di Sara Bianchi
Parte la settimana prossima in Gran Bretagna la prima campagna pubblicitaria televisiva di un gruppo di cliniche che praticano l'aborto. Lo ha annunciato la rete Marie Stopes International, che gestisce otto cliniche nel Paese, innescando le proteste dei gruppi anti-abortisti.
La campagna, che prenderà il via lunedì su Channel Four e sarà trasmessa fino alla fine di giugno, fornisce un numero verde gratuito. «Solo l'anno scorso il nostro servizio aperto 24 ore su 24 ha ricevuto 350.000 telefonate», ha sottolineato la direttrice della campagna, Dana Hovig. Nel 2008 più di 195.000 aborti sono stati praticati in Inghilterra e in Galles di cui il 91% finanziati dall'Nhs, il sistema sanitario pubblico. I gruppi anti-abortisti hanno criticato la campagna: «Non posso credere che una cosa del genere possa essere stata autorizzata», ha commentato Michaela Aston, portavoce dell'associazione Charity Life.
«Permettere alle cliniche che praticano gli aborti di fare della pubblicità alla televisione, come se fossero dei fabbricanti di prodotti per la pulizia è grottesco», ha aggiunto. Darinka Aleksic, coordinatrice della campagna per l'associazione «Abortion Rights», ha per contro dichiarato che la campagna «costituisce un passo avanti importante per i servizi offerti alle donne». La Gran Bretagna ha uno dei tassi di gravidanze e aborti fra le giovanissime più elevato d'Europa.
La campagna, che prenderà il via lunedì su Channel Four e sarà trasmessa fino alla fine di giugno, fornisce un numero verde gratuito. «Solo l'anno scorso il nostro servizio aperto 24 ore su 24 ha ricevuto 350.000 telefonate», ha sottolineato la direttrice della campagna, Dana Hovig. Nel 2008 più di 195.000 aborti sono stati praticati in Inghilterra e in Galles di cui il 91% finanziati dall'Nhs, il sistema sanitario pubblico. I gruppi anti-abortisti hanno criticato la campagna: «Non posso credere che una cosa del genere possa essere stata autorizzata», ha commentato Michaela Aston, portavoce dell'associazione Charity Life.
«Permettere alle cliniche che praticano gli aborti di fare della pubblicità alla televisione, come se fossero dei fabbricanti di prodotti per la pulizia è grottesco», ha aggiunto. Darinka Aleksic, coordinatrice della campagna per l'associazione «Abortion Rights», ha per contro dichiarato che la campagna «costituisce un passo avanti importante per i servizi offerti alle donne». La Gran Bretagna ha uno dei tassi di gravidanze e aborti fra le giovanissime più elevato d'Europa.
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Vito Mancuso: «Quanta tristezza, bene scandalizzarsi»
di Sara Bianchi
Vito Mancuso: «Quanta tristezza, bene scandalizzarsi»
di Sara Bianchi
Channel Four, in Gran Bretagna, sta per mettere in onda la prima campagna pubblicitaria televisiva di un gruppo di cliniche che praticano l'aborto. I gruppi anti-abortisti inglesi hanno condannato l'iniziativa.
E se accadesse anche nel nostro Paese?
Vito Mancuso, teologo, più volte dichiaratosi a favore di contraccezione, fecondazione assistita, principio di autodeterminazione per il fine vita, lo considera poco probabile. «Da questo punto di vista non considero, per questo, il nostro un paese più arretrato»
Quali reazioni le suscita questa notizia?
Non mi scandalizza, rientra nella logica di questo mondo, ma è un servizio per qualcosa che sarebbe meglio, a mio parere, che gli esseri umani non praticassero. Perché il rispetto della vita nelle sue forme umane fa parte dell'etica fondamentale degli uomini. Perciò la logica a cui rispondono queste iniziative non mi fa gioire.
Vuol dire che servizi di questo tipo non dovrebbero esistere?
Dal momento in cui una legge dello Stato permette queste cose e i cittadini hanno bisogno di tutto ciò, mi rendo conto che probabilmente per qualcuno può anche essere un servizio. È una cosa che non mi sento di condannare, né mi scandalizzo, ma fa parte di ciò che non apprezzo dal punto di vista etico, perché mi sembra una sconfitta da parte di tutti. Rientra nella normalità di questo mondo il fatto che ci siano aspetti positivi e negativi e questa è una delle facce negative. Tutte le persone che hanno avuto a che fare con l'aborto sono d'accordo su questo, pensano che sia una vicenda che avrebbero potuto evitare, che ha lasciato dei traumi.
I gruppi anti-abortisti inglesi hanno detto di considerare «grottesco permettere alle cliniche che praticano gli aborti di fare pubblicità in tv, come se fossero fabbricanti di prodotti per la pulizia»
Molto dipende anche da come è fatta questa pubblicità. Però commentando questa notizia mi sento come se parlassimo di una una pubblicità degli hospice, di quelle cliniche e associazioni svizzere, dove la gente va per togliersi la vita. Nel mondo c'è posto per tutti, ma certamente sono cose che non possono fare piacere. Invece la notizia della creazione della prima vita artificiale mi sembra in un passo in avanti, per quanto sappiamo che il progresso e la conoscenza debbano sempre avere una serie di cautele etiche per il loro utilizzo. Quest'ultima notizia in prima battuta mi ha rallegrato, ha acceso in me un senso di ottimismo, perché più la scienza e la tecnologia avanzano, a mio avviso, meglio è. Al contrario sapere di questo spot in Gran Bretagna non mi entusiasma
Pensa che pubblicità come questa potrebbero arrivare anche in Italia?
