Il padre del genoma computerizzato pensa a nuovi batteri da commerciare
di Massimo Gaggi
Siti e «blog» scientifici americani che ieri titolavano «Venter toglie a Dio il monopolio della vita» sono certamente privi di senso della misura, ma sono anche un termometro delle emozioni estreme che da più un decennio suscita, con le sue imprese, uno scienziato adorato da molti come un genio assoluto e considerato da altri un furbo assemblatore di tecnologie: un personaggio più abile a costruire storie per i «media » e a fare soldi che ad aiutare davvero l’umanità a progredire. Con la prima cellula artificiale prodotta nei suoi laboratori, però, stavolta Craig Venter sembra mettere tutti d’accordo: le sue ricerche, parzialmente finanziate da giganti del petrolio— soprattutto Exxon e BP—sicuramente lo renderanno una persona ancora più ricca, ma per la prima volta sembrano in vista applicazioni concrete della nuova biologia sintetica. E se ai tempi del completamento della mappatura del genoma umano, Venter si era dato tre obiettivi—innovazioni per l’energia, l’ambiente e i vaccini — ora è abbastanza certo che i primi risultati verranno probabilmente colti non nel campo della lotta alle malattie, ma in quello della produzione di nuovi biocarburanti: un processo destinato a ridurre la dipendenza dagli idrocarburi estratti dal sottosuolo e che, probabilmente, consentirà anche di ottenere un abbattimento delle emissioni di anidride carbonica.
La cellula artificiale capace di autoreplicarsi appena creato in laboratorio dal team di Venter e Hamilton Smith ha solo fini dimostrativi, ma promettere di essere la capostipite di una famiglia di batteri «commerciali» in grado di purificare l’aria e il suolo da alcuni agenti inquinanti e di produrre energia: combustibili nei quali la componente minerale del carbonio è sostituita da una base vegetale, che si prospetta molto più avanzata e molto più conveniente dei biocarburanti attuali, ricavati dal mais, dall’olio di palma o dalla canna da zucchero. Sembra confermarlo il fatto che Venter, prima di pubblicare i risultati della ricerca sulla produzione della «vita sintetica » su Science, ha informato la Casa Bianca, il Congresso, alcuni istituti governativi e, soprattutto, ha subito avviato le procedure per registrare il brevetto. L’applicazione più vicina per la nuova scoperta sembra essere quella dell’estrazione di combustibili da alghe sintetiche.
Un’impresa nella quale Syntetic Genomics, una delle società di Venter, si è imbarcata l’anno scorso proprio insieme alla Exxon che ha scommesso ben 600 milioni di dollari in questa impresa. Allora l’improvvisa ventata di ambientalismo di una compagnia che ha sempre orgogliosamente puntato solo sul petrolio e i suoi derivati, suscitò non poco scetticismo. Ma gli esperimenti condotti fin qui hanno dimostrato che, a parità di superficie coltivata, dalle alghe può essere estratta una quantità di combustibile pari a otto volte l’etanolo ottenuto dal mais. Tra l’altro quello che verrà prodotto sarà un combustibile di qualità supe riore, utilizzabile anche per alimentare i motori degli aerei. È, poi, allo studio un altro tipo di batterio sintetico che potrebbe essere usato per sviluppare un altro filone promettente: quello delle alghe che «mangiano» CO2.
