di Beppe Severgnini
Nei giorni di San Toro, patrono della buonuscita, si capiscono un paio di cose sulla politica italiana. Perché la sinistra si renda antipatica, ad esempio. E perché perda da anni, con una costanza degna di miglior causa. Le ripetute sconfitte elettorali vengono attribuite al populismo, all'abilità, al cinismo e alle proprietà del Signor B. Certo, anche. Ma lo sappiamo: spesso i vincitori riescono a vincere perché i perdenti sono decisi a perdere. Scegliere, quasi sempre, è una questione di alternativa. Nel commercio come nell' amore. La politica non fa eccezione. La sinistra non è solo rallentata dalle divisioni, dalle ambivalenze, dalle incertezze, dai microprotagonismi, dalle carriere a vita, dai giovani leader incamminati verso i sessant'anni. Non è soltanto indebolita da una storia pesante, esibita talvolta con noncuranza, come se fosse un foulard (quanto piaceva a Berlusconi il comunista Bertinotti in tv!). La sinistra paga anche la sua doppiezza: spesso dice quello che non fa, e fa quello che non dice. Che la destra volesse sbarazzarsi di «Annozero» non è una sorpresa per nessuno; che l'interessato accettasse di monetizzare la resa, invece, ha stupito molti (non tutti). Un esponente di questo governo, recentemente, mi ha detto: «Santoro ci ha fatto perdere 600 mila voti!». Io continuo a pensare che «Annozero» - ottimo, nel suo genere - predicasse ai convertiti; ma mi arrendo davanti alla competenza ministeriale. L'intesa con la Rai - scrivono i giornali - si aggira su una cifra complessiva che sfiorerebbe i 10 milioni (soldi di chi? Indovinate). Difficile dar torto a Bruno Vespa che, liberato di un concorrente, ha commentato sarcastico: «Essere perseguitati è un affare». Non per la sinistra, però. Molti italiani moderati - quelli che non hanno amici e nemici a scatola chiusa - si convinceranno che dice una cosa e ne fa un'altra; mentre la destra, almeno, ammette ciò che fa.
Anche quando non sono cose di cui vantarsi - e, diciamolo, accade piuttosto spesso. In La cricca - il nuovo libro di Sergio Rizzo, malinconico e micidiale - viene riportato il passaggio di un'intervista di Luca Telese a Giorgio Clelio Stracquadanio, deputato del Pdl e fondatore del quotidiano online Il Predellino. Alla domanda «Perché i vostri leader negano che le leggi sulla giustizia siano ad personam?» risponde: «Sbagliano a negare. Va detto in modo chiarissimo: noi siamo a favore delle leggi ad personam». A chi sostiene un'opinione del genere si potrebbero dire diverse cose, non tutte gentili. Ma come negare che sia sincero? E questa franchezza, nella primitiva borsa politica italiana, rende. Esiste il dividendo della sincerità ed esiste la cedola dell'ipocrisia. La sinistra, instancabile, stacca sempre quest' ultima. E poi si stupisce se il capitale si riduce, e gli investitori scappano.
«Corriere della Sera» del 20 maggio 2010
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