di Claudia Da Conto
In Giappone li chiamano monster parents: sono genitori terribili, padri e madri di figli altrettanto terribili. Sono l’incubo di presidi e insegnanti. Un incubo dal quale non spesso riescono più a liberarsi nemmeno i dirigenti e i docenti delle scuole italiane, quotidianamente vessati da richieste e minacce a tutela dei propri pargoli.
La scuola pubblica italiana è alle prese con un processo di delegittimazione del corpo docente senza precedenti. Sono soprattutto i genitori a non riconoscerle qualsiasi autorità sia in campo didattico che educativo. La scuola ha sempre torto, gli alunni sempre ragione. Con la conseguenza che i figli si sentono autorizzati a fare in classe praticamente tutto quello che vogliono. Fino ad inventare abusi mai subiti.
“Un giorno sono arrivati i genitori di un nostro bambino per raccontare che il figlio veniva maltrattato dai compagni mentre tutta la scuola sa che è proprio lui l’autore di continui dispetti. Non ci hanno assolutamente creduto, mettendo in dubbio le parole di un intero consiglio di classe”. A parlare è la dirigente di un istituto comprensivo romano che vuole rimanere anonima per un motivo ancora più serio: la sua scuola è infatti coinvolta in un procedimento in atto presso il Tribunale dei minori che non ci autorizza a rendere pubblico.
Quello che però possiamo scrivere, e che emerge da numerose cronache di questi ultimi tempi, è che chi lavora nella scuola è ogni giorno alle prese con situazioni sempre più difficili.
“Siamo in trincea – si sfoga la preside – Minuto per minuto dobbiamo affrontare le situazioni più impensabili e imprevedibili. Ci vengono assegnate responsabilità enormi, ci viene delegato ogni compito, ma quando tentiamo di esercitare una minima autorità sul fronte educativo, veniamo delegittimati da quegli stessi genitori che sempre meno si occupano dei loro figli”.
Ma anche prima era così? La nostra preside lavora nella scuola da oltre trent’anni e non ha dubbi in proposito: “Situazioni difficili ci sono sempre state, ma a questo livello non eravamo mai arrivati. I ragazzini sono troppo, troppo viziati. Hanno tutto e possono fare tutto. Anche con i loro genitori, vittime, a loro volta, di un ricatto continuo: visto che non ci sei mai, dicono i ragazzi, almeno mi dai quello che voglio e mi fai fare tutto quello che voglio. E guai se poi a scuola qualche insegnante si oppone e chiede di non usare il cellulare in classe”. Così poi succede che arrivino pure a esagerare certe forme di disagio. “Non è che esagerano a raccontare i fatti, li stravolgono proprio, ovviamente ispirati anche da quello che sentono in tv”.
Aida Bressi insegna in un istituto professionale di Milano. “Anche se i figli commettono delle cose tremende – dice - i genitori sono sempre pronti a giustificarli e a dire che noi abbiamo capito male”.
Ci racconti qualche episodio…
Guardi, un giorno un nostro alunno lanciò un astuccio fuori dalla finestra, noi annotammo questo comportamento e il giorno dopo intervenne la madre per dirci che noi non avevamo capito: il figlio voleva solo passare l’astuccio alla compagna, come se fosse normale che nell’ora di lezione, mentre un insegnante sta alla lavagna a scrivere, questi si lancino gli oggetti. E’ una prassi consolidata: tutte le volte che convochiamo i genitori la prima cosa che ci dicono è: mio figlio non c’entra.
In un altro caso i genitori della scuola, ci racconta ancora la prof.ssa Bressi, si arrabbiarono moltissimo con gli insegnanti che, a loro dire, non erano intervenuti a fermare un pestaggio compiuto dai parenti di una ragazzina ai danni di un compagno che, secondo lei, l’aveva offesa. Pestaggio avvenuto all’esterno dell’edificio scolastico e di cui gli insegnanti non sapevano niente, anche perché nessuno dei compagni che avevano assistito al fatto si era sentito in dovere di raccontare quanto era successo. “Non solo questi genitori hanno avallato l’atteggiamento omertoso dei figli, ma ci hanno addirittura minacciato affinché non facessimo i nomi di chi era presente”.
Anche la prof.ssa insegna da quasi trent’anni, ma mai, prima di oggi, la situazione, ci spiega, aveva raggiunto un tale livello di “follia”.
“Quando andavo a scuola io, se poco poco combinavo qualcosa, e certamente non ho mai combinato nulla di ché, io a casa le prendevo. Quello che diceva il professore era sacro”.
E perché adesso non funziona più così?
“Mi dispiace dirlo, ma la colpa è dei miei coetanei: i genitori di oggi non sono più capaci di dire di no, di porre dei limiti”.
Nemmeno quello di stare seduti nei banchi se, come ci racconta ancora Aida Bressi, per i primi due mesi di questo anno scolastico, lei e i suoi colleghi hanno fatto fatica a far smettere i loro alunni di farsi i fatti loro, seduti sui banchi, con le spalle all’insegnante che tentava inutilmente di spiegare.