In tempi brevi direi di no. E certamente non considero per questo aspetto il nostro Paese più arretrato. Forse da noi c'è ancora una coscienza che si scandalizza e qualche volta uno scandalo può essere foriero di attenzione morale.
E se accadesse anche nel nostro Paese?
Vito Mancuso, teologo, più volte dichiaratosi a favore di contraccezione, fecondazione assistita, principio di autodeterminazione per il fine vita, lo considera poco probabile. «Da questo punto di vista non considero, per questo, il nostro un paese più arretrato»
Quali reazioni le suscita questa notizia?
Non mi scandalizza, rientra nella logica di questo mondo, ma è un servizio per qualcosa che sarebbe meglio, a mio parere, che gli esseri umani non praticassero. Perché il rispetto della vita nelle sue forme umane fa parte dell'etica fondamentale degli uomini. Perciò la logica a cui rispondono queste iniziative non mi fa gioire.
Vuol dire che servizi di questo tipo non dovrebbero esistere?
Dal momento in cui una legge dello Stato permette queste cose e i cittadini hanno bisogno di tutto ciò, mi rendo conto che probabilmente per qualcuno può anche essere un servizio. È una cosa che non mi sento di condannare, né mi scandalizzo, ma fa parte di ciò che non apprezzo dal punto di vista etico, perché mi sembra una sconfitta da parte di tutti. Rientra nella normalità di questo mondo il fatto che ci siano aspetti positivi e negativi e questa è una delle facce negative. Tutte le persone che hanno avuto a che fare con l'aborto sono d'accordo su questo, pensano che sia una vicenda che avrebbero potuto evitare, che ha lasciato dei traumi.
I gruppi anti-abortisti inglesi hanno detto di considerare «grottesco permettere alle cliniche che praticano gli aborti di fare pubblicità in tv, come se fossero fabbricanti di prodotti per la pulizia»
Molto dipende anche da come è fatta questa pubblicità. Però commentando questa notizia mi sento come se parlassimo di una una pubblicità degli hospice, di quelle cliniche e associazioni svizzere, dove la gente va per togliersi la vita. Nel mondo c'è posto per tutti, ma certamente sono cose che non possono fare piacere. Invece la notizia della creazione della prima vita artificiale mi sembra in un passo in avanti, per quanto sappiamo che il progresso e la conoscenza debbano sempre avere una serie di cautele etiche per il loro utilizzo. Quest'ultima notizia in prima battuta mi ha rallegrato, ha acceso in me un senso di ottimismo, perché più la scienza e la tecnologia avanzano, a mio avviso, meglio è. Al contrario sapere di questo spot in Gran Bretagna non mi entusiasma
Pensa che pubblicità come questa potrebbero arrivare anche in Italia?
In tempi brevi direi di no. E certamente non considero per questo aspetto il nostro Paese più arretrato. Forse da noi c'è ancora una coscienza che si scandalizza e qualche volta uno scandalo può essere foriero di attenzione morale.
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Natoli: «Così si favorisce la superficialità sessuale»
di Sara Bianchi
Natoli: «Così si favorisce la superficialità sessuale»
di Sara Bianchi
L'iniziativa della rete Marie Stopes International, che in gran Bretagna gestisce otto cliniche e che ha deciso una campagna pubblicitaria televisiva pro aborto su Channel Four «rischia di favorire la superficialità, trattando di fatto l'aborto come un contraccettivo». Il filosofo Salvatore Natoli ha pochi dubbi «meglio sarebbe una campagna di educazione sessuale, sulle tecniche preventive alla maternità».
Non le piace questa iniziativa inglese?
L'aborto è qualcosa che se si può evitare è meglio e, fatto salvo il fatto che la donna debba essere responsabile della sua maternità, non va assunto come una tecnica che abbia le caratteristiche del contraccettivo. Se si mira a una limitazione delle nascite oppure a indicazioni alla responsabilità è preferibile una campagna di educazione sessuale sulle tecniche preventive
La considera quindi una pubblicità diseducativa?
Mi sembra una pubblicità che di fatto favorisce la superficialità e tratta l'aborto come fosse un contraccettivo, mentre deve essere scelto dalla donna per una situazione di emergenza. Non credo sia utile propagandarlo in questo modo.
La associazioni anti-abortiste inglesi hanno criticato la campagna dicendosi stupite dal fatto «che una cosa del genere possa essere stata autorizzata»
Una propaganda di questo tipo può di fatto favorire le relazioni sessuali non protette, non responsabili e non congifura più l'aborto come un'emergenza che in certe situazioni diventa legittima
Difficile pensare a un'operazione di questo tipo in Italia.
Difficile perchè è un'operazione che cambia la logica. L'aborto è un'emergenza da adottare in situazioni in cui non ci sono condizioni per generare, ferma restando la libertà della donna di scegliere la sua condizione. La legge è chiara. Invece mi sembra che questa campagna favorisca la leggerezza dell'attività sessuale, configurandolo non più come un'emergenza. Per indirizzare a una generatività responsabile serve invece una campagna preventiva.
«Il Sole 24 Ore» del 21 maggio 2010
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