Qui la società di Venter collabora con un’altra compagnia petrolifera, la BP. È facile favoleggiare di una molecola che in futuro avrà la capacità di mangiare gli agenti inquinanti prodotti da fenomeni come l’«oil spill» nel Golfo del Messico, di cui proprio la compagnia angloamericana è responsabile. Per adesso sono solo suggestioni: il passaggio dalla sperimentazione alle applicazioni commerciali pratiche non richiederà meno di dieci anni, per stessa ammissione di Venter. Il quale continua ad alluvionare i media di annunci e comunicati, si trova a suo agio nei panni del grande comunicatore, ma ha anche adottato un profilo di scienziato più misurato. Lo studente «scansafatiche» con pagelle disastrose che pensava solo al suo surf, divenuto uomo e scienziato dopo la dolorosa esperienza del Vietnam, sembra aver dismesso i panni del profeta-benefattore: l’immagine di se stesso che aveva dato in «A life decoded», l’autobiografia pubblicata nel 2007. Un libro metà «santino», metà manoscritto da film «western». Il nuovo Venter sembra meno guascone. Più imprenditore che affarista. E scienziato che non rinuncia alle visioni di un futuro affascinante, ma intanto rimane coi piedi ben piantati per terra. Tanto a paragonarlo a Dio già ci pensa qualcun altro.
La cellula artificiale capace di autoreplicarsi appena creato in laboratorio dal team di Venter e Hamilton Smith ha solo fini dimostrativi, ma promettere di essere la capostipite di una famiglia di batteri «commerciali» in grado di purificare l’aria e il suolo da alcuni agenti inquinanti e di produrre energia: combustibili nei quali la componente minerale del carbonio è sostituita da una base vegetale, che si prospetta molto più avanzata e molto più conveniente dei biocarburanti attuali, ricavati dal mais, dall’olio di palma o dalla canna da zucchero. Sembra confermarlo il fatto che Venter, prima di pubblicare i risultati della ricerca sulla produzione della «vita sintetica » su Science, ha informato la Casa Bianca, il Congresso, alcuni istituti governativi e, soprattutto, ha subito avviato le procedure per registrare il brevetto. L’applicazione più vicina per la nuova scoperta sembra essere quella dell’estrazione di combustibili da alghe sintetiche.
Un’impresa nella quale Syntetic Genomics, una delle società di Venter, si è imbarcata l’anno scorso proprio insieme alla Exxon che ha scommesso ben 600 milioni di dollari in questa impresa. Allora l’improvvisa ventata di ambientalismo di una compagnia che ha sempre orgogliosamente puntato solo sul petrolio e i suoi derivati, suscitò non poco scetticismo. Ma gli esperimenti condotti fin qui hanno dimostrato che, a parità di superficie coltivata, dalle alghe può essere estratta una quantità di combustibile pari a otto volte l’etanolo ottenuto dal mais. Tra l’altro quello che verrà prodotto sarà un combustibile di qualità supe riore, utilizzabile anche per alimentare i motori degli aerei. È, poi, allo studio un altro tipo di batterio sintetico che potrebbe essere usato per sviluppare un altro filone promettente: quello delle alghe che «mangiano» CO2.
Qui la società di Venter collabora con un’altra compagnia petrolifera, la BP. È facile favoleggiare di una molecola che in futuro avrà la capacità di mangiare gli agenti inquinanti prodotti da fenomeni come l’«oil spill» nel Golfo del Messico, di cui proprio la compagnia angloamericana è responsabile. Per adesso sono solo suggestioni: il passaggio dalla sperimentazione alle applicazioni commerciali pratiche non richiederà meno di dieci anni, per stessa ammissione di Venter. Il quale continua ad alluvionare i media di annunci e comunicati, si trova a suo agio nei panni del grande comunicatore, ma ha anche adottato un profilo di scienziato più misurato. Lo studente «scansafatiche» con pagelle disastrose che pensava solo al suo surf, divenuto uomo e scienziato dopo la dolorosa esperienza del Vietnam, sembra aver dismesso i panni del profeta-benefattore: l’immagine di se stesso che aveva dato in «A life decoded», l’autobiografia pubblicata nel 2007. Un libro metà «santino», metà manoscritto da film «western». Il nuovo Venter sembra meno guascone. Più imprenditore che affarista. E scienziato che non rinuncia alle visioni di un futuro affascinante, ma intanto rimane coi piedi ben piantati per terra. Tanto a paragonarlo a Dio già ci pensa qualcun altro.
«Il Corriere della Sera» del 22 maggio 2010
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