà della popolazione dell’Europa vive in Stati che non potrebbero essere descritti come laïque.
Inevitabilmente nell’educazione pubblica, lo Stato e i suoi simboli hanno un loro posto. Molti di questi, comunque, hanno un’origine religiosa o esprimono un’identità religiosa attuale. In Europa, la croce è l’esempio più visibile, apparendo su innumerevoli bandiere, cime di montagne, edifici, ecc. Sarebbe sbagliato sostenere, come alcuni hanno fatto, che la croce è solo o meramente un simbolo nazionale. Ma è egualmente sbagliato sostenere, come alcuni hanno fatto, che ha solo un significato religioso. È tutte e due le cose, data la storia che è parte integrante della identità nazionale di molti Stati europei [Ci sono studiosi che sostengono che anche le 12 stelle del Consiglio d’Europa hanno proprio questa dualità!] Consideriamo una fotografia della regina d’Inghilterra appesa in una classe. Come la croce, quella immagine ha un significato duplice. È l’immagine del Capo di Stato. Ed è anche l’immagine del Capo titolare della Chiesa d’Inghilterra. È quasi come il Papa, che è Capo di Stato e capo di una chiesa. Sarebbe accettabile che qualcuno richiedesse che la foto della regina non stia appesa nelle scuole per il fatto che non è compatibile con le sue convinzioni religiose e il suo diritto di educazione, perché cattolico, ebreo o musulmano? O con la sua convinzione filosofica, perché ateo? Potrebbero la Costituzione irlandese, o quella tedesca non stare appese in una classe o non venire lette in classe, dato che nei loro preamboli troviamo un riferimento, nella prima, alla Santa Trinità e al Signore Gesù Cristo, e, nella seconda, a Dio?
Questa situazione europea costituisce una enorme lezione di pluralismo e tolleranza. Tutti i bambini in Europa, atei o credenti, cristiani, mussulmani ed ebrei, imparano come parte della loro eredità europea che l’Europa garantisce loro, da una parte, il diritto di praticare una religione liberamente - entro i limiti del rispetto dei diritti degli altri e dell’ordine pubblico - e dall’altra il diritto di non credere affatto. Allo stesso tempo, come parte di questo pluralismo e di questa tolleranza, l’Europa accetta e rispetta una Francia e una Inghilterra, una Svezia e una Danimarca, una Grecia e una Italia, ognuna delle quali ha modi molto differenti di riconoscere simboli religiosi approvati pubblicamente da parte dello Stato e presenti negli spazi pubblici. In molti di questi Stati nonlaïque, ampi settori della popolazione, forse persino la maggioranza, non sono più credenti. Ma il coinvolgimento continuo di simboli religiosi nello spazio pubblico, e da parte dello Stato, è accettato dalla popolazione laica ancora come parte della identità nazionale, e come atto di tolleranza verso i propri connazionali. Potrebbe anche essere che, un giorno, la popolazione britannica, esercitando la propria sovranità costituzionale, voglia liberarsi della Chiesa d’Inghilterra, come fecero gli svedesi. Ma questo è compito loro, non di questa egregia Corte, e certamente la Convenzione non è mai stata intrepretata in modo da forzarli a farlo ...
La posizione adottata dalla Camera non è un’espressione del pluralismo proprio del sistema della Convenzione, ma è una espressione dei valori dello Stato laïque. Estenderla all’intero sistema della Convenzione vorrebbe dire, con grande rispetto, l’americanizzazione dell’Europa ... L’Europa della Convenzione rappresenta un equilibrio unico tra libertà individuale di e dalla religione, e libertà collettiva di definire lo Stato e la Nazione usando simboli religiosi, o persino avendo una Chiesa ufficiale. Noi ci fidiamo delle nostre istituzioni democratiche costituzionali per definire gli spazi pubblici e i sistemi educativi collettivi. Noi riponiamo fiducia nelle nostre corti, inclusa questa augusta Corte, per difendere le libertà individuali. È un equilibrio che ha servito bene l’Europa negli ultimi 60 anni.
È anche un equilibrio che può agire come una guida per il resto del mondo, dato che dimostra ai Paesi che credono che la democrazia implichi la perdita della propria identità religiosa, che non è così. La decisione della Camera ha rovesciato quest’equilibrio unico e rischia di appiattire il nostro panorama costituzionale privandoci di questo superiore assetto di diversità costituzionale. Questa egregia Corte dovrebbe recuperare questo equilibrio.
Passo ora al secondo errore concettuale della Camera – la confusione, pragmatica e concettuale tra laicismo, laïcité e neutralità ...
La laïcité non è una categoria vuota che significa assenza di fede. In tanti la considerano un ampio punto di vista che sostiene, inter alia, la convinzione politica che la religione ha un posto legittimo solo nella sfera privata, e che non può esserci alcun legame tra autorità pubblica e religione. Per esempio, solo scuole 'laiche' saranno finanziate dallo Stato. Le scuole religiose devono essere private e non godere di aiuto pubblico. È una posizione politica, rispettabile, ma certamente non 'neutrale'.
I non-laïque, benché rispettino in toto la libertà di e dalla religione, abbracciano anche alcune forme di religione pubblica. La laïcité vuole uno spazio pubblico denudato, un muro in classe privo di ogni simbolo religioso. È giuridicamente disonesto adottare una posizione politica che divide la nostra società, e pretendere che in qualche modo sia neutrale.
Il laicismo non favorisce un muro privo di tutti i simboli di uno Stato. L’anatema è solo per i simboli religiosi.
Ancora più allarmante sarebbe una situazione in cui i crocifissi, che stavano sempre là, improvvisamente venissero rimossi.
Non fate quest’errore. Un muro denudato per mandato statale, come in Francia, può far pensare agli alunni che lo Stato sta prendendo un atteggiamento anti religioso. Noi abbiamo fiducia nei programmi scolastici della Repubblica francese, che insegnino ai bambini la tolleranza e il pluralismo, ed allontanino tale pensiero. C’è sempre un’interazione tra quello che c’è sul muro, e come esso è discusso e insegnato in classe. Allo stesso modo, un crocefisso sul muro potrebbe essere percepito come coercitivo. Ancora, dipende dal programma svolto in classe di contestualizzare e insegnare al bambino nella classe Italiana la tolleranza e il pluralismo.
È chiaro che date le diversità dell’Europa su questo punto non ci può essere una soluzione che vada bene per ogni Stato mebro, per ogni classe e per ogni situazione. Si deve tenere conto della realtà politica, sociale, locale, della sua demografia, della sua storia e della sensibilità e della suscettibilità dei genitori. Ci possono essere delle circostanze particolari in cui la soluzione adottata dallo Stato potrebbe essere considerata coercitiva e ostile, ma l’onere della prova spetta all’individuo, e il livello della prova deve essere estremamente alto, prima che questa Corte decida di intervenire in nome della Convenzione nelle scelte educative fatte da uno Stato. Una regola per tutti, come ha deciso la seconda Camera, priva di un contesto storico, politico, demografico e culturale non è solamente sconsigliabile, ma mina il pluralismo, la diversità e la tolleranza stessi che la Convenzione intende salvaguardare e che è la caratteristica dell’Europa.
«Molti dei simboli statali hanno un’origine religiosa o esprimono un’identità religiosa. La croce è visibile su innumerevoli bandiere» «La laicità non è una categoria vuota, che significa assenza di fede. È disonesto adottare una posizione politica che divide la nostra società e pretendere che sia neutrale»
«Avvenire» del 3 luglio 2010
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