di Alberto Mingardi
Con la pubblicazione degli "impegni" di Google, l'istruttoria dell'Antitrust sul motore di ricerca per abuso di posizione dominante è arrivata a un punto di svolta. L'istruttoria era valsa all'Autorità grande attenzione, anche a livello internazionale, ma pure il sospetto di essere eccessivamente permeabile alle sollecitazioni di una lobby potente come quella degli editori. Il processo di valutazione degli impegni che si apre ora avrà grande importanza, per definire i passi successivi.
Nel merito, gli impegni sembrano studiati per trovare la quadratura del cerchio fra l'impianto retorico della Fieg e il modus operandi di Google. Mountain View si è impegnata al mantenimento per tre anni di un programma distinto per Google News - per consentire agli editori di escludere i propri contenuti senza che tale scelta determini alcun effetto sull'inclusione degli stessi contenuti nel motore generale di ricerca - e alla comunicazione, attraverso l'interfaccia della rete AdSense, della percentuale di revenue-sharing spettante agli editori affiliati al programma AdSense Online. Il primo impegno è in buona sostanza l'"istituzionalizzazione" di un dato di fatto. Era già possibile uscire da GoogleNews senza ripercussioni negative sulla propria posizione nelle ricerche di Google: l'azienda americana ha lavorato per rendere tale possibilità ancora più chiara ed evidente per tutti gli operatori dell'industria editoriale. Non deve ingannare il fatto che si parli di tale opzione come valida per «tre anni». Tre anni nel mondo di internet sono un'era geologica, e questa appare più che altro un'applicazione del principio di precauzione: fra tre anni è possibile che GoogleNews non esita più, o sia stata soppiantata da un altro prodotto.
Per quanto riguarda AdSense, il cuore del business: la pubblicità, una maggiore trasparenza nel revenue-sharing può effettivamente essere utile al mercato, fluidificando la condivisione d'informazioni. Paradossalmente, potrebbe andare a vantaggio proprio di quegli attori la cui posizione negoziale è più debole, segnatamente i piccoli editori, che pure erano i meno critici delle posizioni del motore di ricerca (avversate dai grandi, che su internet sentono la nostalgia della posizione di vantaggio di cui godono nella carta stampata).
Il compromesso è onorevole: Google mostra la propria disponibilità, l'Autorità funziona da camera di compensazione degli interessi, gli editori segnano il punto della bandiera. Ma proprio questi ultimi devono sapere che gli impegni di Google non sono per loro una "vittoria" da nessun punto di vista - né potrebbe esserlo qualsiasi decisione dell'Antitrust. Nessun intervento potrà risolvere i problemi degli editori di quotidiani: ripensare in profondità il prodotto, studiando nuovi modi d'"impacchettare" i propri contenuti.
Per rendere internet profittevole per i giornali non servono né sussidi né drastiche decisioni Antitrust. Serve creatività imprenditoriale. Abbandonare quell'autoreferenzialità troppo spesso tipica della stampa italiana per andare incontro al lettore e coltivare nuovi pubblici. Non è un problema con cui si confrontino solo gli editori italiani. Ma anche loro possono dare un contributo cruciale.
Nel merito, gli impegni sembrano studiati per trovare la quadratura del cerchio fra l'impianto retorico della Fieg e il modus operandi di Google. Mountain View si è impegnata al mantenimento per tre anni di un programma distinto per Google News - per consentire agli editori di escludere i propri contenuti senza che tale scelta determini alcun effetto sull'inclusione degli stessi contenuti nel motore generale di ricerca - e alla comunicazione, attraverso l'interfaccia della rete AdSense, della percentuale di revenue-sharing spettante agli editori affiliati al programma AdSense Online. Il primo impegno è in buona sostanza l'"istituzionalizzazione" di un dato di fatto. Era già possibile uscire da GoogleNews senza ripercussioni negative sulla propria posizione nelle ricerche di Google: l'azienda americana ha lavorato per rendere tale possibilità ancora più chiara ed evidente per tutti gli operatori dell'industria editoriale. Non deve ingannare il fatto che si parli di tale opzione come valida per «tre anni». Tre anni nel mondo di internet sono un'era geologica, e questa appare più che altro un'applicazione del principio di precauzione: fra tre anni è possibile che GoogleNews non esita più, o sia stata soppiantata da un altro prodotto.
Per quanto riguarda AdSense, il cuore del business: la pubblicità, una maggiore trasparenza nel revenue-sharing può effettivamente essere utile al mercato, fluidificando la condivisione d'informazioni. Paradossalmente, potrebbe andare a vantaggio proprio di quegli attori la cui posizione negoziale è più debole, segnatamente i piccoli editori, che pure erano i meno critici delle posizioni del motore di ricerca (avversate dai grandi, che su internet sentono la nostalgia della posizione di vantaggio di cui godono nella carta stampata).
Il compromesso è onorevole: Google mostra la propria disponibilità, l'Autorità funziona da camera di compensazione degli interessi, gli editori segnano il punto della bandiera. Ma proprio questi ultimi devono sapere che gli impegni di Google non sono per loro una "vittoria" da nessun punto di vista - né potrebbe esserlo qualsiasi decisione dell'Antitrust. Nessun intervento potrà risolvere i problemi degli editori di quotidiani: ripensare in profondità il prodotto, studiando nuovi modi d'"impacchettare" i propri contenuti.
Per rendere internet profittevole per i giornali non servono né sussidi né drastiche decisioni Antitrust. Serve creatività imprenditoriale. Abbandonare quell'autoreferenzialità troppo spesso tipica della stampa italiana per andare incontro al lettore e coltivare nuovi pubblici. Non è un problema con cui si confrontino solo gli editori italiani. Ma anche loro possono dare un contributo cruciale.
«Il Sole 24 Ore» del 18 maggio 2010
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