Peccato che se ci provassero loro, gli insegnanti, a fregarsene dei loro alunni, come minimo si vedrebbero piombare a scuola, minacciando esposti e denunce di ogni genere, frotte di genitori infuriati. “Monster parents”, appunto.
La scuola pubblica italiana è alle prese con un processo di delegittimazione del corpo docente senza precedenti. Sono soprattutto i genitori a non riconoscerle qualsiasi autorità sia in campo didattico che educativo. La scuola ha sempre torto, gli alunni sempre ragione. Con la conseguenza che i figli si sentono autorizzati a fare in classe praticamente tutto quello che vogliono. Fino ad inventare abusi mai subiti.
“Un giorno sono arrivati i genitori di un nostro bambino per raccontare che il figlio veniva maltrattato dai compagni mentre tutta la scuola sa che è proprio lui l’autore di continui dispetti. Non ci hanno assolutamente creduto, mettendo in dubbio le parole di un intero consiglio di classe”. A parlare è la dirigente di un istituto comprensivo romano che vuole rimanere anonima per un motivo ancora più serio: la sua scuola è infatti coinvolta in un procedimento in atto presso il Tribunale dei minori che non ci autorizza a rendere pubblico.
Quello che però possiamo scrivere, e che emerge da numerose cronache di questi ultimi tempi, è che chi lavora nella scuola è ogni giorno alle prese con situazioni sempre più difficili.
“Siamo in trincea – si sfoga la preside – Minuto per minuto dobbiamo affrontare le situazioni più impensabili e imprevedibili. Ci vengono assegnate responsabilità enormi, ci viene delegato ogni compito, ma quando tentiamo di esercitare una minima autorità sul fronte educativo, veniamo delegittimati da quegli stessi genitori che sempre meno si occupano dei loro figli”.
Ma anche prima era così? La nostra preside lavora nella scuola da oltre trent’anni e non ha dubbi in proposito: “Situazioni difficili ci sono sempre state, ma a questo livello non eravamo mai arrivati. I ragazzini sono troppo, troppo viziati. Hanno tutto e possono fare tutto. Anche con i loro genitori, vittime, a loro volta, di un ricatto continuo: visto che non ci sei mai, dicono i ragazzi, almeno mi dai quello che voglio e mi fai fare tutto quello che voglio. E guai se poi a scuola qualche insegnante si oppone e chiede di non usare il cellulare in classe”. Così poi succede che arrivino pure a esagerare certe forme di disagio. “Non è che esagerano a raccontare i fatti, li stravolgono proprio, ovviamente ispirati anche da quello che sentono in tv”.
Aida Bressi insegna in un istituto professionale di Milano. “Anche se i figli commettono delle cose tremende – dice - i genitori sono sempre pronti a giustificarli e a dire che noi abbiamo capito male”.
Ci racconti qualche episodio…
Guardi, un giorno un nostro alunno lanciò un astuccio fuori dalla finestra, noi annotammo questo comportamento e il giorno dopo intervenne la madre per dirci che noi non avevamo capito: il figlio voleva solo passare l’astuccio alla compagna, come se fosse normale che nell’ora di lezione, mentre un insegnante sta alla lavagna a scrivere, questi si lancino gli oggetti. E’ una prassi consolidata: tutte le volte che convochiamo i genitori la prima cosa che ci dicono è: mio figlio non c’entra.
In un altro caso i genitori della scuola, ci racconta ancora la prof.ssa Bressi, si arrabbiarono moltissimo con gli insegnanti che, a loro dire, non erano intervenuti a fermare un pestaggio compiuto dai parenti di una ragazzina ai danni di un compagno che, secondo lei, l’aveva offesa. Pestaggio avvenuto all’esterno dell’edificio scolastico e di cui gli insegnanti non sapevano niente, anche perché nessuno dei compagni che avevano assistito al fatto si era sentito in dovere di raccontare quanto era successo. “Non solo questi genitori hanno avallato l’atteggiamento omertoso dei figli, ma ci hanno addirittura minacciato affinché non facessimo i nomi di chi era presente”.
Anche la prof.ssa insegna da quasi trent’anni, ma mai, prima di oggi, la situazione, ci spiega, aveva raggiunto un tale livello di “follia”.
“Quando andavo a scuola io, se poco poco combinavo qualcosa, e certamente non ho mai combinato nulla di ché, io a casa le prendevo. Quello che diceva il professore era sacro”.
E perché adesso non funziona più così?
“Mi dispiace dirlo, ma la colpa è dei miei coetanei: i genitori di oggi non sono più capaci di dire di no, di porre dei limiti”.
Nemmeno quello di stare seduti nei banchi se, come ci racconta ancora Aida Bressi, per i primi due mesi di questo anno scolastico, lei e i suoi colleghi hanno fatto fatica a far smettere i loro alunni di farsi i fatti loro, seduti sui banchi, con le spalle all’insegnante che tentava inutilmente di spiegare.
Peccato che se ci provassero loro, gli insegnanti, a fregarsene dei loro alunni, come minimo si vedrebbero piombare a scuola, minacciando esposti e denunce di ogni genere, frotte di genitori infuriati. “Monster parents”, appunto.
«Panorama» del 20 maggio 2010
Nessun commento:
Posta un commento